C’é qualcosa che non torna nel pronunciamento del congresso dell’Associazione Nazionale Presidi contro la circolare del ministro della salute Giulia Grillo a proposito dell’autocertificazione in merito all’iscrizione dei bambini al prossimo anno scolastico riguardo all’assolvimento degli obblighi vaccinali introdotti dalla Legge Lorenzin.
Verrebbe fatto di parlare, piuttosto che di congresso, di una adunata sediziosa, per le posizioni assunte dai presidi. Ci siamo persi probabilmente qualche passaggio, sicuramente relativo al momento in cui nel nostro ordinamento l’A.N.P. è diventata una istituzione competente a produrre norme in materia scolastica o sanitaria, in potestà concorrente con quella del Consiglio dei Ministri. Eppure dev’essere così, se l’Associazione si è sentita in diritto di far sapere ufficialmente di non ritenere legittima (e di conseguenza di disporsi ad adottare comportamenti diversi non accettando per esempio i bambini in classe) la sostituzione del certificato vaccinale con l’autocertificazione genitoriale, come peraltro accettato dallo stesso ministro del governo precedente, Beatrice Lorenzin.
Esprimere un parere è legittimo, minacciare di fatto una ribellione non dovrebbe essere consentito a nessuno, nemmeno ad una associazione di categoria. Sicuramente non dovrebbe essere consentito di esprimersi con i toni e gli argomenti usati dall’ANP, che si ricorda di essere costituita da ufficiali di governo – i presidi appunto – soltanto quando accampa responsabilità specifiche in ordine all’accoglienza dei bambini a scuola, e non in ordine all’ottemperanza delle direttive del governo del quale i suoi appartenenti sono appunto meri ufficiali esecutivi.
Dice a proprio sostegno l’ANP: una circolare ministeriale non può superare una legge nelle sue disposizioni. E da quando una relazione congressuale può superare una circolare ministeriale applicativa di una legge? Da quando un preside può modificare autonomamente le disposizioni di un ministro? Si, decisamente ci siamo persi qualcosa.
Altro passaggio di dubbia logica è quello dove si afferma che l’autocertificazione va bene per l’iscrizione ma non per l’ammissione in classe. Ora, a parte che le due cose sono connesse e che si interfacciano con l’assolvimento dell’obbligo scolastico inderogabile a cui è soggetta a norma di Costituzione ogni famiglia di cittadini italiani in relazione ai propri figli, o si prende per buona l’autocertificazione prevista dalla legge o se ne dichiara l’invalidità, sul presupposto della malafede dei cittadini.
Nossignori, un istituto o vale o non vale. Se vale per la Lorenzin che fa approvare una legge senza aver predisposto gli strumenti attuativi – l’Anagrafe Vaccinale Nazionale, la cui mancanza è stata giustamente ricordata dal ministro Grillo – vale anche per chi le succede e cerca di ovviare a quella lacuna. Ed alla battaglia più ideologica che scientifica che si è scatenata.
Non entriamo nel merito scientifico della questione, non condividendo la presunzione (spesso accompagnata da una profonda ignoranza) sia dei pro-vax che dei no-vax. A chi pensa che la scienza sia esatta sempre e comunque (non lo è mai stata, e i veri scienziati sono i primi a saperlo) o a coloro che ritengono che i risultati della ricerca siano orientati esclusivamente dalle case farmaceutiche – entrambi gli schieramenti con pretesa di possesso della verità assoluta come non si vedeva succedere dai tempi di Tolomeo e Copernico -, obbiettiamo indirizzando verso il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, presso il quale si trovano montagne di materiale scientifico corroborante sia la posizione pro che quella no.
Il punto è un altro. Fermo restando che i presidi in quanto proprio ufficiali di governo o fanno quello che i ministeri competenti indicano loro di fare oppure vanno a casa, non si può affrontare a livello di cittadinanza una questione come questa reagendo di pancia, con intenti di sopraffazione. Non può esistere una scienza di destra e una di sinistra, e men che meno una scienza sovraordinata alla politica in senso lato.
