Finisce oggi gli anni. Arrivò a Firenze nell’estate del 2006, quell’annus mirabilis (oppure horribilis secondo i punti di vista) in cui tutto sembrava possibile. Perfino che la Juventus, la squadra più blasonata del campionato italiano, finisse in serie B. Come infatti successe. Erano i giorni di Calciopoli, lo scandalo più clamoroso del dopoguerra dopo il Calcioscommesse che era esploso nei primi anni 80. Allora la vittima più eccellente era stato il Milan, stavolta furono i bianconeri.
A quel punto, Adrian Mutu aveva già vissuto abbastanza da riempire una vita intera, almeno per un calciatore. Al suo paese lo chiamavano Briliantul, pietra preziosa. Era nato a Calinesti, nel distretto di Arges, l’8 gennaio 1979. La Romania aspettava un nuovo fuoriclasse dai tempi di Georghe Hagi. Il suo erede esordì a 17 anni nell’Arges Pitesti, in due anni mise a segno 11 gol ma soprattutto mise in luce le sue doti non comuni. A 21 anni, dopo due stagioni alla Dinamo Bucarest, era ormai una stella del calcio internazionale, e come tale se lo aggiudicò l’Inter.
Era il 2000, a quell’epoca i nerazzurri avevano in squadra un certo Ronaldo Luis Nazario da Lima, detto il Fenomeno. Il più forte giocatore del mondo però era in quel momento infortunato, l’Inter era alla disperata ricerca di qualcuno che lo facesse dimenticare, almeno fino al suo rientro. Il ragazzo rumeno avrebbe potuto ereditare la sua maglia fin da allora, insieme al soprannome. Ma allenatore dei milanesi quell’anno era Marcello Lippi, uno che con i talenti genio e sregolatezza non se la diceva più di tanto. Quell’anno Lippi mise fuori squadra un certo Roberto Baggio, figurarsi se poteva apprezzare questo ragazzino che oltre al calcio giocato apprezzava assai anche la movida milanese.
Il Brillante fu dirottato in provincia, prima a Verona e poi a Parma. Sarebbe stato un ridimensionamento fatale se nel capoluogo emiliano non avesse incontrato per la prima volta Cesare Prandelli, all’epoca tra le altre cose riciclatore di talenti in crisi. Dopo Adriano e Gilardino toccò a Mutu essere rimesso in rampa di lancio dal tecnico di Orzinovi, e nel 2003 per lui ci fu la chiamata del Chelsea, nel frattempo finito nelle mani ambiziose del miliardario russo Abramovich.
La storia è nota. A Londra Adrian si lasciò ammaliare da sirene ancora più tentatrici di quelle meneghine. Il ragazzo che era stato capace di conseguire due lauree (Giurisprudenza e Scienza dello Sport) e che aveva all’attivo già due matrimoni (e tre figli) cadde vittima della sostanza bianca. Positivo alla cocaina, si vide infliggere una squalifica di sette mesi e una multa di 20.000 sterline dalla federazione. Oltre al licenziamento in tronco da parte del temibile magnate russo, che non l’avrebbe perdonato e che l’avrebbe a lungo perseguitato legalmente, tanto da far pensare che tra i due sia accaduto qualcosa di ben più grave.
Fu a questo punto che lo prese la Juventus di Luciano Moggi. Dopo tanti alti e bassi, sembrava la svolta definitiva della carriera di Briliantul. La Juve a quell’epoca era uno schiacciasassi in Italia e anche in Europa. Senonché i bianconeri erano pieni zeppi di campioni, per Mutu ci fu molta panchina e diversi spezzoni di partita, durante i quali totalizzò comunque il bottino di 7 gol.
Nell’estate del 2006, la Juve fu spazzata via da Calciopoli. Molti suoi giocatori non la seguirono in serie B (soprattutto dopo essere diventati campioni del mondo in Germania). Tra questi, Adrian fu colto al volo da un Diesse che all’epoca andava per la maggiore, abile come pochi a cogliere le occasioni di mercato: Pantaleo Corvino, plenipotenziario della Fiorentina di Diego e Andrea Della Valle.
Anche la squadra viola era una vittima di Calciopoli, nel senso che doveva scontare nella stagione 2006-07 una penalizzazione di 15 punti. L’impresa sembrava disperata, anche perché la Scarpa d’Oro Toni quell’anno era menomato da una tarsalgia e riuscì a segnare solo 16 dei 31 gol fatti l’anno precedente. Gli altri 15 li mise a segno lui, Adrian. Fu quella probabilmente la Fiorentina più forte e spettacolare messa in campo dai fratelli marchigiani. A fine stagione, con la Fiorentina che senza la penalità sarebbe stata terza e qualificata alla Champion’s League, Luca Toni fu lasciato andare al Bayern Monaco, Adrian rimase al centro dell’attacco viola, affiancato dal giovane Pazzini, dal vecchio Bobo Vieri e dal talento emergente di Osvaldo. Dei quattro, l’unico punto fermo era destinato a rimanere sempre e comunque lui.
Una semifinale di Europa League sfumata ai rigori, due quarti posti consecutivi in campionato che valevano altrettante Champion’s portarono la firma soprattutto sua, negli anni successivi. Con Prandelli, Adrian Mutu visse i suoi anni migliori, uno spettacolo per gli occhi dei tifosi viola ed una macchina da gol. Nell’estate 2008 la Roma arrivò ad offrire 20 milioni di euro per averlo. Corvino tentennò, sul punto di accettare. I Della Valle alla fine posero il veto, la pietra preziosa viola rimase e festeggiò superando praticamente da solo il preliminare di Champion’s contro lo Sparta Praga.
