Ci alziamo stamattina ed il giornale radio ci informa che l’Italia stanotte è diventata una repubblica presidenziale. Oddio, non proprio da stanotte, è dalla presidenza Napolitano che ne abbiamo il sospetto, ma con Mattarella è diventato qualcosa di più.
Il presidente è a Washington, in visita al suo omologo americano Donald Trump. Che è qualcosa di più che un omologo, è il capo dell’Esecutivo locale, e come tale ha tutta una serie di poteri che al nostro sapevamo essere preclusi.
Invece no. Sergio Mattarella espone a Trump la posizione politica dell’Italia su alcune questioni tra l’altro particolarmente delicate come i dazi e la guerra in Siria. Trasecolati, andiamo a riprendere in mano la Costituzione della Repubblica, sfogliamo freneticamente gli articoli fino al fatidico art. 87, quello che definisce i poteri, formali e sostanziali, del capo dello Stato.
Eccolo qui: «Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica.»
Non ci siamo rincoglioniti, ricordavamo bene. Di quello che sta facendo Mattarella a Washington nella Carta non c’é traccia. Casomai sarebbe spettato a Conte, capo del governo – diciamo così – legittimo. Ma Giuseppi è altrove, alle prese con la manovra finanziaria e con una possibile crisi appunto di governo sventata per un soffio. Nessuno dei due ha trovato tra l’altro tempo per un salto a Trieste a quei funerali a cui il paese avrebbe avuto piacere che presenziassero in suo rappresentanza, ma questo è un altro paio di maniche, e ne parliamo in altra parte del giornale.
Nel caso di Mattarella, i cartellini gialli in una sola giornata sono due, ed in altre repubbliche – stavamo per dire, in altre, ben altre democrazie – farebbero un cartellino rosso: espulsione.
Questo signore è stato per tanto tempo rivestito dei paramenti di supremo custode della Carta Costituzionale – come Giudice della Consulta e poi come inquilino del supremo Colle – da avere probabilmente maturato una consapevolezza di sé pari a quella dei sacerdoti dell’antico Egitto, che più che amministrare o al limite interpretare i misteri religiosi li facevano e disfacevano a proprio piacimento. Da Vicario di Dio a Dio stesso.
Credevamo di aver visto tutto con il predecessore Napolitano, dicevamo, che ad un certo punto ha trasformato questa repubblica da parlamentare in presidenziale (salvo ritorno a parlamentare quando fa comodo al partito di riferimento). E invece no, ecco Mattarella che va a fare politica estera (certo se si aspetta che ci pensi Di Maio….) andando a portare rimostranze sulla politica doganale degli U.S.A. e sul loro disimpegno nel Kurdistan direttamente nello Studio Ovale della Casa Bianca.
Siamo completamente fuori dalla Costituzione, da qualunque parte uno la tiri per farla combaciare con la propria idea politica. Forse il sig. Mattarella intende giustificare così il lauto stipendio che prende dai contribuenti (300.000 dollari l’anno contro i 400.000 di un Trump che – Costituzione propria alla mano – ha ben altre gatte da pelare), parendogli evidentemente poco il potere di esternazione alle Camere (e solo alle Camere) che la Costituzione nostra gli circoscrive addosso.
Di sicuro, non ci sembra il modo migliore di guadagnarsi l’appannaggio andare a fare incazzare a gratis (e per di più senza averne il potere legittimo, facendo fare tra l’altro al nostro ordinamento giuridico la figura della caciara) quello che ancora pochi mesi fa è stato ribadito essere il nostro principale ed irrinunciabile alleato. Affermazione tra l’altro di cui lo stesso Mattarella si fece parte diligente, nel avallare il conseguente o almeno concomitante cambio di maggioranza governativa.
Trump chiude l’incontro avendo buon gioco nel ricordare all’alleato di farsi gli affari propri, e se proprio vuole preoccuparsi di qualcosa ci sarebbe da provvedere semmai al pagamento delle quote di finanziamento di spettanza della NATO, e da chiarire il proprio ruolo nel Russiagate. Questione che in questo momento per gli americani non è di secondaria importanza.
Bel risultato, caro presidente Mattarella: speso tanto e mangiato malissimo. Tanto valeva mandare a Washington il legittimo casinista Di Maio.
Per qualcuno questo presidente è un solerte difensore della democrazia italiana e dei suoi principi fondamentali. Per quanto ci riguarda, qualunque cosa questo signore difenda ne abbiamo abbastanza di lui e dei suoi modi ed argomenti.
La presidenza Mattarella non finirà mai troppo presto, e crediamo che non avrà molti rimpianti.
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