Se c’era bisogno di una ulteriore prova del disprezzo con cui la Cina considera la comunità internazionale ed il resto della razza umana (lo sterminato e dilagante popolo dell’Impero di Mezzo non ha mai fatto mistero di considerarsi una razza eletta, superiore), l’avremo tra poco direttamente sulle nostre teste. La mattina del giorno di Pasqua, 1 aprile 2018, orario e luogo esatti da definire, grazie appunto alla Cina.
La stazione spaziale cinese Tiangong-1 (letteralmente: Palazzo celeste, in Cina tutto ha un nome poetico, anche i cataclismi e le azioni della malvagità e della stupidità umane), 8,5 tonnellate, è in caduta libera verso la Terra e viaggia ad una velocità di 29.000 km/h. Il suo tempo di rivoluzione attorno al nostro pianeta è di circa 88 minuti. Il rientro nell’atmosfera è stimato a 70 km di altezza sulla superficie terrestre, la mattina appunto del giorno di Pasqua. Da lì in poi entreranno in gioco temperatura e densità della nostra atmosfera. Ma nessuno si aspetti un rientro come quelli delle navicelle Apollo.
Sulla base di questi dati, non avrebbe dovuto infatti essere difficile stimare l’ora ed il luogo dell’impatto del Palazzo caduto dal cielo. Senonché, adducendo i consueti motivi di sicurezza nazionale, la Cina si è rifiutata di fornire alla comunità internazionale ed alle Agenzie Spaziali altrui informazioni dettagliate sul materiale di cui è costituita la Stazione (titanio?) e su altre cose (tra le altre, i motivi di questo cataclismatico rientro). Il che rende impossibile completare i calcoli circa il suo atterraggio fino a 30, 40 minuti prima dell’impatto.
La denuncia parte dalla Swinburne University dello Stato di Victoria in Australia, il cui astronomo Alan Duffy ha detto testualmente «La riservatezza della Cina su questa missione spaziale di rilevanza nazionale ha portato la comunità internazionale a non sapere da cosa sia costituito il veicolo».
Allo stato attuale e con le informazioni in possesso, gli astronomi stimano che il luogo dell’impatto con la superficie terrestre del Palazzo caduto dal cielo potrebbe ricadere in una fascia compresa nientemeno che tra le latitudini 43° nord e 43° sud, cioè un’area che va dal sud della Francia alla Tasmania, in Australia. Una buona metà della superficie terrestre.
Mentre l’umorismo classico del web comincia già ad esorcizzare la paura di questo Armageddon che stavolta non apprezzeremo al cinema ma nella realtà («speriamo che almeno cada su Prato», scherza qualche social-buontempone), qualcuno si sta già attrezzando come avviene di solito per fenomeni più normali come le eclissi e le comete, al fine di poter vedere le sfere di fuoco che sfrecceranno nel cielo. Sempre che vi siano condizioni di bel tempo. Al danno cinese infatti dovrebbe aggiungersi, stando alle previsioni meteo, la beffa del maltempo.
Per tutti gli altri, non resta che – come i Galli di Asterix – attrezzarsi a cercare riparo, in attesa che il cielo ci cada sulla testa. La Cina è sempre più vicina.
Lascia un commento