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La magia perduta del Natale Disney

Il Natale del 1966 arrivò velato di tristezza. I bambini di allora avrebbero ricordato a lungo quel disegno sulla copertina di un celebre settimanale in cui compariva colui che era diventato il loro principale beniamino, l’eroe di cartone preferito, con una lacrima che gli solcava il volto.

Mickey Mouse, Topolino, così dette l’annuncio al mondo della scomparsa di Walt Disney, il suo creatore, il 15 dicembre 1966. La vita a volte è veramente beffarda. Natale da qualche anno non sembrava più neanche Natale se non era accompagnato dall’uscita di qualche magica creazione cinematografica di Disney, con i bambini che prendevano d’assalto le sale portandosi dietro genitori altrettanto entusiasti. Proprio Natale quell’anno si portò via la sua stessa magia, d’improvviso non sembrando più lo stesso. Come se qualcuno avesse rapito per sempre lo stesso Babbo Natale.

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Nata nel 1923, nel 1928, con il cartoon Steamboat Willie, la Disney Productions aveva già creato il suo character forse più famoso ed importante, proprio quel Mickey Mouse che avrebbe pianto per primo la morte del suo fondatore 38 anni dopo. Anche se forse il personaggio più amato in assoluto si sarebbe poi rivelato Donald Duck, Paperino, arrivato il 9 giugno 1934.

Walt Disney nel frattempo aveva saccheggiato il mondo della fantasia rivoluzionandolo per sempre. Fiabe popolari entrate nell’immaginario collettivo da tempo immemorabile non sarebbero più state le stesse dopo essere passate per le sue mani. Uscendone, se possibile, migliorate, più affascinanti.

Dalla favola natalizia per eccellenza, il Canto di Natale di Charles Dickens, ai Fratelli Grimm, a Charles Perrault, ad Hans Christian Andersen, a Felix Salten ed a Sir Thomas Malory, ai miti celtici arturiani, a quelli indiani del Nuovo Mondo e perfino a Shakespeare, da Biancaneve alla Bella Addormentata nel Bosco, da Bambi alla Spada nella Roccia, da Cenerentola alla Regina delle Nevi (Frozen), a Pocahontas, al Re Leone, ai prodotti di culture completamente diverse da quella nordeuropea o anglosassone come il Pinocchio di Collodi e Pierino e il Lupo di Prokofev.

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Grandi classici come il Libro della Jungla di Rudyard Kipling, che fu l’ultimo lungometraggio apparso al cinema prima della scomparsa di Disney nel 1966. Grandi innovazioni come Fantasia, il più riuscito tentativo di sempre di dare forma visiva alla grande musica classica. E poi Dumbo, Lilli e il Vagabondo, La Carica dei 101, e quegli Aristogatti che uscirono soltanto dopo che la Factory era ormai passata nelle mani del nipote Roy, recentemente scomparso anch’egli.

Per i bambini di oggi, dopo l’acquisizione della Lucasfilm, la magia Disney significa soprattutto la saga infinita di Guerre Stellari. L’ascesa di Skywalker, l’ultimo episodio della storia avviata da Lucas nel 1977, è uscito in occasione del Natale 2019 (tanto per non perdere certe buone abitudini) nelle sale di tutto il mondo. Gli spin off si susseguono a getto continuo.

Da anni ormai i personaggi dei film d’animazione Disney non escono più dalla matita dei disegnatori ma piuttosto dai programmi di animazione grafica dei computers. Per disegnare Biancaneve e portarla sullo schermo ci vollero tre anni del lavoro di una squadra di circa dieci disegnatori. Per Frozen Il regno del Ghiaccio, sei anni fa, c’è voluto molto meno, un anno scarso e del lavoro di un esercito di informatici. Il risultato è come sempre un prodotto di fattura eccellente, realizzato alla perfezione nei minimi dettagli. Ma al quale purtroppo ormai manca la cosa principale. Proprio quella che i Troll indicano alla Principessa delle Nevi di Frozen come l’unico rimedio salvifico, «l’unico organo con cui non si può ragionare». Il cuore.

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Ci torna in mente quella lacrima che scende sulla guancia di Topolino, pochi giorni prima di un Natale di oltre cinquanta anni fa. «Se puoi sognarlo, puoi farlo», era il motto di Walt Disney. I suoi eredi ormai hanno mezzi per fare veramente tutto. Ma i sogni e l’anima del loro predecessore, forse, non li posseggono più.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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