Arlo Guthrie
Per il brano di oggi cercavo qualcosa come una preghiera, una invocazione, un qualcosa di buon auspicio, di beneaugurante. O una ninnananna. Tipo quelle che ci cantavano da bambini e che magari adesso ricominceremo a cantare ai nostri bambini per farli addormentare serenamente. Anche in questi giorni in cui probabilmente non capiscono come mai il mondo è improvvisamente impazzito.
Un altro pensiero che avevo da giorni è questo. Dicono: restate a casa. Va bene, e chi una casa non ce l’ha?
Ho fatto due più due tra le mie reminiscenze musicali, ed eccola qui. Arlo Guthrie la cantò nel 1972. Era uno dei pezzi forti del babbo, il leggendario Woody, padre riconosciuto ed incontestato della folk song americana.
Hobo’s lullaby, la ninnananna del vagabondo, aveva narrato (e immalinconito) a proposito della Grande Depressione e del destino incerto di tutti coloro che si erano ritrovati senza una casa, senza più niente. Ce ne sono tanti anche oggi, basta farsi un giro per Roma e le altre nostre grandi città, per le stazioni ferroviarie dopo il tramonto ed il passaggio dell’ultima corsa. Chissà dove sono tutti adesso…. Chissà se è stato trovato loro un rifugio….. se il virus sarà con loro più misericordioso di una società che da tempo immemorabile per loro non trova posto.
Vai a dormire, vagabondo stanco
Lascia che le città ti scivolino accanto
Non senti il ronzio dei binari d’acciaio?
Questa è la ninannanna del vagabondo
I tuoi vestiti sono cenciosi e strappati
I tuoi capelli diventano bianchi
Alza la testa e sorridi ai guai
Un giorno troverai pace e riposo
Non preoccuparti del domani
Lascia che il domani venga e vada
Stanotte dormi in una rimessa calda
Al riparo dal vento e dalla neve
So che la polizia ti crea problemi
Quelli creano problemi dovunque
Ma quando muori e vai in cielo
Lassù non troverai poliziotti
Vai a dormire, vagabondo stanco
Lascia che le città ti scivolino accanto
Ascolta il ronzio dei binari d’acciaio
Questa è la ninnananna del vagabondo
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