John Marcellus Huston (Nevada, 5 agosto 1906 – Middletown, 28 agosto 1987)
Il suo sorriso beffardo, da ragazzaccio impertinente, ha attraversato il cinema del Novecento. I suoi film ne hanno fatto la storia, uno dopo l’altro. John Huston è stato il cinema, vissuto in tutte le sue sfaccettature (come attore, regista, sceneggiatore) e portato ai massimi livelli di espressività.
Figlio di un attore di Broadway, Walter, che aveva raggiunto la notorietà soltanto in età avanzata, padre a sua volta dell’attrice Anjelica (entrambi tra l’altro hanno vinto il Premio Oscar recitando in uno dei suoi film: Il tesoro della Sierra Madre il padre, L’onore dei Prizzi la figlia), il giovane John si immaginava piuttosto scrittore, e grazie alle amicizie paterne tra le quali si annoveravano personaggi del calibro di Francis Scott Fitzgerald, a poco più di vent’anni aveva iniziato a pubblicare suoi racconti sulla rivista American Mercury.
Samuel Goldwyn, della Metro Goldwyn Mayer lo ingaggiò nel 1929 come sceneggiatore. Huston mise così il piede nel mondo del cinema hollywoodiano, e in breve tempo ne spalancò le porte al proprio genio. Negli anni Trenta passò progressivamente dalla sceneggiatura alla macchina da presa. Nel 1941, Una pallottola per Roy dette la consacrazione definitiva a lui e a colui che sarebbe diventato il suo attore prediletto: Humphrey Bogart, che avrebbe diretto anche ne Il mistero del falco (dal celebre romanzo di Dashiell Hammett), Agguato ai tropici, Il tesoro della Sierra Madre, L’isola di corallo (in cui Bogey recitava per la prima volta accanto alla fresca sposina, Lauren Bacall), La Regina d’Africa.
Nel frattempo partecipò alla Seconda Guerra Mondiale come realizzatore dei celebri War Movies con cui l’esercito americano documentava e propagandava il suo sforzo bellico. Uno di questi, ambientato in un ospedale psichiatrico per reduci, pare che a causa delle sue immagini troppo forti non ottenesse il visto della censura e giace tutt’ora in magazzino come l’Arca dell’Alleanza di Indiana Jones.
Tornato a casa in pace, il primo Oscar fu del 1949, assegnatogli come detto in concomitanza a quello del padre Walter per Il tesoro della Sierra Madre. Il suo capolavoro riconosciuto arrivò nel 1950, Giungla d’asfalto, una critica spietata del sogno americano nei suoi lati più oscuri, che gli dette tra l’altro la possibilità di dirigere per la prima volta Marylin Monroe.
Nel 1956 toccò a Gregory Peck con Moby Dick. Nel 1960 ancora a Marylin, e nessuno immaginava che per l’attrice sarebbe stata l’ultima volta in assoluto. Gli spostati resta nella storia del cinema come un tributo a tre mostri sacri al loro canto del cigno. Oltre a Marylin salì sul set per l’ultima volta Clark Gable, stroncato di lì a poco da un infarto. Fu una delle ultime apparizioni anche per Montgomery Clift, destinato anche lui ad essere fermato da un cuore troppo stressato dal suo tormentato rapporto con la vita e la notorietà.
Nel 1966 l’unica battuta d’arresto, La Bibbia, commissionatagli da Dino De Laurentiis e rivelatasi un flop sia al botteghino che presso la critica. Nel ruolo di Noé, dopo i rifiuti di Alec Guinness e Charlie Chaplin, finì per impegnarsi lui stesso a recitare in prima persona.
Ma Houston ormai poteva permettersi di assorbire anche un insuccesso come quello. Negli anni settanta offrì sia prove di attore (due titoli su tutti, Chinatown ed Il Vento e il Leone) che di regista raffinato. E’ del 1975 L’uomo che volle farsi re, adattamento di Rudyard Kipling dalla costosa lavorazione che però alla fine quella volta remunerò la produzione. Tra i grandi attori diretti nella sua carriera poté finalmente annoverare anche Sean Connery e Michael Caine.
La salute alla fine gli impose una lunga pausa. Tornò al successo dieci anni dopo con L’onore dei Prizzi, che gli dette la soddisfazione del secondo Oscar familiare, quello attribuito alla figlia Anjelica. Nel mezzo, il film che volle dedicare – alla sua maniera – al calcio, una delle sue note passioni. Fuga per la vittoria è un war movie che immagina una partita giocata a Parigi tra una squadra in rappresentanza dei nazisti occupanti ed una dei prigionieri alleati. E’ un film di avventura che rende omaggio allo sport, al cinema stesso, al genio del regista capace di tradurre in immagini affascinanti qualunque soggetto scaturito dal suo e dal nostro immaginario. E’ il film che abbiamo scelto come tributo visivo e sonoro, rappresentativo della sua cinematografia.
John Huston riposa dal 1987 all’Hollywood Forever Cemetery di Hollywood, California.
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