«Parigi val bene una messa», rispose Enrico di Borbone re di Navarra a chi gli domandava se valesse la pena rinunciare alla fede protestante ugonotta per assumere una corona ben più importante, in prospettiva la più importante d’Europa: quella di Francia.
Gli azzurri scelgono di unirsi al Belgio nell’inginocchiata in ossequio alle direttive UEFA ed alla caterva di polemiche sollevate da chi non ha altro da fare ormai che seguire la propria ipocrisia, imponendola anche agli altri se ci riesce.
Sul prato dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera le due squadre sono schierate per dar vita a quello che promette di essere il quarto di finale di Euro 2020 più importante e spettacolare. Da una parte l’Italia, che ha ritrovato gioco ed entusiasmo nelle mani di Roberto Mancini, il quale se vince stasera eguaglia nientemeno che Vittorio Pozzo nella striscia di risultati utili consecutivi, e supera Antonio Conte che nella precedente edizione dovette fermarsi proprio ai Quarti, complice la sciagurata prestazione dal dischetto del rigore di Graziano Pellé.
Dall’altra il Belgio. La squadra che da tre anni è al primo posto del ranking mondiale, medaglia di bronzo al Mondiale di Russia, quello a cui gli azzurri non parteciparono neanche. Soprattutto, la squadra che le istituzioni europee non solo pallonare hanno probabilmente sponsorizzato, ora che Francia e Germania sono rientrate a casa propria. Perché politicamente corretto, con la giusta dose di naturalizzati di varie etnie e con il giusto ossequio ai diktat comunitari.
L’Italia stasera gioca non solo contro questo Belgio, ma anche contro una certa Europa che in Belgio ha sede e rappresentanza. Un compito che può risultare proibitivo anche per chi come i ragazzi di Mancini finora ha ben giocato, anzi forse ha giocato meglio di tutti. Forse per questo i suoi ragazzi scelgono di non complicarsi la vita e assecondano il gesto ripetitivo di genuflessione di Lukaku & c.
Anche Londra, dove secondo certi personaggi come Angela Merkel è da pazzi giocare la finale di questo Europeo vagante (ma la cancelliera se la vedrà dal salotto di casa quella finale, assieme ai giocatori della sua nazionale che proprio gli inglesi hanno rispedito nella Bundesrepublik), val bene una messa, o almeno una inginocchiatina. Ci saranno giorni migliori di stasera per battersi per certi pur sacrosanti principi, e per come andrà la serata e l’arbitraggio dello sloveno Vincic si vedrà che tutti i torti gli azzurri non li hanno avuti.
Dunque anche i Letta e le Boldrini possono unirsi al resto della tifoseria italiana, disponendosi in santa pace e soprattutto in silenzio a seguire la partita più importante degli ultimi anni azzurri. Cinque anni fa avevamo vinto noi schiantando i belgi, ma da allora, come detto, loro sono saliti al primo posto, noi siamo sprofondati verso gli ultimi. Stasera si tratta di verificare fino a che punto la mano di Mancini è riuscita nella rifondazione. Secondo certa critica francofona, finora abbiamo vinto più che altro per l’inconsistenza degli avversari, anche se uno di questi avversari ha poi mandato a casa la stessa Francia e per poco non faceva il bis con la Spagna nei minuti antecedenti al calcio di inizio qui a Monaco.
Stasera l’avversario è dunque di livello, tocca all’Italia dimostrare di esserlo altrettanto. Squadra che vince non si cambia, e allora Mancini ripropone i suoi titolari più il match winner contro l’Austria, quel Federico Chiesa che dovrebbe agire da devastante incursore sulla fascia destra così come Lorenzo Insigne fa sulla sinistra. Confermato anche il ritrovato Verratti. Nel Belgio, non ce la fa Eden Hazard, ed è una bella facilitazione per gli azzurri, anche se Doku si rivelerà per loro una spina nel fianco anche peggiore.
Il primo tempo è da stropicciarsi gli occhi. Vedere i ragazzi azzurri fare il tiki taka al cospetto della squadra favorita non solo dal pronostico è tanta roba. L’Italia non aveva mai giocato in questo modo, nemmeno nelle sue edizioni migliori. Gli italiani costringono i belgi sulla loro tre quarti, tenendo il pallone a piacimento, facendolo girare in maniera ubriacante, aspettando l’occasione giusta per affondare. E’ uno schema da basket, e incredibilmente sembra che possa funzionare dando frutti da un momento all’altro. Questa Italia sembra davvero un’arma letale.
