Era uno dei libri che tutti avevamo da ragazzi nella nostra biblioteca avventurosa, insieme all’Isola del tesoro, a Robinson Crusoe, al ciclo di Salgari, a quello di Verne. Il suo autore ci era sconosciuto, per quanto ne sapevamo aveva scritto solo quello che era diventato però ai nostri occhi un classico tra i più avvincenti.
James Fenimore Cooper era stato il romanziere della frontiera americana, negli anni successivi alla guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna e dell’inizio dello spostamento dei primi pionieri verso il selvaggio Ovest. Dopo tanti tentativi rimasti confinati al ristretto ambito della letteratura nordamericana dell’Ottocento, L’ultimo dei Mohicani fu finalmente l’opera con cui sfondò, consacrandosi nella letteratura mondiale e condannando se stesso al confronto con un successo che non avrebbe più saputo ripetere.
La vicenda di Chingachgook ultimo guerriero mohicano, del suo figlio pellerossa Uncas e di quello bianco adottato Nathan Occhio di Falco, dell’urone Magua e della sua vendetta contro le Giubbe Rosse inglesi che lo porta ad allearsi con i francesi impegnati a difendere contro di loro il Canada nella guerra dei Sette Anni, sembrava fatta per il cinema, come una sceneggiatura con i fiocchi.
Ed infatti al cinema era arrivata presto, con due trasposizioni del 1920 e del 1936. Niente di memorabile, e poi più nulla o quasi, fino al 1991. Michael Mann era un regista che aveva all’attivo diversi episodi di serie cult come Starsky & Hutch e Miami Vice, ma al cinema aspettava ancora di fare il suo acuto, così come il libro di Cooper aspettava ancora chi lo sapesse rendere sul grande schermo con immagini all’altezza.
Dalle prime scene del film del 1991 – la caccia alla selvaggina condotta dai tre indiani nella foresta a cavallo tra Quebec e la Colonia inglese di Albany – fu subito chiaro che il matrimonio aveva funzionato, e che Mann, Cooper e Nathan la longue carabine sarebbero rimasti nella storia del cinema, oltre che della letteratura.
Paradossalmente, uno dei film più belli degli anni novanta se non di sempre era destinato a non vincere alcun Oscar, malgrado la recitazione di attori carismatici come Daniel Day-Lewis e Madeleine Stowe. L’unica statuetta gli fu attribuita per la colonna sonora, in effetti un capolavoro nel capolavoro. Musica una volta di più in perfetta simbiosi con le immagini.
In essa, spiccano in modo particolare due brani. Uno è Promentory, di Trevor Jones, che accompagna la lunga sequenza finale dell’inseguimento dei Mohicani a Magua, per liberare le figlie del generale Munro rapite dagli Uroni. L’altro è questa suggestiva I will find you, che fa da colonna sonora ad un’altra scena drammatica e romantica insieme, quella della fuga dei Mohicani attraverso una cascata.
I Clannad (in gaelico, la contrazione di an Clann as Dobhar, la famiglia di Gaoth Dobhair, dal nome del loro villaggio d’origine), sono quattro irlandesi, tre maschi, i fratelli Ciàran e Pòl Brennan e lo zio Noel Duggan, e una femmina, la sorella Màire. Una quarta sorella aveva fatto parte del gruppo dal 1979 fino al 1982, lasciandolo poco prima della sua consacrazione internazionale. Il suo nome é storia per i prossimi giorni.
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