Politica

Grazie Renzi

FIRENZE – Semplifichiamo subito il lavoro del capo della polizia Franco Gabrielli, che non avendo niente di meglio da fare sta dando la caccia a chi vilipende presidenti della repubblica emeriti o in carica. Abbiamo la stessa stima per l’attuale di quella che nutrivamo per il suo predecessore: zero, umanamente e politicamente. E lo ribadiamo, pour cause.

Abbiamo visto il tentativo di Sergio Mattarella di mettere la foglia di Fico a queste consultazioni per la formazione del governo per quello che a nostro giudizio è: un tentativo di prendere tempo e intorbidare le acque chiare del voto dei cittadini italiani nel perfetto inconfondibile stile dell’autore del Mattarellum.

Il popolo si è espresso chiaramente. Al Centro-Nord, fatte salve le sacche di resistenza clientelare PD, l’istanza di cambiamento è stata affidata al Centrodestra, principalmente alla Lega di Salvini. Al Centro-Sud, fatte salve le richieste di reddito di cittadinanza che rinnovano vecchie pulsioni meridionaliste sulla scia della Cassa del Mezzogiorno o della scarpa sinistra del Comandante Lauro, la medesima istanza è stata affidata al Movimento Cinque Stelle.

Uno più uno dovrebbe fare due. Ma Sergio Mattarella è un uomo della Prima Repubblica, coté democristiano. La Costituzione uscita dalla Resistenza volutamente indebolita e inefficace nella parte che regola la costituzione dei governi (fino a due anni prima della sua promulgazione del resto il governo era stato quello di Benito Mussolini, coadiuvato dalle Brigate Nere e dalle SS tedesche) gli parla in un certo modo. Le forze politiche attuali, almeno la parte uscita vittoriosa dall’ultima consultazione elettorale, ragionano in termini di Terza Repubblica. Lui e le forze politiche che l’hanno messo dov’è, uscite sconfitte dalla suddetta consultazione, ragionano ancora in termini di Prima.

Una di queste mattine abbiamo trasecolato al pari di molti radioascoltatori a sentire l’amico-collega del presidente Calogero Mannino supportarlo nella sua azione prudente e ligia (o dilatoria a seconda dei punti di vista) facendo riferimento al precedente a suo dire ancora valido ed efficace di un governo del 1959 di Amintore Fanfani nato e vissuto con l’appoggio esterno, un’anteprima della non sfiducia del decennio successivo, dei socialisti di Pietro Nenni.

Ecco, chi ragiona così dovrebbe essere – politicamente parlando, ma forse non soltanto – in casa di riposo, non al Quirinale e dintorni. Absit iniuria verbis, ma qui siamo nel ventunesimo secolo inoltrato, e qualcuno vorrebbe rispolverare escamotages da Centrosinistra vintage per risolvere problemi che è bene guardare in faccia ed affrontare per quello che sono, a meno di non volersi ritrovare che sia a farlo una nuova Destra ben diversa da quella costituzionale che tenterebbe di governare democraticamente se solo qualcuno, sull’ermo Colle, gliene desse la possibilità.

Le azioni di Mattarella si rifanno alla cosiddetta prassi costituzionale. Sostituite prassi con pantano e avrete un quadro della situazione più veritiero. Per Mattarella e quelli della sua estrazione, il popolo non si esprime, il popolo fa quello che la sua classe politica gli dice di fare. Nel PD, da quando i consensi calano vertiginosamente, sono diventati tutti costituzionalisti, e vi diranno che è giusto così, è la repubblica parlamentare bellezze.

Non è giusto così per niente. Non lo era quando Mattarella affossò per la prima volta la volontà popolare nel 1993, con quella legge elettorale che passò all’archivio come il primo Porcellum di una serie che ancora sembra non avere fine. Non lo è adesso quando racconta, e fa raccontare, che deve ricercare in queste Camere una maggioranza quale che sia. No, caro presidente, in un paese che è soggetto a sbarchi quotidiani di invasioni barbariche e che affronta quotidianamente un nemico interno che ha distrutto scientemente la sua giustizia, la sua economia, la sua coesione sociale, si ricerca la maggioranza voluta dal popolo. Altrimenti si va a casa, ci si dedica ai nipoti, e a scrivere le memorie. E si libera Gabrielli per affrontare compiti ben più importanti, visto che le nostre strade sono quotidianamente teatro di scontri tra bande di immigrati a confronto dei quali il Ruanda del 1994 di questo passo rischia di impallidire.

C’è voluto – udite, udite – un Renzi colpito da soprassalto di dignità (succede) o da calcolo politico rivisto con la prova del nove (succede anche questo, se uno ha studiato le tabelline) per riportare deliri inciuciatori istituzionali al posto dove devono stare: alla raccolta differenziata dei rifiuti. E’ incredibile, ma stiamo facendo fare un figurone a Renzi, che ha buon gioco a ridicolizzare gli epigoni dell’ex comico che ha vissuto una vita di rancore verso quella Prima Repubblica che l’aveva sbattuto fuori dalla RAI per via del suo umorismo (!) non gradito e che adesso sta agendo come principale supporter di quella stessa Prima Repubblica mandando il furbetto Di Maio a fare affari con i suoi superstiti, quel PD che pensava di poter essere di lotta e di governo e rispetto al quale perfino l’ineffabile Renzi era apparso tempo fa come una ventata di aria fresca. Bene, Di Maio che pensava di essere il più furbo della classe ha dovuto rendersi conto che come furbetto Renzi è arrivato prima, e ha ben altri suggeritori dietro le quinte. Gente che di compromessi storici se ne intende, da una vita.

Non avremo dunque un ex pubblicizzatore di yogurth come grande vecchio del prossimo governo, e non avremo forse nemmeno un governo dove i suoi ragazzetti rivestiti a festa faranno il bello e il cattivo tempo. Per dare il colpo di grazia al PD ci vuole ben altro che gente cresciuta a base di scie chimiche e redditi di cittadinanza (pagati da chissà chi).

Finita questa telenovela, come la chiama Salvini, avremo forse un governo dove alla fine il buon senso sarà prevalso, ed un Centrodestra che dopo aver incassato il Molise si prepara ad un trionfo in Friuli Venezia Giulia potrà presentare le sue proposte di riforma, a cominciare da quella elettorale, i Cinque Stelle la finiranno di dire e proporre sciocchezze, a cominciare dal decidere chi è pregiudicato e capace (sic!) e chi no, e il presidente della repubblica si rimetterà a promulgare le leggi quando interpellato, dopo essersi limitato a verificare che ne esistano i presupposti costituzionali e finanziari.

Altrimenti la storia si ripeterà. Dopo D’Annunzio e le sue caciarate ci fu Mussolini. Dopo Grillo non crediamo che ci sia una nuova marca di latticini. La gente di politici che prendono sobriamente il tram per andare a Montecitorio a fare non si sa bene cosa ne ha le scatole piene.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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