Di solito cerchiamo di lasciare fuori la politica da questa ed altre rubriche, nella convinzione che musica ed arte in generale siano patrimonio di tutti, nessuno escluso. E che le idee coltivate ed espresse in buona fede siano tutte sempre e comunque rispettabili (almeno finché non implicano sofferenza e danno per qualcun altro).
E tuttavia, oggi questo brano si impone. E’ un mese che ci frulla in testa, da quando le vicende politiche italiane hanno preso una certa direzione. Uscì nel 1977, e l’intento del suo autore era proprio quello di farne il paradigma di una certa – diciamo così – disinvoltura ostentata allora ed in seguito da tanti nostri uomini politici o d’affari.
Burattino senza fili fu il primo concept album (così si dice quando un long playing viene composto seguendo la trama di un qualche capolavoro letterario) di Edoardo Bennato, il primo cantautore napoletano a rompere con la tradizione musicale classica partenopea e ad imporsi come rocker di grande e trascinante talento. A parere di molti, il più grande rocker italiano di tutti i tempi, un’armonica e una chitarra che non temono nemmeno quelle di Bob Dylan.
L’album rivisitava la storia di Pinocchio scritta da Collodi, e sarebbe stato seguito tre anni dopo da Sono solo canzonette, dove Bennato riscriveva a modo suo (adattandola a tutte le crisi e le storture sociali, al riflusso di quei giorni italiani) la favola di Peter Pan di James Barrie e Walt Disney.
C’é altro da dire? Su Edoardo ci sarebbe moltissimo, e non si finirebbe mai. Sui suoi Gatto e Volpe ci siamo detti già tutto. Ogni volta che pensiamo alla nostra classe politica e ad una certa cialtroneria italiana che di base la esprime (in poche parole, alla nostra storia nazionale), da quarant’anni a questa parte questa è la canzone che ci viene in mente. Con il suo attacco impetuoso che ci butta di colpo nel vortice del rock ed in quello della riflessione, insieme. E con quel refrain finale, così beffardo, così italiano. Da Collodi a Bennato a Renzi.
Di noi ti puoi fidar……
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