PRATO – Quando pensiamo alla nostra Italia, non possiamo fare a meno di pensare alla Bellezza. Nessun altro paese al mondo ne è così impregnato ed è per questo motivo che veniamo considerati la culla della civiltà occidentale. Oltre all’arte pittorica e scultorea, all’arte culinaria e alla moda, anche la bella musica rientra fra le eccellenze che da secoli esportiamo nel mondo.
Nell’ambito della musica, il nostro fiore all’occhiello è sempre stato rappresentato dall’opera lirica e dal bel canto, una disciplina che richiede grande passione ed immensi sforzi uniti ad una concentrazione dal sapore quasi mistico. Il bel canto sta affascinando da moltissimi anni anche l’estremo oriente. Ne abbiamo parlato con il soprano lirico Mayumi Kuroki, che ha lasciato il Giappone per inseguire il suo sogno. Il fato l’ha condotta ad approdare, dopo un lungo viaggio, in quel di Prato.
Buon pomeriggio Mayumi. Ci racconti un po’ della sua affascinante avventura. Come è iniziata la sua passione per il bel canto? «Buon pomeriggio!» «Fin da piccola sono stata educata alla musica: mia mamma insegnava pianoforte e dirigeva i cori scolastici e alcuni cori amatoriali locali. Ho scoperto di avere una voce naturalmente impostata all’età di undici anni; sentivo che mi usciva un fiume di voce, mentre cantavo nel coro di voci bianche della mia scuola. Poi al liceo, sempre cantando in un coro con il quale partecipai a diverse rassegne e concorsi, il direttore del coro, che era anche l’insegnante di musica del liceo, mi consigliò vivamente di studiare canto, e così iniziai».
Si ha spesso l’impressione che la lirica venga etichettata come un genere musicale riservato esclusivamente ad un pubblico molto avanti con gli anni. Forse c’è la percezione che questo tipo di musica non abbia abbastanza attinenza con la vita quotidiana di noi contemporanei? Personalmente ho sempre pensato che la lirica rappresentasse uno spaccato emotivo dell’animo umano di tutti i tempi e che, narrando le storie ed i sentimenti di tutta l’umanità, fosse,per questo motivo molto attuale. Chi di noi non ha mai sperimentato la gelosia di Tosca nei confronti dell’amato, oppure l’ira di Otello nei confronti di Desdemona, la leggerezza di Mimì quando si innamora di Rodolfo? E potremmo continuare all’infinito nell’analizzare i sentimenti di tutti i personaggi del melodramma. Sono storie che rivelano il cuore dell’uomo. Quale è il suo pensiero al riguardo? «È proprio così. La lirica rivela il cuore dell’uomo in tutti i suoi aspetti, anche quelli più nascosti: amori, debolezze, passioni, ambizioni, paure ecc. E poiché parla dell’uomo, secondo me non conosce né confini culturali né confini geografici».
L’opera lirica racconta delle storie,abbiamo detto. Quale è quella che preferisce ed il personaggio che la rispecchia meglio nell’ambito del melodramma? «La storia che prediligo in assoluto è quella di Madama Butterfly. Ogni volta che la vedo e penso alla tragedia che aspetta Cio Cio san, comincio a piangere fin dal primo atto, quando lei dice a Pinkerton Vogliatemi bene; non parliamo poi della scena finale in cui arriva Kate Pinkerton per pretendere che lei le consegni suo figlio. Invece il personaggio in cui mi rispecchio di più fra quelli che ho interpretato è forse Donna Elvira del Don Giovannidi Mozart, che ho cantato a Roma: lei è una donna fragile e insieme molto forte dentro».
Fra i ruoli che ha interpretato, qual è quello che ha amato maggiormente? «Il ruolo che ricanterei anche domani è sicuramente il ruolo di Katerina di Una lady Macbeth al distretto di Mcensk di D. Shostakovich, che ho cantato a Tokyo. Lei è una vittima dell’amore, uccide suo suocero e suo marito perché è innamorata del suo amante Sergej, alla fine però viene abbandonata e si suicida insieme alla nuova fiamma di lui. È una trama molto attuale e la musica è dipinta di amara ironia: nonostante si canti in russo, è una di quelle opere che si riesce a seguire molto facilmente».
