Mai ascoltare di questi tempi notiziari all’ora di colazione, potrebbe andare di traverso il caffè. E’ il caso nostro di stamani, a sentir dire che le forze politiche premono per una soluzione politica ma Mattarella va a dritto per la sua strada e lavora alla propria squadra di governo si rischia lo stranguglione.
Ripreso fiato, viene alla mente la nozione essenziale appresa al primo anno di università: la strada di Mattarella, presidente della repubblica pro-tempore (grazie a Dio) dovrebbe essere quella tracciata dalla Costituzione all’art. 88, da cui si evince per esplicita prescrizione o per interpretazione a contrario che il presidente ha davanti a sé un’unica strada, o la ricerca di una maggioranza politica, o lo scioglimento delle Camere.
Dice, ma la prassi costituzionale….. Questa locuzione nell’accezione giuridica italiana è diventata una specie di rifugium peccatorum. Come la pelle delle guance, va dove la tiri. Siccome la maggioranza politica stenta, allora l’assunto sarebbe che Mattarella – che tra l’altro passa per un profondo conoscitore ed un attento esecutore della Costituzione – sarebbe legittimato a inventarsi l’ennesimo governo tecnico, ribattezzato per l’occasione governo di tregua.
Senza scomodare Primo Levi, tregua da cosa? Dal diritto fondamentale democratico del popolo italiano ad avere una propria rappresentanza politica in parlamento e dunque anche al governo secondo la regola della maggioranza? Questo costituzionalismo creativo francamente avrebbe stancato, quanto e più delle famose richieste dell’Europa che a dire del tecnico incaricato di turno giustificherebbero in via di principio la sua esistenza.
Da Badoglio (che almeno aveva uno Statuto Albertino a legittimarlo) a Mario Monti ne abbiamo viste di tutti i colori, sarebbe ora di tornare almeno alla Costituzione nella versione (o forse sarebbe più esatto dire nel sentimento) preesistente al 2011, quando il predecessore dell’attuale presidente la riscrisse di fatto senza che nessuno dei Mille presenti in parlamento battesse ciglio, limitandosi ad un Obbedisco! I cui danni stiamo cercando ancora di quantificare.
La sensazione è che Mattarella ormai si barcameni tra i vari paletti della Costituzione più o meno con la stessa disinvoltura di Napolitano, che vi scorrazzava in mezzo come uno di quei T 34 sovietici che avevano destato il suo entusiasmo giovanile allorché imperversavano nelle pianure ungheresi nell’ormai lontano ma indimenticato 1956.
Sarebbe il caso di ricordare al sig. presidente attuale che tra le varie fattispecie giuridiche da prendere in considerazione c’è anche quella dell’attentato alla costituzione, che potrebbe valere se non ricordiamo male addirittura una messa in stato d’accusa di fronte alle Camere. Quelle stesse Camere che adesso si vorrebbe trattare come un bivacco di manipoli sconsideratamente mandati a Roma da un popolo disattento.
Certo, le forze politiche a disposizione non sono granché come garanzia per questo popolo che rischia di veder vanificato l’ultimo soprassalto di voglia di cambiamento per via legalitaria e che in un futuro non lontano potrebbe cedere alla tentazione di abbandonarsi a ben altri populismi che quelli espressi attraverso il voto. Con il Partito Democratico che è diventato ormai poco più che il condominio di casa Renzi, con i Cinque Stelle che sembrano Elio e le Storie Tese (Europa si, Europa no, la Terra dei Cachi), con un centrodestra dove Salvini sta spendendo i suoi anni migliori da un lato a tenere a freno gli ultimi anni di Berlusconi e dall’altro a mantenere i nervi saldi ed una linea forzatamente attendista, un presidente che disfaceva volontà popolari già quando ancora questi ragazzi andavano a scuola rischia di avere fin troppo buon gioco.
Domani è un giorno pericolosissimo dalle parti del Quirinale. Tornare a votare con il Rosatellum sarebbe inutile, costoso e dannoso. Ma mai quanto trascorrere altri due o tre anni con il governo dell’ennesimo amico del presidente. Che poi, essendo amico, se tanto ci dà tanto…..
Absit iniuria verbis, Gabrielli.
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