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Il giorno che morì la musica

John Lennon

8 dicembre 1980, Upper West Side di Manhattan, New York, ore 22,50. John Lennon sta rincasando con la moglie Yoko Ono dopo una giornata trascorsa nello studio di registrazione Record Plant. La sua residenza, il Dakota Building, è nota a tutti, ed è famosa per essere stata quella di molte altre celebrità, Rudolph Nureyev, Leonard Bernstein, Laureen Bacall, Judy Garland per dirne alcuni. L’edificio gode inoltre di una certa fama sinistra, da quando Roman Polanski vi ha girato gli esterni del suo Rosemary’s Baby.

All’ingresso gli si para davanti un giovane, tale Mark David Chapman, che gli spara quattro colpi di pistola, uno dei quali, mortale, lo raggiunge all’aorta. Lennon ha appena il tempo di mormorare «I was shot…» prima di crollare al suolo esanime. Morirà un quarto d’ora dopo sull’ambulanza che lo trasporta al Roosevelt Hospital.

Si scoprirà dopo che Chapman è un disadattato suggestionato dal Giovane Holden di Jerome David Salinger, di cui ha in tasca una copia che si mette a leggere non appena terminata la sua esecuzione di John Lennon. Ex fan dei Beatles, dichiarerà di aver fatto quello che ha fatto per punirne il tradimento degli ideali della sua generazione.

Al custode del Dakota che gli grida «che cosa hai fatto?», lui risponde con freddezza «sì, ho appena sparato a John Lennon». Dichiarato mentalmente instabile, sconta una condanna a vita nel carcere di Wende, nello Stato di New York. Nell’agosto 2016 la commissione statale giudicante gli ha negato la libertà condizionata (teoricamente possibile in quanto il suo reato è stato rubricato come omicidio di secondo grado) per la nona volta.

«Non ho paura di morire, sono preparato alla morte perché non ci credo. Penso che sia solo scendere da un’auto per salire su un’altra» John Lennon, 1969.

«Ascoltavo quella musica e diventavo sempre più furioso verso di lui, perché diceva che non credeva in Dio… e che non credeva nei Beatles. Questa era un’altra cosa che mi mandava in bestia, anche se il disco risaliva a dieci anni prima. Volevo proprio urlargli in faccia chi diavolo si credesse di essere, dicendo quelle cose su Dio, sul paradiso e sui Beatles! Dire che non crede in Gesù e cose del genere. A quel punto la mia mente fu accecata totalmente dalla rabbia» Mark David Chapman.

«Non sono contro Dio, contro Cristo o contro la religione. Non avevo alcuna intenzione di criticarla. Non ho affatto detto che noi eravamo migliori o più famosi… e non ho paragonato noi a Gesù Cristo come persona o a Dio come entità o qualsiasi altra cosa esso sia. […] Ho detto che avevamo più influenza sui ragazzi di qualsiasi altra cosa, compreso Gesù. […] Se avessi detto che la televisione era più popolare di Gesù probabilmente l’avrei passata liscia. Le mie opinioni sul cristianesimo derivano da ciò che di esso ho letto e osservato coi miei occhi e da quello che è stato e potrebbe essere. Dico semplicemente che mi sembra che stia perdendo terreno e contatto… La gente pensa che io sia contro la religione, ma non è così. Sono una persona molto religiosa…» John Lennon, 1966.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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