Furono diverse le partite risolte personalmente dal fuoriclasse romeno, ed alcune la Fiorentina non le aveva giocate neanche al meglio. Ce ne piace ricordare soprattutto due: a Genova i rossoblu misero sotto i viola con tre gol del bomber Milito. Il Genoa quell’anno era una diretta concorrente della Fiorentina per il quarto posto, la sorte viola sembrava segnata almeno finché il Fenomeno (così ormai lo chiamavano tutti, tifosi e giornalisti) non dette il via al suo show pareggiando in venti minuti la situazione con tre gol dei suoi. La Fiorentina andò quindi a disputare quella Champion’s che solo il furto di Ovrebo le tolse, a favore del Bayern Monaco. La partita migliore in assoluto di quell’edizione fu il 2-0 casalingo contro il Liverpool, allorché il fuoriclasse romeno dette spettacolo e lo fece dare anche al suo erede acclamato, il montenegrino Stevan Jovetic, l’unico che come tecnica pura sembrava destinato a stargli a pari.
Finì male quella stagione 2009-10. Prandelli salutò la compagnia, diretto a Coverciano ad allenare la Nazionale. Per molti giocatori quello fu il segnale del declino, dello spegnimento della luce. Tra questi, il destino si ricordò ancora una volta del suo figliol prodigo prediletto. Tra una serie di ricorsi giudiziari ispirati dall’accanimento di Abramovich e un’altra di infortuni, si arrivò al 10 gennaio 2011, due giorni dopo il suo trentunesimo compleanno, allorché fu trovato positivo alla sibutramina, uno stimolante che annulla gli effetti della fame da lui assunto – a suo dire – per recuperare velocemente uno stato di forma accettabile.
Seguì via crucis medico-legale, un giorno prima del suo trentaduesimo compleanno, il 7 gennaio 2011 venne messo fuori squadra da una Fiorentina indispettita dalla sua ingenuità, e incapace di produrre una difesa a tutela degli interessi reciproci così come aveva fatto la Juventus in circostanza analoga con Fabio Cannavaro. Venne poi riammesso, fece in tempo a segnare altri gol e a far stropicciare gli occhi ai suoi supporters, ma ormai lo strappo c’era stato, il rapporto si era deteriorato. A fine stagione il fenomeno fu dirottato verso Cesena.
Finirono così cinque anni di molte luci e qualche ombra, la storia dell’ultimo fuoriclasse che abbia – a tutt’oggi – vestito la maglia viola. Nel frattempo si spegnevano tutte le luci del Franchi. Montolivo, Jovetic, Llajic, Gilardino ad uno ad uno gli eroi di Anfield Road, dell’Allianz Arena vennero meno, e quasi tutti senza avere lasciato sul prato del Franchi una firma nemmeno paragonabile alla sua. Forse fu questo a rendere il suo addio più doloroso, forse fu questo a rendere così amaro il distacco dalla tifoseria viola, che tutt’ora non gli perdona quasi niente.
Cesena, Ajaccio, Petrolul Plojesti le ultime tappe di un crepuscolo triste, per un talento che poteva e doveva restare nella storia del calcio a ben altro titolo. Poi, la Fiorentina sponsorizzò il Pune, squadra del distretto di Mumbai che partecipa alla Indian Football League. Si trattava di una joint venture che nelle intenzioni dovevarilanciare vecchi talenti e far affiorare nuove promesse. Qualcuno ci videil cavallo di troia per riportare alla Fiorentina stessa, con abile manovra, un talento indimenticato e indimenticabile, in un momento in cui la squadra viola soffriva (per colpa propria e anche di un destino non benevolo) di carenza di attaccanti.
A Natale 2014 sembrò che ci fossimo. La Fiorentina offrì a Mutu un clamoroso ritorno. Qualcuno storse la bocca, altri sognavano un’operazione nostalgia che avrebbe fatto il paio con quella di Toni due anni prima. Stavolta il destino schiaffeggiò la Fiorentina. Il Fenomeno dapprima si negò, poi rispose picche.
«Non voglio parlare di calcio, mi sono ritirato», disse Adrian ai giornalisti suoi connazionali che gli chiedevano conto della trattativa.
Forse tra la dirigenza viola e Briliantul era rimasto qualche strascico simile a quello tra lui e Abramovich? Forse no, la spiegazione magari era quella più semplice e tutto sommato più accettabile, anche perché fornita da lui stesso. Mamma Rodina stava male, e allora quel figlio che ha dimostrato – quando vuole – di avere non solo dei piedi notevoli ma anche la testa, decise di metterla finalmente a posto e di restarle vicino.
Un giorno dopo il suo trentaseiesimo compleanno la carriera del fenomeno finì così. Resta il ricordo di cinque anni in cui ha fatto stropicciare gli occhi ai fiorentini, meritandosi il nome di Fenomeno e l’inserimento nella Hall of Fame virtuale dei migliori numeri 10 della storia viola. Resta l’amaro in bocca perché in quei ciqnue anni (e non solo) la Fiorentina ed il suo Fenomeno non hanno vinto nulla. Resta il rammarico per una carriera che non è stata brillante come prometteva. Resta – forse – un ragazzo che ha imparato sulla sua pelle come si sta al mondo. Un ragazzo che, poco o tanto, spesso guardava le stelle anche lui, mentre giocava.
Buon compleanno Adrian Mutu. L’ultimo fenomeno.
Lascia un commento