In una sua celebre intervista, il soprano rumeno Angela Gheorghiu ha dichiarato, commossa, che la vita degli artisti è dedicata interamente al loro pubblico. Quanto è vera per Lei, Mayumi questa affermazione e che cosa ha dovuto sacrificare della sua vita privata? «Avendo scelto di studiare prima a Tokyo ( provengo dal sud del Giappone) e poi in Italia, ovviamente mi sono allontanata dalla mia famiglia e dagli amici d’infanzia e della gioventù. A parte il fatto che non ho cantato come la Gheorghiu…, come ogni cantante devo fare attenzione all’alimentazione, devo cercare di stare bene psicologicamente e fisicamente per poter affrontare lo stress che comunque comporta l’esibizione in pubblico».
Torniamo a parlare di cuore. Fedor Dostoevskij afferma che “Il campo di battaglia è il cuore degli uomini. ”Simona Marchini, introducendo lo spettacolo “Shakespeare all’Opera” che Lei ha magistralmente curato insieme all’Associazione Prato Lirica e ad interpreti di fama internazionale al Politeama Pratese qualche mese fa, ha parlato del fatto che le giovani generazioni necessitano di qualcuno che risvegli i loro cuori addormentati e ha menzionato l’esempio della costruzione a Roma del Globe, la riproduzione esatta del celebre teatro di Shakespeare e di come ci fossero migliaia di giovani cuori incantati dalla rappresentazione di Romeo e Giulietta. Sappiamo che Lei, Mayumi,oltre ad essere una valida interprete è anche un’ottima insegnante. Quali pilastri del suo insegnamento trasmette ai giovani cuori dei suoi allievi? «Vorrei far capire ad ognuno di loro che, partendo dal proprio materiale vocale, attraverso l’impegno, la dedizione, la volontà, può sempre migliorare ed essere via via in grado di esprimere la propria musicalità,sempre che ne possieda una».
Molti dei suoi allievi hanno vinto importanti concorsi e stanno partecipando a spettacoli di un certo rilievo, vuole raccontarci alcune delle loro storie? «Nella mia veste di insegnante mi capita di lavorare con allievi di vario tipo, dai cantanti amatoriali ai cantanti professionisti. Ognuno ha la sua storia e per un periodo più o meno lungo si incrocia con la mia. Ricordo con piacere e soddisfazione i casi di un paio di ragazze che sono riuscite ad entrare in conservatorio in Italia. Quando iniziarono a studiare con me, tutto questo non era per niente scontato. A volte mi capita di aiutare ad affrontare impegni importanti dando maggior sicurezza tecnica e tranquillità ad alcuni miei allievi che già cantano in teatro, qui in Italia o in Giappone. Ho dovuto risanare la voce di una ragazza che pensava di smettere di cantare, ma dopo tre anni è riuscita ad ottenere importanti affermazioni. É stato un duro lavoro, ma anche a me è stato molto utile per capire e individuare il problema e cercare la strada per risolverlo e devo dire che questi casi difficili mi hanno pure aiutato a migliorarmi tecnicamente».
In questa intervista abbiamo parlato di bellezza, di professionalità, di storie,di cuore e di sentimenti. Un’ultima domanda: Quale è il sentimento che la lega alla nostra Italia e alla nostra città di Prato? «Il sentimento che provo è di riconoscenza per il fatto che ho imparato a cantare qui in Italia e di ammirazione verso gli italiani che hanno una capacità per me incredibile di risolvere vari problemi anche all’ultimo momento (noi giapponesi per natura non abbiamo questa dote). Per quanto riguarda la città di Prato, è diventata il posto dove lavoro e dove possiedo amici a cui sono molto legata».
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