Ombre Rosse

Kamala ci prova

Questa volta lo Sciamano servirebbe agli avversari di Donald Trump. La corsa alla Casa Bianca è proibitiva per il Partito Democratico, tenere in vita ulteriormente – politicamente parlando – l’ectoplasma Joe Biden era ormai impossibile, costruire una credibile candidatura Kamala Harris è altrettanto velleitario, ma almeno si può far passare il tutto come un gesto di patriottismo, cercando di uscirne con le ossa non del tutto rotte e con un po’ di dignità.

La presidenza Biden si spegne come un lumino da cimitero al termine di quattro anni di niente, se non addirittura di danni irreparabili. La vicepresidente in carica si è particolarmente distinta in questo vuoto politico, tanto che dopo quattro anni non sappiamo veramente chi è, men che meno se meriti una promozione alla carica più alta dell’amministrazione di Washington.

Il match sarebbe durissimo anche se dell’altra parte della rete non ci fosse uno dei candidati più agguerriti di sempre. Donald Trump chiede a gran voce un nuovo mandato, una specie di vendetta per quella che ha vissuto nel 2020 come una sottrazione di quanto gli spettava, Sciamani a parte.

L’establishment democratico le ha tentate tutte per metterlo fuori gioco, un po’ come successe in Italia a Berlusconi con la legge Severino, ma alla fine la corrente profonda della democrazia per quanto rozza ma inarrestabile che scorre nel sangue americano ha reclamato che al candidato di più di mezza nazione fosse data un’altra chance. Memore del fatto che durante il quadriennio Trump l’economia del paese andava a tutto gas, nessuno sfidava la potenza americana sui campi di battaglia di zone cruciali del mondo né nei luoghi dove si governa l’economia mondiale.

Senza voler enfatizzare le accuse di brogli elettorali rivolte ai dem americani nel novembre 2020, è un dato assodato che niente avrebbe impedito la rielezione del 45° presidente degli Stati Uniti d’America se non fosse stato per il Covid, gestito male dall’amministrazione americana in carica come da tutte le amministrazioni del mondo cosiddetto civile.

Con questo background, tuttavia, Donald Trump è stato in vantaggio fin dai primi scambi di questa corsa alla Casa Bianca 2024. segno che la volta precedente qualcosa di buono per i suoi concittadini l’aveva combinato. Gli americani medi badano principalmente agli affari loro, l’Europa ed il mondo sono entità spesso astratte, lontane. Ci si chiede per esempio perché mantenere una NATO fatta in parte di paesi scarsamente grati e spesso contestatori degli USA. Di morire per Kiev o per Gaza c’é sempre meno voglia, soprattutto in quell’oceano di America First che è il Midwest.

E’ una campagna ri-elettorale su cui peserà inevitabilmente il gesto di Thomas Matthew Crooks. Film già visto, si potrebbe dire, da Lee Harvey Oswald a seguire. Proprio per questo ne conosciamo la trama ed il finale. A chi giova? Com’é possibile che il servizio segreto più potente del mondo (non sempre quello più efficace) si sia fatto sorprendere dall’insano gesto dell’ennesimo spostato in cerca di visibilità o di chissà che altro? Costui ha agito veramente da solo? In caso contrario, con l’aiuto di chi?

Gli interrogativi sono tanti e nell’Età del Complottismo sono destinati a moltiplicarsi. Donald Trump non aveva bisogno di farsi sparare per vincere a novembre prossimo. Ma vederlo rialzarsi con il volto insanguinato ed il pugno chiuso sollevato come uno di quei wrestlers che piacciono tanto ai suoi connazionali, di certo non gli ha peggiorato i già lusinghieri sondaggi.

Pelosi & C. hanno bisogno di un miracolo. Ma crediamo che la fortuna abbia già aiutato fin troppo certi audaci nel recente passato. E la signora Harris ha davvero poco da ridere. Per dirla con Barack Obama, lei naviga adesso in acque inesplorate. Da sola.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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