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La morte della Balena Bianca

Il 22 novembre 1993 era un lunedì. Lo ricordo bene perché nelle prime ore del mattino era nato mio figlio. Erano aperti i seggi elettorali, all’epoca si votava su due giornate. Tornata di elezioni amministrative, importantissime perché arrivavano alla fine di un biennio drammatico: quello di Mani Pulite e di Tangentopoli. Si votava con la nuova legge elettorale, che prevedeva l’elezione diretta di sindaci e presidenti delle province. Si votava soprattutto per sapere se il sistema aveva retto allo tsunami avviato dall’arresto di Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio avvenuto due anni prima ad opera del Pool dei giudici di Milano, o se invece era il momento di stilarne l’atto di morte.

Alle 14,00 si chiusero i seggi, e il medico legale poté stilare il referto. La Prima Repubblica, ed il partito che l’aveva caratterizzata ed egemonizzata, la Democrazia Cristiana, erano morti, da seppellire.

Era una lunga storia cominciata più di cinquant’anni prima quella che si chiudeva. La D.C. era stata fondata nel 1942 in piena guerra mondiale, risorta come l’Araba Fenice dalle ceneri del Partito Popolare di Don Sturzo, uno di quelli che le leggi fascistissime di Mussolini avevano sciolto nel 1926. Con la caduta del regime ormai prossima, c’era da rifondare (sotto il patrocinio e la supervisione degli Alleati) un sistema democratico in Italia.

Manifesto elettorale della D.C. nel 1948

Manifesto elettorale della D.C. nel 1948

Dei partiti che stavano rinascendo in clandestinità, solo quello comunista poteva dirsi organizzato, grazie all’esilio sovietico dove malgrado le persecuzioni staliniane aveva potuto sviluppare e mantenere quadri, organici e risorse di ogni tipo. Malgrado la seconda guerra mondiale fosse ancora tutta da vincere, si intravedeva già la terza, che le potenze antinaziste trionfanti avrebbero dovuto combattere a freddo per non rischiare un olocausto nucleare, ma cionondimeno aspramente e senza quartiere.

Per evitare un’egemonia comunista in Italia serviva un antagonista, un partito che sorgesse dal nulla e in poco tempo fronteggiasse e soverchiasse quello che Togliatti stava riportando in patria da Mosca. Nel paese distrutto dalla guerra alla fine guerreggiata sul suo suolo, soltanto la Chiesa Cattolica con le sue organizzazioni capillarmente diffuse sul territorio sopravviveva, offrendo una base strutturale ad un nuovo soggetto politico.

La Democrazia Cristiana nacque così, per iniziativa di colui che ne sarebbe diventato in un baleno il leader carismatico, Alcide De Gasperi, delfino di Don Sturzo prima del Fascismo, primo capo del governo uscito da libere elezioni dopo di esso. La D.C. fornì una performance elettorale straordinaria, sfiorando da sola nel 1948 la maggioranza assoluta (48%). Fu l’anno della grande paura del Fronte Popolare P.C.I.-P.S.I. L’Italia rimase nel campo occidentale andando a votare in massa sulla spinta dello slogan: nella cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no.

La copertina di TIME del 19 aprile 1948

La copertina di TIME del 19 aprile 1948

Per cinquant’anni, il partito che aveva per simbolo uno scudo crociato fortemente simbolico mantenne il governo del paese grazie ad un sistema che non prevedeva alternanze. Il principale partito di opposizione – l’unico, se si escludono le formazioni estreme di sinistra e di destra e quel Movimento Sociale Italiano tollerato malgrado la clausola costituzionale che vietava la ricostituzione del disciolto Partito Fascista – era oggetto di una conventio ad excludendum. Il P.C.I. non avrebbe mai potuto andare al potere, in ambito N.A.T.O. Gli elettori si rassegnarono a mantenere stabilmente i loro consensi al partito di governo necessario, che ben presto si guadagnò l’appellativo di Balena Bianca. Perché, come una balena, fagocitava e ricomprendeva tutto dentro di sé.

La Balena sopravvisse agli anni di piombo e all’avanzata della sinistra nel decennio 70, sembrò riprendere smalto negli anni 80, quelli del pentapartito a guida condivisa con il nuovo P.S.I. di Bettino Craxi. Arpionata da Mani Pulite, nel nuovo clima instaurato dalla caduta del Muro di Berlino e dalla dissoluzione del blocco comunista nell’Est d’Europa, la balena si arenò senza possibilità di salvezza proprio alle Amministrative del 1993.

Mentre Antonio Di Pietro e gli altri giudici del pool Mani Pulite inchiodavano in TV i suoi capi storici nei processi mediatici che quotidianamente registravano i più alti indici di ascolto della televisione di allora, la D.C. andò alla consultazione elettorale come un condannato al patibolo. Arnaldo Forlani balbettava in risposta alle domande di Di Pietro, e Mino Martinazzoli – l’ultimo segretario del partito – convocava un congresso per la metà di gennaio che tutti sapevano sarebbe stato l’ultimo.

Il P.M. Antonio di Pietro interroga Arnaldo Forlani durante il processo Cusani. Milano, 17 dicembre 1993

Il P.M. Antonio di Pietro interroga Arnaldo Forlani durante il processo Cusani. Milano, 17 dicembre 1993

Uscita con le ossa rotte dalle urne, con un 11% impietoso, la D.C. fu sepolta ufficialmente il 18 gennaio 1994. Una data beffarda, se si pensa che si trattava del 75° anniversario della nascita del Partito Popolare di Don Sturzo. Il Partito Socialista Italiano la seguì a novembre dello stesso anno, quando già la Seconda Repubblica aveva fatto il suo ingresso nella storia con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, il cui movimento Forza Italia aveva ripetuto alle elezioni politiche di quell’anno la prestazione prodigiosa della vecchia D.C. nel 1948.

Ma l’atto di morte era stato stilato quella notte in cui aspettavo la nascita di mio figlio. Quel 22 novembre 1993, mentre lo tenevo in braccio per la prima volta, vedevo scomparire un mondo che era stato bene o male la mia vita e che non avrebbe avuto parte alcuna nella sua. Di cui lui avrebbe letto soltanto sui libri di storia.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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