La battaglia delle fake news è l’ultima frontiera del Partito Democratico e di Matteo Renzi. All’ottava edizione della Convention della Leopolda, quello delle fake (dire notizie false, in italiano, è evidentemente poco snob, troppo provinciale) assurge improvvisamente a problema dei problemi, questione principale tra quante affliggono la nazione italiana in questo momento.
In realtà, a parte gli eccessi retorici di stile, diciamo così, boldriniano, la faccenda è assai di sostanza e trae origine da due ragioni principali.
La prima è che un partito ed una leadership ormai in grave difficoltà, praticamente all’angolo per usare una metafora pugilistica (ha un bel dire il Renzi leopoldino che Berlusconi e Di Maio si giocano il secondo e terzo posto, il PD ormai regge soltanto nei sondaggi di Enrico Mentana), hanno tutto l’interesse a buttarla in caciara. Ad una opinione pubblica frastornata, assediata dalle notizie che si rincorrono circa le malversazioni delle amministrazioni di sinistra e le loro politiche sbagliate e contrarie agli interessi nazionali, può essere conveniente gettare fumo negli occhi accusando gli altri di diffondere notizie false. Paradossalmente, nella società contemporanea dove ci si informa ormai principalmente sul web è diventato più difficile discernere il vero dal falso, più facile intorbidare le acque.
Ecco allora che un arresto può diventare una persecuzione, un avviso di garanzia un condizionamento da parte di magistrati a orologeria, un’iniziativa politica sbagliata o truffaldina il frutto di un equivoco generato da hacker, manipolatori, malintenzionati. Tutti appartenenti ad altre sponde politiche, tutti su Facebook, Twitter e social vari a tendere agguati al PD. Che ovviamente è l’unico che non ricorre mai all’uso del fake, una vittima, una pecorella tra lupi famelici.
L’altra ragione è più sottile, e più pericolosa ancora. Quando si parla di bavaglio alla stampa non si esagera. Con le leggi vigenti, una querela per diffamazione o per diffusione di notizie false può far chiudere un giornale, un blog, una pagina social, prima ancora di arrivare a sentenza. Accusare un avversario di fake può chiudergli la bocca, se non si tratta di un avversario con le ossa più che robuste ed il portafoglio ben fornito. Ed anche in quel caso, si rientra comunque nel calderone del tanto peggio tanto meglio mediatico.
La caciara paga. Matteo Renzi ed il suo entourage lo sanno bene. Di qui il proclama della Leopolda.
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