Cinema

Galline in fuga

Il 15 dicembre è un giorno triste per i cartoni animati. E’ l’anniversario della scomparsa di Walt Disney. Chi ha l’età giusta, ricorda da bambino quella copertina del numero di Natale del settimanale Epoca con Topolino che piange sotto l’albero di Natale.

Quando chiuse gli occhi per l’ultima volta, il fondatore di quella che può essere ormai considerata l’Undicesima Arte, quella dei cartoni animati, era a capo di un impero cinematografico e fumettistico. Non poteva immaginare che un giorno, cinquant’anni dopo circa, la sua factory nata in un garage di Burbank, California, sarebbe diventata una delle più grandi aziende del mondo, al pari di Amazon e della Microsoft.

Gallineinfuga191215-002Non poteva immaginarlo, ma di sicuro lo sognava. E’ celebre il suo detto: «se puoi sognarlo, puoi farlo». Con il tempo, altri sognatori hanno seguito la sua strada. Un altro visionario per eccellenza, Steven Spielberg, nel 1994 decise di mettersi in concorrenza alla Disney fondando la Dreamworks, una fabbrica dei sogni che avrebbe avuto una vita altrettanto travagliata della prima Disney Company, ma che avrebbe lasciato in eredità al cinema per grandi e piccini alcuni capolavori. Come la saga di Shrek, quella di Madagascar o il delizioso Z la Formica.

O come questo Chicken Run, Galline in fuga, che rese il 15 dicembre del 2000 (giorno della sua uscita in Italia) un giorno molto più felice di quello del 1966. Questa volta si trattava soltanto di andare al cinema e prepararsi a ridere. Il cartoon era una riuscitissima parodia della Grande Fuga, il kolossal che aveva riunito Steve McQueen e una quantità sterminata di altre stelle di Hollywood nel racconto di una epica vicenda della seconda guerra mondiale.

Harry Gregson-Williams

Harry Gregson-Williams

Se McQueen e compagni dovevano scappare da un campo di concentramento tedesco, la gallina Gaia e le sue compagne devono fuggire da un pollaio inglese, messe su e poi aiutate – tra mille divertenti peripezie – da un gallo americano che si chiama, nientemeno, che Rocky Bulboa.

Il cartoon oltre che spassoso era innvoativo, i registi Peter Lord e Nick Park si avvalsero della nuova tecnica della stop motion. E soprattutto si avvalsero delle musiche di Harry Gregson-Williams, che aveva già impreziosito altri capolavori della Dreamworks compresi quelli sopra ricordati, e che seppe stare per parte sua all’altezza, da un punto di vista della parodia, dell’archetipo La Grande Fuga.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento