Calcio

La Coppa con le orecchie ed il battesimo viola

E’ di nuovo tempo di Champion’s League. Stasera allo Stadio Olimpico di Kiev Real Madrid e Liverpool giocheranno la finale della sessantatreesima edizione della Coppa con le orecchie. In campo i 12 precedenti successi degli spagnoli contro i 5 degli inglesi. Una finale prestigiosa, interpretata da attori quanto mai rappresentativi della storia di questo sport.

Real Madrid più leader che mai in Europa, dunque, con le sue 12 Champion’s vinte, o Coppe dei Campioni come si chiamavano una volta. L’ultima l’anno scorso contro la Juventus, che per un tempo si illuse di stare alla pari con le merengues. Primo posto in solitario nell’Albo d’Oro, con il Milan staccato di 5 lunghezze, Bayern, Barcellona e  Liverpool di 7. Sarà dunque la tredicesima dei blancos di Madrid o la sesta dei reds di Liverpool, che in semifinale hanno eliminato la Roma.

La storia del calcio ormai si fa lontano dalla nostra penisola, a livello di Nazionali come di Club. Eppure era cominciata qui da noi. La Coppa con le orecchie fu istituita nel 1956, le prime cinque edizioni consecutive le vinse – manco a dirlo – proprio il Real, alla seconda ed alla terza battendo proprio due squadre italiane, nel 1957 la Fiorentina e nel 1958 il Milan. Con sofferenza e con fatica: contro i gigliati a venti minuti dalla fine il risultato fu sbloccato da un rigore a detta di molti inesistente fischiato dall’arbitro olandese Leopold Sylvain Horn per fallo di Magnini su Mateos, probabilmente fuori area. L’anno dopo i rossoneri portarono i fortissimi merengues ai supplementari, prima di cedere per 3-2.

La Fiorentina fu la prima squadra italiana a raggiungere una finale europea in assoluto. Nel 1957 veniva dalla trionfale stagione del primo scudetto e da una difesa onorevolissima del titolo contro il Milan, dietro cui era arrivata seconda. In Coppa, aveva superato il Norkoepping, il Grasshoppers e la Stella Rossa di Belgrado. Il Real, detentore della coppa conquistata l’anno prima al Parco dei Principi di Parigi contro lo Stade Reims nella prima edizione, aveva superato Rapid Vienna, Nizza e Manchester United. Entrambe le squadre erano teste di serie, esentate pertanto dai turni preliminari.

Per quella finale scesero in campo da una parte Juan Alonso Adelarpe, Manuel Torres, Marquitos, Rafael Lesmes, Miguel Munoz, José Maria Zarraga, Raymond Kopa, Enrique Mateos, Alfredo Di Stefano, Hector Rial, Francisco Gento. Dall’altra Sarti, Magnini, Cervato, Orzan, Scaramucci, Segato, Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Bizzarri. Tra i viola spiccava l’assenza di Beppe Chiappella, il regista della difesa, infortunatosi durante una partita della Nazionale. Il luogo della finale era il Santiago Bernabeu di Madrid, il Real giocava in casa. Era il 30 maggio 1957.

Giuliano Sarti, leggendario portiere viola di quegli anni, ha raccontato il clima di quella storica partita: «Più che una partita, una corrida. Centomila spettatori contro di noi. Ma resistemmo, fino a pochi minuti dalla fine. Ci piegò un rigore per un fallo commesso cinque metri fuori dall’area». I blancos erano fortissimi, probabilmente in quel momento la squadra più forte del mondo, con Di Stefano e Gento – che segnò il raddoppio madridista cinque minuti dopo il rigore – fuoriclasse inarrivabili. Ma i viola non erano poi da meno, e senza la svista di Horn chissà come sarebbe andata a finire?

In ogni caso, resta alla Fiorentina l’onore di aver portato per prima in Europa il proprio gagliardetto in una finale, quel gagliardetto che è conservato adesso nel Museo del Bernabeu. E di essere stata, tra le dodici contendenti sconfitte dal Real, una di quelle che hanno meglio figurato.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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