Il 22 agosto 1485 a Bosworth Field scesero in campo per affrontarsi all’ultimo sangue gli ultimi due eserciti dell’Inghilterra medioevale. Sugli scudi i soldati avevano tutti una rosa, cambiava solo il colore. Rossa per la casata dei Lancaster, bianca per il casato di York. Al termine della giornata, sul campo rimase un esercito solo, il primo dell’Inghilterra moderna, ed il suo condottiero Enrico Tudor, Lancaster per parte di madre, fu incoronato Re con il nome di Enrico VII.
Conosciamo la storia da più fonti. Chi ha fatto studi classici, ricorda il Riccardo III di Shakespeare, il re sconfitto e poi ucciso nella piana di Bosworth, invocare prima della fine «un cavallo, il mio regno per un cavallo!». Chi ama la letteratura avventurosa ha letto sicuramente La Freccia Nera, il romanzo più famoso di Robert Louis Stevenson insieme all’Isola del Tesoro. Chi faceva parte del pubblico televisivo negli anni sessanta e settanta ricorda la sua riduzione da parte di Anton Giulio Majano, con Aldo Reggiani e Loretta Goggi nei panni dei protagonisti.
Si chiamò Guerra delle Due Rose. L’Inghilterra era appena uscita da una Guerra dei Cento Anni per ritrovarsi in un’altra che ne sarebbe durata altri trenta. Nel 1453 gli inglesi avevano perso quasi tutti i possedimenti in Francia, conquistati al tempo di Enrico II e di suo figlio Riccardo Cuor di Leone e mantenuti attraverso un secolo di guerre culminate nelle epiche battaglie di Crecy, Poitiers ed Azincourt, nelle quali gli arcieri inglesi si erano conquistati una fama leggendaria.
Indeboliti da una serie di sovrani non proprio abili né carismatici, gli inglesi avevano finito per perdere i territori francesi dei Re Plantageneti, e a partire da quel fatidico 1453 si erano ritrovati nel bel mezzo di una guerra civile. Il legittimo Re Enrico VI era un debosciato epilettico, i due rami cadetti dei Plantageneti erano gli York e i Lancaster, ed entrambi si sentirono autorizzati a sollevare la propria fazione per ascendere al trono.
La storia di Stevenson si situa nel bel mezzo della Guerra delle Due Rose. Dick Shelton è l’erede di una casata spodestata dal malvagio sir Daniel Brackley, formalmente associato ai Lancaster della Rosa Rossa. Sostengono Dick le Frecce Nere, una banda di arcieri fuorilegge che agisce nel solco della tradizione di Robin Hood, facendosi giustizia con lo stesso arco lungo che aveva dato agli inglesi il predominio militare in Europa. Dick si innamora di Joan Sedley, erede della casata di York, costretta a vestirsi da maschio per sfuggire alle grinfie di sir Daniel. Il trionfo finale delle Frecce Nere e dei loro due protetti coincide con l’ascesa al trono del Duca di Gloucester, il malvagio Riccardo III, colui che morirà poi appiedato a Bosworth.
Il resto della storia è noto. I Tudor, a partire dal 1485 avrebbero fatto dell’Inghilterra una potenza mondiale e la campionessa dei Protestanti. Governato dal figlio del vincitore di Bosworth, Enrico VIII, e dalla figlia di costui e di Anne Boleyn, Elisabetta la Grande, il sedicesimo secolo inglese sarebbe stato un’epopea drammatica e gloriosa, dalla scomunica del Papa di Roma che avrebbe dato il via alla Chiesa Anglicana fino alla vittoria sull’Invencible Armada spagnola che avrebbe dato all’isola ai confini d’Europa il predomino sui Sette Mari e sul mondo moderno. Da Tommaso Moro a Francis Drake, la storia inglese del Cinquecento è una storia di giganti, e il suo inizio aveva avuto luogo proprio in quella piana di Bosworth, quando le Due Rose si erano arrossate entrambe a causa del sangue versato per l’ultima volta tra connazionali.
Ma la storia che interessa a noi italiani è un’altra. Più che quella che abbiamo letto da ragazzi sui nostri libri di storia e d’avventura, è quella che la RAI ci mise davanti agli occhi nel 1968. Dick e Joan. Le due Rose. E quelle indimenticabili e meravigliose Frecce Nere……
…musica di trombe, cavalieri al galoppo nella foresta, le mura di un castello avvolto nella nebbia inglese, presagi di guerra, e la musica di Riz Ortolani che catapultava d’improvviso la nostra domenica nel Medioevo, bianco e nero come tutta la televisione di allora, ma vivido come poteva essere soltanto nella nostra fantasia, a cui la RAI ed i migliori registi dell’epoca davano vita in maniera impareggiabile.
