Ombre Rosse

La Costituzione sola al comando

Pare che ci siamo. La Costituzione del 1947 ha i giorni, o tutt’al più i mesi, contati. Il Senato della Repubblica ha licenziato favorevolmente in prima lettura il premierato e adesso tutto il centrodestra sgrana gli occhi come il Doctor Frankenstein del film di Mel Brooks, gridando: si puo fare!

Si può fare, si. Nemmeno i Padri Costituenti del 1947 si sentivano immortali per quanto riguardava il prodotto del loro ingegno e soprattutto della lotta sanguinosa condotta da un paese che aveva finalmente trovato la democrazia e non voleva più perderla.

Abbiamo sempre saputo che la nostra è una Costituzione particolare. Bella quanto si vuole a discorsi, ma migliorabile. Il problema è farlo. La prima parte, quella che elenca i diritti e le conquiste dei cittadini italiani, ce la invidiano tutti. Fu scritta da un antifascismo che aveva fatto da poco a fucilate con i nazi-fascisti, e non era diventato ancora di maniera, ridotto come adesso ad un passatempo salottiero da circolo snob.

La seconda è quella delle dolenti note. L’esercizio del potere è stato a lungo sentito come una brutta cosa (anche se poi il potere è stato esercitato eccome, e quasi sempre male). Si veniva da una guerra civile spaventosa, appunto, ed aver posto fine al ventennio delle camicie nere pareva a molti quasi impossibile. A quei molti, ma in definitiva un po’ a tutti, la possibilità di ricascarci sembrava un rischio reale, da non correre per nessun motivo al mondo.

Alla fine l’Italia è rimasta quello che è dalla nascita: un paese ingovernabile, o addirittura – come ebbe a dire il presidente del consiglio a cui erano stati affidati a suo tempo da un improvvido re d’Italia poteri eccezionali come a nessun altro – inutile da governare. E se lo diceva lui……

Per settantasei anni abbiamo avuto paura di un esecutivo forte. I nostri governi durano in media 15 mesi, meno del servizio militare di una volta. E combinano altrettanto poco. Prima del fascismo non è che le cose andassero tanto meglio. Mussolini i suoi poteri se li inventò, lo stato liberale fondato da Cavour ed accompagnato ad una difficile crescita da Giolitti, fu spazzato via senza grande fatica degli squadristi, perché lo Statuto Albertino non metteva paletti granché robusti attorno a quel liberalismo che inglesi e francesi, sostenendo Cavour e Garibaldi, avevano cercato di instillare nelle nostre istituzioni e nel nostro corpo sociale.

Dal 1947 i paletti ci sono, invece. Fino ad una certa data, si poteva aggiungere anche un grazie a dio. A destra e a sinistra, nel paese e nel mondo, persistevano ideologie che con la democrazia se la dicevano poco. Meglio allora campare a forza di governicchi poco carismatici, poco programmatici, e addirittura ricorrere agli obbrobri tecnico – balneari che fino agli anni ottanta, più o meno tra la morte di De Gasperi e quella di Moro, hanno reso spesso impresentabili le nostre istituzioni repubblicane.

Caduta insieme al Muro di Berlino, la difesa ad oltranza di un sistema politico bloccato e di una Costituzione spesso malintesa e mal attuata non si giustificava più. Fascismo e comunismo al giorno d’oggi prediligono le grandi macchinazioni economiche, non i manganelli. Vanno combattuti, loro ed i loro eredi, con altri accorgimenti che non quelli elencati nella cosiddetta Parte Seconda, intitolata Ordinamento della Repubblica.

Si può fare, dunque. Ci hanno già provato. A fine secolo scorso, il duo D’Alema – Bassanini fece un casino dentro il Titolo Quinto, e per dirla con Dante il modo ancor ci offende. Forse per questo a Berlusconi e Renzi non arrise poi altrettanta fortuna. Stiamo fermi, disse il popolo sovrano. Non perché ritenesse più intoccabile la Magna Charta repubblicana, ma perché, pur con le migliori intenzioni, dice un vecchio detto che al peggio non c’é mai fine.

Ma cambiare ormai si deve, lo capiscono tutti. Ecco dunque che ci prova la donna sola al comando, che è diventata lo zimbello di una sinistra che adora soltanto i casini che fa lei di persona, eventualmente. Oddio, Giorgia Meloni non è Costantino Mortati, e tra le sue fila non c’é nemmeno una parvenza di simil – Bassanini o Amato, gli apprendisti stregoni di altre atmosfere politiche. Il meglio della attuale è stato Calderoli, lasciamo perdere.

Ma insomma intanto è l’unica ad aver avuto il coraggio di ri-provarci. Mentre la sua dirimpettaia Schlein sta a vociare in Piazza Santi Apostoli e Giuseppe Conte cita addirittura Dolores Ibarruri, a Palazzo Madama la pasionaria di Fratelli d’Italia incassa il primo si in fase di lettura (ne mancano altri tre). Prende e porta a casa, e a Natale chissà che non celebreremo la settantasettesima ricorrenza della Costituzione riscritta in un modo che nessuno poteva immaginare.

D’altro canto, anche la Gran Bretagna madre della moderna democrazia ha avuto la sua donna sola al comando. Si chiamava e si chiama premiership, non fascismo, e nessuno si è mai sentito di sfottere la sig.ra Thatcher per i suoi atteggiamenti e la sua politica. Anche la Francia ha avuto i suoi uomini soli al comando, a cominciare da Charles De Gaulle. Da noi lo chiamavano fascista transalpino, lui sorrideva sprezzante e ribatteva: l’Italia non è un paese povero, ma piuttosto un povero paese.

Non vogliamo più essere poveri. Vogliamo governi che governino, casomai a montare ghigliottine a Place de la Concorde siamo sempre a tempo. Di governi che varano manovre fiscali da ecatombe il giorno prima di Ferragosto non ne possiamo più. Anche perché questi rispondono a tutti meno che a noi, e poi fatto il danno se ne vanno.

Delle due riforme sul piatto delle nostre Camere ci pare semmai più pericolosa l’altra, quella che stabilirebbe l’autonomia differenziata tra le regioni. E’ vero che la filosofia federalista alla quale non abbiamo mai veramente rinunciato vorrebbe che ognuno si governasse da sé; secondo la propria cultura, le proprie risorse economiche, le proprie risorse politiche. Ma sappiamo che la storia d’Italia è andata in un altro modo. La Campania non sarà mai la Lombardia, per dirne due. E’ inutile che il governatore di Napoli dia pubblicamente della stronza (sic!) al presidente del consiglio. Lo stronzo è chi ha ridotto il sud d’Italia in quelle condizioni. Ci mancherebbe anche che adesso quella terra si ritrovasse senza un minimo di finanze per garantire i Livelli Essenziali di Prestazione. In altre parole una sanità ancora da Europa e non da Nordafrica.

Stiamo a vedere. Finora l’onorevole Angelina della Garbatella ha portato a casa ben poco, tante promesse non mantenute o mantenute male, Tante comparsate nazionali e continentali che alla fin fine sanno di poco, condizionate come sono dalla evidente paura di perdere il posto.

Ma la donna sola al comando anche grazie all’insipienza degli uomini di fiuto politico quando vuole ne ha. Sulla riforma della nostra beneamata Costituzione ha capito che può giocarsi il futuro, e giocarselo bene senza fare disastri a sé e soprattutto al popolo che governa.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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