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Il moderno Prometeo in fondo al mare

Dopo aver sfidato Poseidone ed esserne stato duramente punito, Prometeo tuttavia non si era dato pace. Per lungo tempo aveva sognato di ritrovare e recuperare la grande nave sprofondata negli abissi dell’Oceano che aveva preso il nome del primo individuo che aveva mancato di rispetto agli Dei, Atlante. Al tempo della tragedia non aveva posseduto la tecnologia adatta, ma i sogni prodotti dall’ingegno o dalla superbia umani corrono sempre più in fretta del progresso tecnologico.

La fantasia letteraria di Jules Verne aveva anticipato nell’Ottocento quasi tutte le scoperte scientifiche del Novecento. Allo stesso modo, Morgan Robertson aveva anticipato nel 1898, nel suo romanzo dal titolo Futility, or the Wreck of the Titan (notare addirittura la coincidenza del nome), la tragedia che avrebbe sollecitato l’immaginario del secolo che di lì a poco andava a cominciare. Assai più di altre che avrebbero avuto luogo, su scala assai più vasta, negli anni successivi. John Bigalow, il mozzo del Titanic sopravvissuto al naufragio, non per nulla dice al protagonista del film di Jerry Jameson, Blitz nell’oceano: ho combattuto nella prima e nella seconda guerra mondiale, eppure continuate tutti a venire qui a chiedermi del Titanic, soltanto del Titanic.

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Tra il film di Jameson e quello di Cameron corrono più o meno quattordici anni, pressappoco gli stessi che correvano tra il romanzo di Robertson e la tragedia reale. Ma stavolta la tecnologia aveva fatto davvero passi da gigante. Quando il 1° settembre 1985 l’oceanografo Robert Ballard, per conto di una noprofit del Massachussets (la Woods Hole Oceanographic Institution) riuscì dove l’uomo non era ancora riuscito, con i suoi sottomarini a comando remoto (una specie di droni subacquei dell’epoca) in grado finalmente di sfidare l’enorme pressione che l’acqua genera a quella profondità (pari a circa 380 kg/cm²) e di raggiungere il fondale marino, le sue scoperte furono tali da cambiare per sempre l’immaginario collettivo.

Il relitto, anzi, i relitti del Titanic giacevano al largo dei banchi di Terranova ma assai più vicino alle loro coste di quanto si era creduto. a circa 486 miglia da esse e ad una profondità di 3787 m., su un fondale fangoso, ai piedi della scarpata continentale nordamericana, proprio all’inizio della piana abissale. Le coordinate esatte, precise come una sentenza, erano: 41°43′55″N 49°56′45″W.

La grande nave non si era inabissata come un tutto unico, ma si era spezzata in due tronconi. Probabilmente ciò era successo appena al di sotto della superficie, in modo tale che i testimoni oculari sopravvissuti non avevano potuto registrare il fenomeno, alimentando l’equivoco con i loro resoconti. Ciò metteva fuori gioco non soltanto il film di Jameson ed il libro di Cussler, ma tutto ciò che si era creduto possibile a proposito del recupero – prima o poi – del transatlantico affondato.

La suggestiva scena dell'arrivo del Titanic a New York, dal film Raise the Titanic!

La suggestiva scena dell’arrivo del Titanic a New York, dal film Raise the Titanic!

I tronconi della nave, avendo una massa considerevolmente ridotta rispetto alla sua stazza integra, si erano dispersi sul fondale a considerevole distanza l’uno dall’altro, poiché le correnti e la profondità avevano avuto ancora miglior gioco su ciascuno di essi. Non era verosimile che Dirk Pitt la riportasse a galla con il sistema ideato da Cussler, né che ci riuscisse nessun altro negli anni a venire. Era verosimile soltanto un paziente e sistematico recupero parziale di porzioni dello scafo e di oggetti in esso o nei pressi di esso rinvenuti, e fu ciò che avvenne. Insieme al prevedibile numero di cause legali per i diritti sul quel recupero intentati da vari soggetti, e risolti nel 1994 – tre anni prima dell’uscita del film di Cameron che sbizzarriva a sua volta la fantasia a proposito di ciò che di prezioso poteva esservi stato a bordo -, da un tribunale della Virginia a favore della RMS Titanic Inc.

Il relitto della prua del Titanic

Il relitto della prua del Titanic

Svanito il sogno di recuperare la nave, la fantasia umana appunto senza limiti si trasferì sul turismo organizzato. Le visite sottomarine al relitto si sono successe da allora a ritmo pericolosamente forzato. Finché nel 2019 uno degli scafi con cui venivano effettuate ha urtato il Titanic danneggiandolo e portando all’attenzione di tutti ciò che doveva esservi da tempo. Sottoposto all’erosione marina, e insieme all’azione dell’uomo che del suo habitat ha ancora meno rispetto che di quelle leggi che sfidò al tempo del suo primo e ultimo viaggio, ciò che resta della nave più splendida e temeraria di tutti i tempi e del suo sogno quasi blasfemo, prometeico, nel giro di pochi anni dovrebbe scomparire per sempre, fagocitato dal fondale marino.

A quel tempo, anche degli ultimi superstiti come la Rose De Witt immaginata da James Cameron si sarà perso il ricordo, fagocitato dalla vita e da quella continua ricerca da parte dell’essere umano di nuove sfide da affrontare – e regolarmente perdere – avverso divinità che si è sempre sentito in diritto di sfidare. E che non ha mai realmente compreso.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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