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Happy Days

15 gennaio 1974, va in onda sulla rete televisiva statunitense ABC la prima puntata della sitcom Happy Days. Il soggetto è la celebrazione dell’american way of life negli anni d’oro, quelli non ancora sconvolti dalla Guerra del Vietnam e dalla contestazione giovanile, nonché della gioventù americana che balla e vive a ritmo di rock’n’roll. L’anno prima è uscito al cinema American Graffiti, l’idea geniale di un regista emergente a nome George Lucas che ha appena iniziato a rivoluzionare il mondo del cinema. Il film è soprattutto imperniato sulla colonna sonora costituita dai maggiori successi di quel rock americano che dagli anni cinquanta ai sessanta ha spopolato in tutto il mondo, costringendo giovani e vecchi a ridefinire il concetto stesso di musica.

Happy Days va addiritura oltre. La musica rock, a partire da Rock around the clock e dallo stesso brano omonimo che rispettivamente aprono e chiudono ciascuna puntata, fa da coprotagonista alle avventure sul piccolo schermo della famiglia Cunningham, la famiglia americana tipo che vive e prospera – e si diverte e fa divertire in modo ancora innocente – in una cittadina americana tipo, Milwaukee, dove ancora tutte le avventure sono rigorosamente a lieto fine.

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Il produttore è Garry Marshall, figlio di immigrati italiani a New York. Gli attori sono star del momento o del futuro. Tom Bosley, Marion Ross, Erin Moran, Henry Winkler sono altrettante scelte felici della produzione, al pari di quell’Harrison Ford che con American Graffiti ha cominciato in parallelo una altrettanto meritatamente fortunata carriera. Al Molinaro, Pat Morita, Donny Most, Ansom Williams, sono tutti nomi che il pubblico americano e subito dopo europeo (sull’onda travolgente del successo) impareranno a conoscere e ad amare. Senza che nessuno possa immaginare che il ragazzino, Richard detto Richie, sia destinato addirittura ad un grande futuro nel cinema, con il proprio nome Ron Howard con cui firmerà negli anni a venire grandi regie.

Li abbiamo amati tutti, per tutte le undici stagioni in cui la serie si è protratta, e chi dice di no è un bugiardo. Abbiamo amato gli spin-off che Marshall ha tratto dalla serie principale, come Laverne & Shirley e come soprattutto quel Mork & Mindy che lanciò sugli schermi grandi e piccoli – e soprattutto nei nostri cuori – l’alieno Robin Williams.

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Non era la prima situation comedy che teneva avvinta alla televisione ad ogni puntata il mondo occidentale. Quelle alla radio erano comparse per la prima volta nel 1926. Negli anni sessanta sul piccolo schermo aveva spopolato Vita da strega (Bewitched), le cui trasmisssioni erano cessate poco prima dell’avvio di quelle di Happy Days. Ma Happy Days ha sdoganato definitivamente le sitcom, ce le ha rese indispensabili. Nostro padre era Howard Cunningham con la sua buffa e (allora) innocua Loggia del Leopardo. Nostra madre era Marion e la nostra sorellina era Sottiletta Joanie. Il nostro amico più grande e più idolatrato era Fonzie, mentre tutti avevano amici adolescenti al pari nostro in crescita buffa e faticosa come Potsie e Ralph.

E poi quella musica…. Dio, non ce n’é più stata un’altra uguale…..

 

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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