I vaccini sono stati probabilmente la salvezza delle popolazioni occidentali negli anni del dopoguerra fino a quello che noi chiamiamo il boom economico, contribuendo a debellare malattie orrende, invalidanti, letali. Come ogni trattamento sanitario, se ne è probabilmente e fatalmente abusato, e non sempre magari con nobili intenti medico – scientifici, a partire dagli anni del famigerato ministro De Lorenzo in poi. Sono dunque a questo punto legittimamente comprensibili tanto le preoccupazioni di chi teme il diffondersi di epidemie quanto quelle di chi teme che la presunzione assoluta di soggiogare o sostituirsi alla natura unita alla scarsa certezza a proposito di certi protocolli medico-scientifici possa non offrire una copertura pari a quella dei nostri anticorpi.
Per chi vuole documentarsi prima di schierarsi, le ricerche e gli studi dell’OMS attestano che le controindicazioni ad una prassi vaccinale estesa e indiscriminata sono spesso di pari entità al lasciar fare la natura che vigeva per esempio per le malattie esantematiche al tempo in cui gli attuali genitori erano bambini.
Spostandoci in ambito giuridico, la questione alal fine è più o meno questa. La scienza non è esatta, ma la democrazia sì, e la prassi amministrativa anche. Non si può affermare che la medicina non è democratica e che i cittadini devono fare ciò che dicono i medici, con i politici ad approvare in silenzio. Questo atteggiamento andava bene quando la medicina confinava con la religione o la stregoneria. Già dai tempi di Newton avrebbe dovuto essere abbandonato. I cittadini hanno diritto di sindacare tutto ciò che li riguarda, a cominciare proprio dalla gestione della loro salute. Si decide a maggioranza, e ci si adegua a quelle decisioni. Ciò vale per la riforma della Costituzione, per la costruzione della TAV, per l’obbligo scolastico come per quello vaccinale. Dopodiché, i funzionari eseguono, e se proprio vogliono pronunciarsi lo fanno nelle opportune sedi, non nei congressi.
Giulia Grillo è il primo ministro della salute proveniente dalla professione medica da tempo immemorabile. Il suo approccio teoricamente dovrebbe apparire ragionevole anche a chi non sostiene questo governo, e si limita per il momento a sostituire la Santa Inquisizione di Lorenzin, Burioni & c., con il cosiddetto approccio flessibile adottato da quei paesi del nord Europa di cui ci riempiamo sempre la bocca quando fa comodo a noi e alla nostra parte.
«Abbiamo depositato ieri la proposta di legge della maggioranza», dice il ministro, «in cui spingeremo per il metodo della raccomandazione che é quello che noi prediligiamo da un punto di vista politico, nel quale prevederemo delle misure flessibili di obbligo sui territori, e quindi anche nelle regioni e nei comuni dove ci sono tassi più bassi di copertura vaccinale o emergenze epidemiche. Sebbene mi prendano in giro su questo punto, l’idea di un obbligo flessibile a seconda dei territori è l’idea più sensata».
Quanto alla presa di posizione dei presidi, «lo strumento dell’autocertificazione è stato usato per tutto il 2017, non capisco questa presa di posizione di ieri. Lo useremo anche per il 2018 perché Lorenzin non ha istituito l’Anagrafe vaccinale nazionale e non volevamo caricare il cittadino di un onere ulteriore costringendolo a fornire tutta la documentazione».
Se non ci siamo persi qualche passaggio di riforma dell’ordinamento giuridico statale, i presidi a settembre facciano il loro dovere. E lascino a cittadini e loro rappresentanti l’onere di addentrarsi su altre questioni di merito. Tra le quali hanno peraltro dimostrato di muoversi come elefanti in una cristalleria.
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