Ombre Rosse

I Briganti

L’estemporaneo sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che di recente ha annunciato di voler dichiarare l’autonomia dallo Stato italiano, disapplicarne alcune leggi e battere moneta per conto proprio

E’ una questione antica come l’Unità d’Italia. Garibaldi non aveva ancora detto «Obbedisco» a Vittorio Emanuele a Teano, che già i primi briganti innalzavano i vessilli borbonici e iniziavano ad infestare le ex Due Sicilie. La storiografia si divise prontamente: i meridionalisti si schierarono con i ribelli, contro l’invasione piemontese che commetteva massacri e soprusi; gli altri si tennero più nel mezzo possibile, individuando una questione meridionale che sarebbe andata ben oltre la guerriglia di Musolino & c. e i plotoni di esecuzione di Nino Bixio. Una questione che non sarebbe mai stata esattamente inquadrata e correttamente definita (malgrado l’opera di intellettuali come Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci), per la ragione principale che non avrebbe dovuto mai essere risolta.

Su questo ribellismo post-borbonico che a cadenze regolari si riaffaccia nel Sud (si tratti di termovalorizzatori in Campania o di modelli giuridico-economici alternativi a Riace), si innesta quello anarco-postcomunista che adesso vorrebbe ristabilire la filosofia del tanto peggio tanto meglio, per far andare di traverso il governo a Salvini & c. non potendo riconquistarlo a se stesso.

La rivolta dei Sindaci contro il DL Sicurezza, diventato nel frattempo legge dello Stato italiano, è – piaccia o non piaccia – una questione principalmente meridionale ed essenzialmente interna al partito democratico, costretto probabilmente ormai ad immaginarsi di sopravvivere in un’ultima ridotta nelle terre del Sud. Leoluca Orlando e Luigi De Magistris, rispettivamente sindaci di Palermo e Napoli, sono due campioni di quel trasformismo politico che ha portato il primo a sopravvivere a tre repubbliche (in un contesto geografico e sociale dove già per i politici di estrazione democristiana come lui è stato storicamente difficile sopravvivere tout court se non adattandosi a logiche e regole del gioco che hanno ben poco a che vedere con quelle stabilite dalla Repubblica attraverso i suoi Codici) ed il secondo al sempre più frequente salto della quaglia tra il potere giudiziario e quello legislativo-esecutivo.

Nessuno dei due peraltro è nuovo a prese di posizione estemporanee e clamorose come quelle assunte nel momento di massimo calor bianco della questione delle navi ONG e del loro carico di presunti migranti economici. Finora, avendo entrambi qualche nozione di diritto, si erano guardati bene dal tirare la corda oltre quel consentito che qualsiasi matricola di giurisprudenza impara a conoscere già dalle prime lezioni di diritto pubblico del primo anno.

Ma siamo all’anno fatidico elettorale, dove tutto viene messo in gioco definitivamente e che i pronostici danno per la sinistra come probabile annus horribilis. 2019 l’Anno della Sparizione, almeno di questo passo e continuando a lottare per cause perse o comunque indifendibili. E allora ai sindaci di città che come Napoli, Reggio Calabria, Bari e Palermo (a cui si aggiunge una Firenze sempre più mediterraneizzata e dove comunque il sindaco uscente Nardella non sa più a che santo elettorale votarsi, non potendo attaccarsi nemmeno alla tramvia) pare molto più proficuo stornare l’attenzione del loro prossimo elettorato verso presunti diritti umani calpestati dal governo dei neo-piemontesi Salvini, Conte e Di Maio (che stavolta se la prendono con i neri del Centro Africa anziché con i siciliani di Bronte) distogliendola dai diritti dei cittadini italiani calpestati quotidianamente. Sicurezza, salvaguardie sociali, lavoro, sono tutti diritti che a detta di Leoluca Orlando sono connaturati e imprescindibili per chi è arrivato nel nostro paese ieri l’altro sera, e lasciamo stare come. Per chi ci è nato è un altro discorso, anche Mattarella l’altra sera ha fatto gli auguri agli stranieri, mica agli italiani. E poi chi è nato in Italia il PD o suoi succedanei non li vota più, quindi….

I sindaci borbonici confidano sulla benevolenza che percepiscono nello sguardo loro rivolto dal Colle più alto di Roma, ed anche nella confusione mentale indotta da un degrado della pubblica istruzione che ha portato ad una cognizione dello Stato di diritto assolutamente delirante. Il sindaco alle prese con la legge ex DL Sicurezza è, fino a prova costituzionale contraria, semplicemente un funzionario della burocrazia statale, non un soggetto distinto da essa nel quadro delle autonomie locali. E’ in altre parole un ufficiale del governo, e gli compete soltanto attuare la direttiva del suo superiore, il Ministro dell’Interno, in forza di una legge legittimamente approvata dal Parlamento. Tutto qui, al sig. Orlando, al sig. De Magistris non compete altro. Se lo ritengono, come qualsiasi cittadino, adiscano le vie legali come previsto dall’ordinamento, investendo della questione un magistrato ordinario che a sua volta può coinvolgere nella diatriba la Corte Costituzionale.

Ma un sindaco che sospende di propria autorità una legge è un qualcosa che ha posto nel libro di Alice nel Paese delle Meraviglie, non nell’ordinamento giuridico italiano. Pur apprezzando la linea morbida (e a gioco medio-lungo sicuramente più efficace) del ministro Salvini, ricordiamo che per l’atteggiamento di De Magistris (ex magistrato, tra l’altro) e Orlando, se reiterato ed aggravato oltretutto da fatti concreti, c’é una sola risposta possibile: destituzione, arresto, commissariamento dell’ufficio. Questo è l’unico modello esportabile da Riace. E se a qualcuno pare che in questo modo a Bronte siano tornate le camicie rosse di Bixio a fare giustizia sommaria, pazienza.

Di fronte a questo ennesimo attacco allo stato di diritto per fini di parte (nel solco di una tradizione, quella post comunista e post democristiana che ha sempre subordinato storicamente il diritto agli interessi di parte), non possiamo non riandare con il pensiero alla celebre frase di Massimo D’Azeglio, che liquidò così la questione meridionale posta per la prima volta ai suoi tempi da Giustino Fortunato: «Io (…) so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni e che al di là sono necessari.»

Magari nel frattempo dal Tronto siamo risaliti al Rubicone, ma qualche battaglione crediamo che sarebbe ora di rimetterlo in servizio in piena efficienza.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento