Antonio Pallante era uno studente simpatizzante dell’Uomo Qualunque, una delle forze politiche che si erano poste come argine a quella che sembrava la marea rossa del Fronte Popolare social-comunista. Marea che la DC di De Gasperi era riuscita ad arginare alle politiche del 1948, ma la vittoria non era stata percepita come definitiva. Molti credevano – e temevano – che l’appuntamento con il destino politico fosse soltanto rimandato per colui che era visto come il proconsole italiano di Stalin, Palmiro Togliatti detto Il Migliore.
Quando partì armato da Randazzo, provincia di Catania, Pallante era consapevole di andare a compiere un gesto estremo, ma tuttavia necessario per salvare la appena ritrovata libertà del suo paese. L’Italia era uscita dalla seconda guerra mondiale a pezzi, con le ossa rotte, ma mai quanto quelle della vicina Grecia dove si continuava a combattere una sanguinosa guerra civile tra partigiani comunisti ed esercito alleato di occupazione.
Il destino dell’Italia sembrò quello di imitarla, allorché Pallante esplose i suoi quattro colpi addosso al segretario comunista all’uscita di Montecitorio a Roma. Ci aveva provato il giorno prima, chiedendo udienza a Togliatti in via delle Botteghe Oscure, sede del PCI. Togliatti aveva rifiutato, come avesse avuto una premonizione. Il 14 luglio invece, mentre lasciava la Camera dei Deputati insieme alla compagna – amante Nilde Iotti, nessuno lo protesse se non la scarsa mira del suo attentatore.
Pallante non era un killer, tre dei suoi colpi ferirono il Migliore al torace, ma non in modo letale. Il quarto si perse sul selciato di Montecitorio. Arrestato dai carabinieri, dichiarò senza mezzi termini di aver voluto salvare il suo paese da un destino nell’orbita dell’Unione Sovietica. Si prese tredici anni di galera, poi ridotti a dieci in secondo grado. Tornato al suo paese, si sarebbe guadagnato da vivere come forestale, in una regione che di forestali ne ha sempre avuti un esercito.
E’ morto ieri all’età di 99 anni, Antonio Pallante. Non si era più occupato di politica, né tuttavia aveva mai sconfessato quel suo gesto che la sera del 14 luglio 1948 sembrò davvero portare l’Italia sull’orlo della guerra civile. A scongiurarla intervenne una provvidenziale intervista radiofonica lampo con cui lo stesso Togliatti rassicurò tutti, amici ed avversari, circa le sue condizioni di salute dal Policlinico di Roma.
Vuole la leggenda, ed è una leggenda credibile, che a scongiurare il peggio intervenisse anche la vittoria di Gino Bartali al Tour de France. Facendo incazzare i francesi, come canta Paolo Conte, ma soprattutto tirare un urlo di gioia ed un enorme sospiro di sollievo ai suoi concittadini italiani.
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