La prima di queste occasioni si materializza al 14°, allorché Bonucci devia in rete una punizione di Insigne. Vincic purtroppo conferma le sensazioni iniziali, nella migliore delle ipotesi per noi è un direttore di gara incerto e condizionabile. Chiede l’intervento del Var, il quale gli serve un fuorigioco infinitesimale di Chiellini prima che la palla arrivi a Bonucci. Classica situazione da regolamento che per gli amici si interpreta e per gli altri si applica. Annullamento molto generoso che sembra ridare coraggio ad un Belgio fino a quel momento vissuto soltanto su alcune insidiose discese di Doku.
De Bruyne e Lukaku in contropiede mettono a seria prova Donnarumma, che non tradisce. Ma la sostanza del match resta la stessa, si gioca quasi sempre ad una porta sola. E quella porta capitola di nuovo al 31°, allorché Barella affonda in area come un rasoio su imbeccata di Verratti e fulmina Courtois con un diagonale imparabile.
Stavolta non c’è Var che tenga, Vincic convalida, e altrettanto deve fare al 44°: destro a giro di Insigne, ormai il suo marchio di fabbrica, e palla in fondo al sacco. Italia – Belgio 2-0 dopo soli 45 minuti, l’avreste detto alla vigilia? L’avremmo detto eccome, visto come stanno giocando questi ragazzi. Avremmo detto anche, magari, che non è ancora finita. Non tanto perché il Belgio dia l’idea di poter rimontare, quanto perché dal fischietto di Vincic c’è da aspettarsi di tutto.
Succede due minuti dopo, Di Lorenzo è spesso in difficoltà sui cambi di passo di Doku, ma stavolta sembra farcela a contenerlo, almeno finché spalle e braccia di entrambi non entrano in contatto. Il belga è più svelto dell’italiano ad andare in terra. Anche stavolta la generosità dell’arbitro è fuori questione, e a differenza di prima non si scomoda nemmeno il Var.
Rigore, che Lukaku batte centrale, beffando Donnarumma al quale ha anche qualcosa da dire, ruggini residue del derby milanese dell’ultima stagione. Gigio non si arrabbia, lo fa già a sufficienza lo staff azzurro che si avvia agli spogliatoi schiumando rabbia.
Si torna in campo con quella salutare rabbia, e la musica non cambia. Ancora possesso palla italiano, ancora Belgio costretto indietro, ancora contestazioni italiane su un fallo da rigore subito da Jorginho e ignorato dall’arbitro, e poi un ramamrico per una deviazione volante mancata di pochissimo da Spinazzola. Che si rifà poco dopo su contropiede di De Bruyne che Lukaku sembra poter finalizzare comodamente, beffandoci. Ma Spinazzola è lì, ad intercettare e salvare la patria.
Ancora occasioni da una parte e dall’altra, con l’Italia che in questa ripresa si fa ancora preferire ai punti, ma le cui energie calano inesorabilmente. Finché a dieci minuti dalla fine la fortuna si dimentica di aiutare gli audaci infliggendo uno strappo muscolare proprio a Spinazzola, costretto a lasciare il campo in barella ed in lacrime. Esce anche Insigne, Mancini cerca di irrobustire il centrocampo per soffrire di meno il prevedibile arrembaggio finale dei belgi, buttando dentro Emerson e Berardi. Doku sempre meno contenibile, azzurri sempre meno presenti sulla tre quarti avversaria su cui avevano stazionato per buona parte del match. Nella concitazione delle fasi alterne si fa male addirittura Lele Oriali, in panchina, prontamente medicato al sopracciglio sinistro. Berardi si batte come un leone, Immobile e Chiesa sono esausti e vengono rilevati da Belotti e Toloi .
E’ un patire, con il Belgio che sposta avanti inesorabilmente il baricentro delle sue azioni, pur senza mai impensierire seriamente Donnarumma. Ma i dieci minuti finali più altri dieci di recupero non passano mai, con gli azzurri che – a torto o a ragione – restano a terra ogni volta che vengono toccati dagli avversari. Il cuore manca l’ultimo battito al 92°, quando Donnarumma esce in presa alta e subisce fallo da Witsel, e sembra essersi fatto male. Ma stringe i denti, e con lui tutta l’Italia finché, quasi otto minuti dopo, Vincic è costretto ad esalare l’ultimo respiro della partita nel fischietto. Gli azzurri si dividono in due, quelli che si avventano verso la loro panchina e quelli che si buttano in braccio ai nostri connazionali, arrivati in circa diecimila a sostenerli sugli spalti dell’Allianz Arena.
E’ fatta, ed è anche meritata. Adesso si torna a Wembley, ad affrontare una Spagna che per quanto tosta come sempre non sembra più quella scintillante del ciclo d’oro di qualche anno fa. E nel frattempo, il tiki taka l’abbiamo imparato anche noi. Si può fare, dopodiché non c’è più limite al sogno.
Nella notte di Monaco, abbiamo battuto il Belgio, ed anche l’Europa. Vamos, hombres. Adesso andiamo a prendercela.
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