Dopo il delitto Moro, il paese sconvolto chiedeva una svolta. Gli Anni di Piombo e della corruzione erano al culmine. Il 15 giugno 1978 Giovanni Leone annunciò ag17li italiani le sue dimissioni, con sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza. A fine giugno, il Parlamento che si riunì in seduta comune doveva dare una risposta agli italiani che andasse ben al di là dei soliti schemi politici e della salvaguardia dei soliti equilibri. Serviva un uomo che per il suo prestigio personale fosse capace di rilanciare l’immagine delle istituzioni stesse, di disperdere la cappa di piombo che si era distesa sul paese con un segnale di pulizia e di speranza. Per fortuna, quell’uomo c’era.
Dopo sedici scrutini a vuoto, DC, PCI e PSI si misero d’accordo per una figura carismatica e rispettata da tutti. Sandro Pertini, Sei condanne e due evasioni, era la bandiera del Partito Socialista, della Resistenza al nazifascismo, delle istituzioni repubblicane stesse. Mai un leader carismatico nel suo partito, ma un uomo coraggioso e leale in tutto quello che aveva fatto. Ex Presidente della Camera, fu eletto l’8 luglio al Quirinale con quella che resta a tutt’oggi la più ampia maggioranza nella storia italiana, 832 voti su 995. Il paese non tardò a ringraziare. Con i suoi modi schietti ed il suo essere sempre e comunque dalla parte della gente senza per questo sminuire le istituzioni di cui faceva parte, lo resero subito quella figura paterna che tutta l’Italia cercava, nel buio di quegli anni.
“Se non vuoi mai smarrire la strada giusta, resta sempre a fianco della classe lavoratrice nei giorni di sole e di tempesta”, fu uno dei suoi primi discorsi in pubblico, all’Italsider di Savona, città dove era nato il 25 settembre1896. Sempre dalla parte del popolo, sempre dalla parte delle istituzioni. Come mai nessuno prima e dopo di lui. Nel 1979 fu il primo a dare l’incarico di governo ad un non democristiano, il segretario socialista Bettino Craxi. E fu anche pronto a rispedirlo a casa a cambiarsi, allorché gli si presentò davanti in jeans.
Sempre pronto ad accorrere, a nome proprio e dello Stato, sul luogo dove qualcuno aveva sofferto o rimesso la vita, divenne ben presto il Presidente dei funerali, il Presidente che baciava la bandiera. Fu il Presidente più irrituale della storia. L’unico di cui gli italiani sentono a tutt’oggi il rimpianto e la mancanza. Più ancora irrituale di lui fu la First Lady, sua moglie Carla Voltolina, ex partigiana a sua volta, che rifiutò sempre di trasferirsi al Quirinale, luogo dove il suo stesso marito si adattò a vivere con difficoltà, soltanto per rispetto alle istituzioni.
Fu il Presidente che passò la notte al pozzo di Vermicino, rappresentando l’angoscia impotente di noi tutti di fronte agli infruttuosi tentativi di salvare il piccolo Alfredo Rampi. Fu il Presidente che urlò a nome di tutti noi al gol di Tardelli alSantiago Bernabeu “è fatta, non ci riprendono più!”. Fu il Presidente che riportò a casa sul suo aereo, lo stesso su cui aveva giocato la famosa partita a carte con Bearzot, Causio e Zoff, le spoglie mortali di Enrico Berlinguer stroncato da un malore durante il suo ultimo comizio. Fu il Presidente che seppe commemorare tutte le vittime della Mafia e del Terrorismo senza dire mai una sola parola banale, facendo sentire per la prima e unica volta lo Stato veramente vicino a famiglie sconvolte e cittadini affranti.
Fu il Presidente che quando riconsegnò il potere nel 1985, oltre ad aver scritto l’ultimo leggendario capitolo di una vita già leggendaria prima del Quirinale, non fu ringraziato per aver salvato la Repubblica, la democrazia, l’Italia stessa, nel momento più buio della sua storia. Ma la gente lo ringrazia ogni giorno, e lo rimpiange ancora di più. C’è solo un Presidente. Il suo nome è, e sarà sempre, Sandro Pertini.
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