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Il paese dei balocchi

Mettiamola così: ci siamo divertiti. Ora è tempo di tornare alle cose serie. Sì, perché negli ultimi giorni non si è più parlato più di cosa fa e disfa il governo in carica e di cosa fa o prepara l’opposizione, ma soltanto di sardine, pinguini ed altre amenità del genere.

Viviamo tempi culturalmente difficili. La rivoluzione informatica ha prodotto i guasti che Umberto Eco aveva predetto anzitempo e con esattezza: parafrasandolo, ognuno ha sul web lo spazio per manifestare e dare sfogo alla propria – diciamo così – inadeguatezza umana e sociale. Ci sono tra l’altro degli aspetti connessi alla partecipazione ai social network che sembrano coincidere, combaciare alla perfezione con certi tratti del nostro carattere nazionale.

Alla vita politica del nostro paese in sostanza non partecipiamo più. Scendiamo in piazza di rado, e ancor più di rado lo facciamo per motivi sacrosanti. Ci indigniamo per i torti subiti dalla squadra di calcio di affezione, quasi mai per i torti a noi inflitti dai governanti che noi stessi, col nostro voto, abbiamo mandato a governarci. Paghiamo canoni salati ad una TV di Stato che ci tratta come plebi contadine da alfabetizzare in epoca antecedente alle trasmissioni del maestro Manzi.

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Le nostre indignazioni e le nostre partecipazioni le sfoghiamo tutte su internet. E’ lì che diamo il meglio ed il peggio di noialtri. Abbocchiamo alle sollecitazioni postate ad arte da politicanti che in altri tempi avrebbero al massimo aspirato a posti di uscieri e autisti (con tutto il sacrosanto rispetto per quelle professioni e chi le esercita). Seppelliamo di orrendi insulti chi non la pensa come noi, magari nello stesso post e nello stesso commento in cui abbiamo invocato come irrinunciabili i diritti civili e politici connessi alla nostra cittadinanza di un paese democratico e/o abbiamo esorcizzato il rischio del ritorno di dittature infami, magari stigmatizzando la mancanza di cultura e di civiltà tipica dell’altra parte.

I culi li andiamo a guardare su Instagram, dove scambiamo giovani signorine e signorini ben messi fisicamente per opinion leaders, sorvolando sui testi da encefalogramma piatto che accompagnano quasi sempre le loro foto. Le sciocchezze invece che rigurgitano dalle nostre coscienze orfane della pubblica istruzione e di una reale coscienza civile e democratica da venti anni a questa parte le riversiamo sui due social per eccellenza. Twitter, dove in 140 parole puoi vanificare 10.000 anni di evoluzione dallo stato primordiale. Facebook, dove a disposizione hai molti più vocaboli e molti più strumenti, come i Gruppi. Nei quali hai sempre modo di incontrare altri dissestati morali e culturali come te. Specie di centri di accoglienza o di case famiglia per il recupero del dissesto di ogni genere in questo scorcio di ventunesimo secolo.

E così, tu distinto signore (così almeno ti senti) di mezza età, cresciuto a pane e Norberto Bobbio, Bertrand Russell, Oscar Wilde, cultore dei meravigliosi aforismi di Voltaire, ti trovi inavvertitamente sbalzato dalla campagna elettorale per le Regionali di mezza Italia a una kermesse (un flash mob, si dice adesso in modo più trendy) di bande di mentecatti contrapposte.

Si muovono per primi i ragazzi (sono più giovani e scattanti….), un po’ per compiacere professori molto esigenti, un po’ per sfogare gli ormoni in eccesso. Si chiamano #Sardine. Vanno in piazza per scongiurare il fascismo. Il leader, ragazzotto di bella presenza a cui le tv di parte aprono subito i prezzolati microfoni, farnetica di uso del cervello e di narrazioni rispettabili, non vuole la destra ma è pronto ai consegnarsi alla più stalinista delle culture ed alla più abbietta e democristiana delle lobbies: quella capitanata da uno che – tanto per dirne una – ospitava sedute spiritiche quando per mezza Roma si cercava Aldo Moro, il leader rapito di una stagione in cui ancora i ragazzi i maestri veri – buoni o cattivi che fossero – li stavano a sentire in silenzio, non foss’altro per la paura di dire cazzate.

