Primo Piano

La Giornata contro la Donna

L’icona della Giornata contro la violenza sulle donne è un paio di scarpe rosse con un tacco vertiginoso. Icona sexy. Icona stupida e fuori luogo in questo caso. Simbolo erotico tra l’altro tra i più significativi, come sa chiunque possegga un minimo di rudimenti di psicoanalisi.

La maggior parte delle donne che escono di casa ogni mattina, soprattutto per andare a lavorare, quelle scarpe non se le possono permettere, non possono neanche sognarsi di indossarle. Non sono del resto quelle che le indossano le donne che rischiano realmente la violenza.

Quelle scarpe sono prerogativa di una ridotta minoranza. Quella di #metoo. Quella che alla peggio rischia di perdere un contratto per fare un film da protagonista o per scrivere e recitare una qualche boiata che vincerà il Premio Strega o Italia’s got talent.

No, non ci siamo. Una volta di più le donne avrebbero sbagliato strada, se si identificassero in questa campagna e in questa Giornata. Chi lo fa, secondo noi si merita la retorica di regime, dal presidente della repubblica in giù. Vuota e inutile come chi ancora la scambia per orazione civile.

Quest’anno, la giornata contro la violenza sulle donne è preceduta a stretto giro di posta dalla tragica fine di Giulia Cecchetin. E delle altre donne che hanno incontrato analogo destino subito dopo di lei, ma a riflettori spenti, mentre tutti o quasi ci rallegravamo perché la polizia tedesca era riuscita a catturare l’assassino Filippo Turetta, cosa non riuscita – una volta di più, va detto – a quella italiana. Sì, perché le donne muoiono di violenza maschile ormai quasi ogni giorno, in Italia. E molti, se non tutti si illudono che basti la giornata delle scarpette rosse a far pari.

Per far pari davvero, bisogna cominciare adesso a investire in ogni famiglia in un cambiamento culturale, ogni mamma e ogni babbo devono educare ogni loro figlio, maschio e femmina, a quali sono i rispettivi diritti e a come rispettarli. I frutti, ne siamo consapevoli, si vedranno a gioco lungo, ma almeno si vedranno.

Nel frattempo, un paese che comincia ad assomigliare ad uno civile dovrebbe chiedersi se sia lecito continuare ad affidare ancora la giustizia e la nostra stessa sopravvivenza a questa magistratura completamente screditata ed inadeguata, ed a forze dell’ordine che quando vai a fare una denuncia se la cavano allargandoti in faccia le braccia e pronunciando la storica frase: la legge è questa, non possiamo fare nulla.

Possiamo fare molto, anche mentre le donne che segnalano violenze passate, presenti e future tornano a casa deluse da quella frase disarmante dei poliziotti, e magari rischiano di trovare ad aspettarle davanti al loro portone un altro ex compagno omicida.

Possiamo educare i nostri figli ogni giorno, e nel frattempo evitare queste celebrazioni ridicole che servono solo a chi produce e vende scarpette rosse.

 

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento