Cultura e Arte

Halloween è nostra, come Pasqua e Natale

Dolcetto o scherzetto, la zucca vuota dalle sembianze umane, la notte delle streghe. Halloween è entrato ormai nel nostro immaginario collettivo al pari di tante feste di origine cosiddetta nostrana. La cultura globale veicolata dal cinema moderno a base di effetti speciali ha esportato ovunque una celebrazione che in origine, almeno nell’età moderna, era limitata al territorio del Nordamerica. O così almeno sembra.

A questa contaminazione, come dicono gli esperti, ognuno reagisce secondo due direttrici di sentimento principali: fastidio da parte di coloro che riversano un antiamericanismo di fondo in ogni settore della vita sociale, politica e culturale, oppure accettazione acritica da parte di chi invece limita ormai la propria cultura agli effetti speciali di una società che assomiglia sempre di più al cinema che la ritrae, e non viceversa.

Come sempre, la verità non sta tanto nel mezzo quanto nella conoscenza di ciò di cui si discute. La festa che tanto disturba le nostre coscienze europee oppure ci fa assomigliare a tanti bambini vestiti in maschera fuori di Carnevale, in realtà trae origini profonde proprio dalla nostra cultura europea primordiale. Da quel mondo celtico pre-romano e pre-cristiano che l’Impero dei Cesari prima e la Chiesa dei Papi dopo non trovarono di meglio che inglobare nei propri usi, costumi e rituali, tanto erano radicate le sue manifestazioni celebrative nella cultura popolare delle genti da Roma assoggettate.

Il nome Halloween è una corruzione dell’inglese di Shakespeare: All-Hallows-Eve. Tutti i Santi. La festa pagana che si celebrava nella notte tra quelli che adesso sono il 31 ottobre ed il 1° novembre affonda le sue radici in un calendario addirittura antecedente a quello giuliano. Era la festa celtica di Shamain, la fine dell’estate, allorché il mondo si disponeva ad affrontare la lunga notte invernale che avrebbe portato ad un nuovo ciclo di stagioni, avviando un nuovo anno solare. Non a caso l’anno celtico cominciava il 1° novembre.

Era, quella della fine dell’anno e dell’inizio del nuovo, una notte speciale, in cui secondo la mitologia celtica si aprivano addirittura le porte dell’aldilà, ed era possibile entrare in contatto con gli spiriti, le entità che abitano il nostro mondo quotidiano in un’altra dimensione soprannaturale. Come quelli dei nostri defunti, o di quelle personalità che in vita hanno incarnato così bene i valori spirituali della comunità da finire per essere considerati prossimi al divino. Coloro che la Chiesa chiama appunto Santi. O che al contrario, poiché Bene e Male sono due facce di quella medaglia che è la natura nostra e del mondo che ci circonda, si sono resi così esecrabili da incarnare il demoniaco, tutto ciò che ci spaventa e ci fa sentire quel mondo come inospitale, pericoloso. Le Streghe, sempre in agguato nelle tenebre della nostra anima, così come in quelle della notte più corta e insieme più lunga, più inquietante dell’anno.

Cesare il Conquistatore dei Celti ed i Vescovi di Roma, i Papi che gli succedettero pensarono bene di comportarsi con questa festa come si erano comportati con ogni altra festa tra quelle celebrate nelle terre sottomesse al domino della Caput Mundi. Non è un mistero che il calendario della Chiesa Cattolica ha mutuato le sue festività, comprese le più importanti, dal Paganesimo che aveva soppiantato. Così il Natale di Gesù – festa della rinascita della speranza del mondo – fu fatto coincidere, anzi fu sovrapposto al solstizio di inverno, l’inizio della notte che portava gradualmente al rifiorire del mondo stesso. La Pasqua – festa di resurrezione dopo la morte, che traeva origine da miti ebraici sovrapposti a miti celtici – fu collocata nei pressi dell’equinozio di Primavera, il rifiorire appunto, calcolato secondo i vari calendari che da Cesare a Papa Gregorio cercarono di utilizzare al meglio il moto degli astri per scandire la vita umana.

Halloween, la festa di Ognissanti, fu codificata da Papa Gregorio VI nel 840 d.C., come presa d’atto e segno di continuità culturale e religiosa con le usanze di quei popoli del Nord Europa di recente conversione al Cristianesimo. Una brillante operazione di marketing, se si vuole, operata dalla Chiesa Cattolica in una fase storica di espansione del suo mercato.

Ognissanti rimase da allora nel calendario cattolico, e fu rimessa semmai in discussione dai Protestanti, che dopo la Riforma proibirono tutta la liturgia dedicata al culto delle immagini sacre che non fossero quelle del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. I Santi (e le Streghe) furono banditi dalla Madrepatria, ma a quanto pare trovarono rifugio sulle coste del Nuovo Mondo salendo anch’essi sul Mayflower e sulle altre navi che vi portavano i Padri Pellegrini in cerca di salvezza. Allora in esilio, ma col tempo destinati a dominare il mondo, non solo politicamente ma anche e soprattutto culturalmente.

Ecco perché la Festa della Zucca va conosciuta, per capire che fa parte della nostra storia al pari del Natale, della Pasqua, del Ferragosto (Feriae Augustanae, le feste celebrative dell’Imperatore Augusto), di ogni altra celebrazione trasmigrata dal mondo oscuro e dimenticato dei vari Pantheon pagani a quello del calendario gregoriano codificato dalla Chiesa di Roma e dalle altre Chiese che vi si sono col tempo contrapposte, finendo poi col tempo per emularla.

Quando i nostri bambini bussano a chiedere dolcetto o scherzetto, non imitano i coetanei americani visti al cinema, ma piuttosto riprendono in forma adattata ai tempi una mitologia ed una ritualità che affonda nella notte dei nostri tempi più di quanto a volte ci piaccia ammettere o ci resti sufficiente coscienza per ricordare.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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