Oggi non c’è distanziamento sociale che tenga. E il governo con le sue ordinanze – passate, presenti e future – può farci gli aeroplanini. Oggi niente e nessuno può tenere il popolo italiano distanziato dalla tavola imbandita, o dai piatti disseminati sulla coperta stesa in terra nella gita fuori porta, e dai suoi commensali.
Oggi, per qualche ora, destra e sinistra si ritrovano su un terreno comune come non succede più in nessuna altra circostanza, deponendo le armi e impugnando le posate. Per qualche ora, a Ferragosto, gli italiani si ricompattano davanti alle paste al forno, gli abbacchi alla scottadito e gli ammazzacaffé. La paura del Covid, giusta o sbagliata che sia, cede il passo comunque ai digestivi, e magari al rutto libero, che nessuna mascherina ffp2 o ffp3 può arginare.
Dopo un’annata così specialmente, sulle tavole italiane verrà fatto fuori senza remore il prodotto nazionale lordo di un paese africano (ed ecco perché magari qualcuno preso da un senso di colpa di coccodrillo vorrebbe portare l’Africa qui: per risarcirla del pranzo di Ferragosto).
Da domani si ricomincia. Il paese ormai è spaccato fra due metà inconciliabili, che non comunicano più. Destra e sinistra, appunto. E’ stato un processo lungo, ma a perdere quel poco di valori condivisi che avevamo ci siamo finalmente riusciti. Una certa sinistra (modo di dire, esiste una sinistra sola, quella sempre più radical e chic che ha riscritto l’antico precetto marxiano della messa in comune, adesso lo si fa soltanto con la roba degli altri) si è convinta che si stava peggio quando si stava meglio. Gli anni ottanta e novanta, quando l’italiano medio campava da signore in quasi tutto il mondo, per quella certa sinistra sono stati gli anni in cui abbiamo creato miseria e debito, tanto da meritarci adesso rigori europeisti, trojike, governi tecnici. I governi a base PD, sostenuti da tutti meno che dal popolo.
Sarà. Come si campava negli anni ottanta e novanta se lo ricordano tutti. Qualche regista di talento come Paolo Virzì aveva semmai ad un certo punto colto i segni del cambiamento. Destra e sinistra non erano più quelle che si erano odiate ma rispettate nel dopoguerra. Erano quelle accomunate da un benessere di cui non avevano capito le ragioni, preparandosi a non capire poi il motivo per cui presto l’avremmo perso.
Nel 1996 Paolo Virzì se ne uscì con questo gioiellino di commedia all’italiana, Ferie d’agosto. La banda intellettuale e odiosetta capeggiata dal giornalista Silvio Orlando e quella caciarona e cafonotta capeggiata dal commerciante Ennio Fantastichini. Storie divertenti, ma con il sottofondo del solito riso amaro prerogativa della vera commedia d’autore. Storie da cui traspariva l’inizio dell’epoca nuova, in cui destra e sinistra non si sarebbero parlate né tantomeno capite e rispettate più. In attesa di diventare due perfetti estranei in un paese completamente stravolto dalla perdita della propria identità. Ritrovata per poche ore, anno dopo anno, soltanto con le gambe sotto la tavola imbandita di Ferragosto.
Di quel gioiello di Virzì vi proponiamo un brano della colonna sonora d’epoca, scegliendolo come brano del giorno di oggi. E’ la compianta Giuni Russo che canta Un’estate al mare. Quasi 30 anni fa, sembra di parlare davvero di un altro secolo. Di un altro mondo. Di altra gente.
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