Pingu191126-003Passa qualche giorno ed alle 6.000 #Sardine si contrappongono i 100.000 #Pinguini. Che notoriamente mangiano le sardine. 100.000 cervelli di ghiaccio. Gruppo spuntato su come una fungaia dopo giorni di pioggia. Gruppo dove si mettono da subito in moto dinamiche ben note: quella dell’italiano che mette le mani su un minimo di potere (amministratori e moderatori che predicano e razzolano come sacerdoti dell’Antico Egitto e ostentano una educazione ed una netiquette come contadini dell’Alto Medio Evo); quella dell’italiano alla perenne ricerca di un capo, un duce, a cui delegare l’utilizzo dei pochi neuroni in dotazione; quella di chi ha bypassato indenne la scuola dell’obbligo, e nell’insultare l’avversario riesce a sbagliare più ortografia e sintassi di quante ce ne siano nella grammatica italiana (povero maestro Manzi…..); quella di chi mesta, perché sa bene che nel calderone galleggiano tante opportunità…. se sei Masaniello puoi sempre sperare in una scorciatoia per il potere, anche se la pochezza della tua istruzione e della tua coscienza ti fanno dimenticare – o ignorare – che a Masaniello quel potere si può togliere nel giro degli stessi cinque minuti con cui si è concesso.

Sardine o Pnguini, il clima è questo. Di cosa dice Conte, di cosa risponde Salvini, di cosa prepara Renzi, su cosa pone l’attenzione la Meloni, in questo momento e in questa orgia mediatica da abuso di culture psicotrope non gliene può fregare di meno a nessuno. Tutti gratificati dalla realtà virtuale che stiamo scambiando per la vita reale. Tutti appagati dalle boiate verbali e figurative con le quali vi partecipiamo entusiasti. Tutti contenti la sera di andare a letto dopo avere sconftto il fascismo e nello stesso tempo aver ossequiato il Comandante. Perché, guarda un po’, dopo poco in questi rassemblement un Comandante viene sempre fuori. E non si chiama Comandante per caso.

Pingu191126-004Ero entrato in questi Pinguini per esperimento, e ne sono uscito di corsa non appena l’esperimento ha prodotto i risultati che mi aspettavo, e di cui do conto sopra. Nel frattempo, mio figlio di 25 anni mi ha bonariamente ripreso, scuotendo la testa con una saggezza che mi sorprende piacevolmente e che io ho perso forse negli anni 90, quando ancora mi illudevo di partecipare a qualcosa che non fosse una gabbia di matti o di buffoni: «Guarda che sono gruppi creati ad arte, qualcuno da Facebook stesso…..»

Ecco fatto. Semplice e lapalissiano. Eravamo noi a dover insegnare a questi ragazzi l’uso degli strumenti che noi abbiamo messo loro in mano?

Beppe Grillo predica di togliere il diritto di voto al popolo, perché spesso vota male. Con i cretini della mia generazione, quella che andava in piazza, c’é quasi riuscito. Con quella di mio figlio, che in piazza – Sardine irreggimentate o Pinguini disadattati a parte – ci va ancora a vedere i concerti o a farsi un aperitivo, spero che ci batta il muso. Lui e tutti i nazisti del ventunesimo secolo.

Ricordatevi semmai nel frattempo che l’anno prossimo c’é da andare a votare in diverse città. Né Rousseau, né Zuckerberg, né Grillo vi forniranno giustificazioni firmate qualora il solito imbecille o incapace dovesse usare il vostro voto per andare a governarvi.

Cosa, a quanto sto vedendo, piuttosto probabile.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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