Ogni storia funziona se c’é un cattivo che si rispetti. Quello della nostra storia attuale lo abbiamo individuato – pedissequamente – in Vladimir Putin. L’uomo che alleva tigri siberiane e poi le manda a svezzarsi oltre il confine cinese, l’uomo che la notte della caduta del Muro di Berlino affrontò da solo centinaia di persone armato solo di una pistola caricata con 12 colpi sulla soglia della sede berlinese del KGB, l’uomo che ha ridato orgoglio alla Russia quando ormai la Russia in Occidente non rappresentava più niente per nessuno, quest’uomo è il cattivo dei giorni nostri.
La Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro ad un enigma, disse una volta Winston Churchill. Parlava della Russia sovietica, ma in realtà il concetto si può estendere a tutta la storia del paese che sta al confine est dell’Europa, che vorrebbe essere Europa, ma che con l’Europa non si capirà mai.
Li abbiamo temuti quando lo Zar minacciava di far abbeverare i cavalli dei suoi cosacchi nelle fontane di Parigi e di Roma. Li abbiamo idolatrati (molti di noi) quando lo zar si chiamava Stalin e prometteva il sole dell’avvenire. Li abbiamo lasciati soli subito dopo la caduta del comunismo, quando le loro donne erano costrette a fare le puttane ed i loro uomini a vendere armi, tecnologia e droga per sbarcare il lunario, in un momento in cui della loro sorte non interessava più a nessuno, tanto la guerra fredda era vinta
Li abbiamo mal sopportati quando, tenendo dietro ad una loro sindrome peraltro comprensibile hanno cominciato ad essere a loro volta insofferenti per quella NATO che voleva piazzare i suoi missili a pochi chilometri dal Cremlino. Abbiamo preso poco sul serio questa tigre siberiana nata a Leningrado, città eroina della storia russa, quando ha cavalcato la tigre dell’orgoglio russo e ha detto basta ad una Ucraina che nella sua storia ha saputo essere, a volte crudelmente, soltanto antagonista di questa Russia.
Siamo imbevuti di letteratura russa, che abbiamo sempre letto senza capirci veramente niente, solo per moda. I nostri balconi sono pieni di bandiere ucraine, quelle russe le abbiamo tolte nel 1992 dopo la caduta di Gorbacev e l’avvento dell’ubriacone Eltsin. Di Putin e degli altri come lui ci siamo sempre disinteressati, salvo scoprire adesso che facevano sul serio. E che le nostre possibilità di riscaldarsi d’inverno sono tutte o quasi in mano a lui.
La tigre siberiana è abituata al freddo. Noi no. Eppure Tolstoj ce l’aveva detto.
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