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La mortadella di Prato

La mortadella di Prato

La mortadella di Prato

Faceva parte di quei prodotti necessari per riutilizzare parti del maiale che una volta certo non ci si poteva permettere di scartare, sono nate così varie specialità tipiche popolari, una di queste è la mortadella di Prato.

La sua origine si perde nei secoli scorsi quando si iniziarono a raccogliere tutte le parti meno nobili del maiale, lavorarle, speziarle abbondantemente anche con qualche liquore (alchermes), e poi insaccarle e cuocerle perché potessero poi essere conservate e consumate nel tempo.

Precisamente la prima citazione del prodotto è del 1733, quando in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci, è scritto che le monache dei monasteri domenicani di Prato la offrirono agli ospiti come specialità locale.

Con l’aumentare del benessere, nella seconda metà del Novecento, questa produzione era poi sparita, ma è rinata circa trent’anni fa ad opera di alcune salumerie di Prato che la realizzano ciascuno secondo ricette lievemente diverse.

Punto fermo per tutti ovviamente è però il disciplinare che prevede l’utilizzo esclusivo di carne di spalla, rifillatura di prosciutto, capocollo, guanciale, lardo e pancetta. Caratteristico è il suo colore rosso dato dall’alchermes, e i cubetti di lardo bianchi annegati nell’impasto.

Il prodotto viene poi insaccato e cotto, la cottura arriva ad essere lunga tre giorni con temperatura decrescente, seguono ulteriori trattamenti: passaggio in forno a vapore, risciacquatura, raffreddatura, e asciugatura prima del confezionamento.

Autore

Andrea Sarti

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