La Freccia Nera era il capolavoro di Robert Louis Stevenson, lo scrittore principe del Romanticismo inglese che aveva scritto solo capolavori, l’Isola del tesoro, Il Master di Ballantrae, Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde. I libri su cui avevamo sognato da bambini, fino a che la televisione aveva dato vita, volti e colonna sonora a quei nostri sogni. Era il 1968, Anton Giulio Majano realizzò quello che probabilmente era destinato a restare nella storia televisiva italiana come “la madre di tutti gli sceneggiati”. La sua regia si sposò alla perfezione con la piéce di Stevenson, con la musica di Riz Ortolani e la popolare sigla a cui Sandro Tumminelli aveva dato le parole ed il cantante Leonardo la voce.
“Sibila il vento e la notte s’appresta, e la nera foresta minacciosa si fa…”. Alzi la mano chi era un bambino a quell’epoca e non ha cantato questo motivetto fino all’infinito, il tormentone di quel 1968. Alzi la mano chi, con la famiglia al completo, non si metteva alla televisione la domenica sera dopo cena, per seguire le vicende delle Frecce Nere che si battevano contro il malvagio sir Daniel Brackley, magistralmente interpretato da Arnoldo Foà, il signorotto schierato con la Rosa Rossa dei Lancaster al tempo della Guerra delle Due Rose che insanguinò l’Inghilterra alla metà del quindicesimo secolo. Le Frecce Nere che catturano e poi adottano il giovane Dick Shelton, figlioccio di Sir Daniel ma in realtà figlio di Harry, legittimo signore del feudo ucciso da Sir Daniel stesso, e amico di Ellis Duckworth, capo dei ribelli.
Dick Shelton era lui, il giovanissimo Aldo Reggiani, che insieme alla giovanissima Loretta Goggi tenne avvinta l’Italia per sette settimane nella fuga da Daniel Brackley fino al trionfo ed alla vendetta finali, quando quella fase della guerra terminava (momentaneamente) con la vittoria della Rosa Bianca del Duca di Gloucester. Destinato a regnare come Riccardo III, ed a rimanere nella storia inglese come un sovrano non certo benevolo per i suoi sudditi, che furono ben felici di passare sotto la signoria dei Tudor pur di liberarsi di quel gobbo malefico.
Quante storie racchiuse in quella piccola scatola che proiettava immagini in bianco e nero, e che ci portava lontano, grandi e piccini. Alla fine di ogni puntata, la sigla di Tumminelli cantata da Leonardo era il segnale che la domenica era finita, cominciava un’altra settimana di scuola, in attesa di veder cavalcare di nuovo le Frecce Nere. I padri restavano alzati a vedere la Domenica Sportiva di Alfredo Pigna, noi bambini filavamo a letto, contenti della deroga domenicale all’orario limite di Carosello, pronti a risognare le avventure di Dick e Joan, di Aldo Reggiani e Loretta Goggi, a sentire nei nostri sogni il sibilo della Freccia vendicatrice.
Dick Shelton se n’è andato qualche anno fa a raggiungere le Frecce Nere. Un altro pezzo della nostra infanzia se n’è andato per sempre. Ma basta chiudere gli occhi e…….
“sibila il vento e la notte s’appresta….”
Si è vero che lo spirito del romanzo , la sceneggiatura di Maiano e Failoni la rispetta, però ci sono delle sostanziali differenze. Personaggi come Sir Daniel ( che nel romanzo ha la moglie nel castello di Mothouse) hanno un taglio differente. Il finale è diverso; il conflitto che c’è tra la banda delle frecce nere capeggiata da Ellis e il potere di feudatari come Sir Daniel e’ un conflitto di classe con caratteristiche da rivoluzione armata. Il tutto condito da un ottima caratterizzazione dei personaggi, bravissimi attori di teatro, o attori giovanissimi e emergenti come Reggiani e Goggi, e dialoghi brillanti che rendono uomini del xv secolo persone attuali . Fine 68’’ , quando esce lo sceneggiato c’erano stati prima “I promessi sposi”, “La cittadella “, ottimi sceneggiati, ma girati quasi tutti in interni con una messa in scena di tipo teatrale. La grande innovazione della freccia nera, dove ci sono tante sequenze girate in esterni, e di pregevole fattura ( la battaglia finale nell7* puntata è eccezionale considerando quello che aveva Majano a disposizione). Si può dire che il cinema d’azione irrompa in uno sceneggiato tv, e lo fa in maniera notevole. Più avanti (1975) con “Marco Visconti “ Majano realizza un altro bellissimo sceneggiato, questa volta a colori. Che dire di uno sceneggiato che è rimasto nel cuore di chi l’ha visto da bambino, che ha avuto molte repliche , che ancora viene visto, se no che ha avuto anche un successo a livello europeo, infatti in un intervista lo stesso Majano rideva divertito dicendo che in Spagna in un solo anno era stato replicato tre volte!!! ✋