Calcio

La nascita del gioco del calcio

L’atto di nascita ufficiale del gioco del calcio fu redatto a Firenze il 17 febbraio del 1530. Quel giorno vi fu giocata infatti la prima partita di cui si ha memoria scritta. Mentre le armate dell’Imperatore assediavano la città da tempo per imporle il ritorno dei Medici e la fine della Repubblica, i nobili fiorentini decisero di tirare a Carlo V uno schiaffo morale, mettendosi a disputare una partita di quello che un giorno sarebbe stato conosciuto come calcio storico in Piazza Santa Croce, sotto gli occhi degli Imperiali che osservavano strabiliati dalle colline.

In realtà, il gioco affondava le sue radici nei tempi dell’Impero Romano, come del resto la stessa città che l’aveva inventato. Florentinum Harspatum era il nome con cui era conosciuto al tempo dei Cesari, e praticato un po’ in tutto il loro dominio. Quella del 1530 dunque fu una delle tante, anche se sicuramente la più celebre delle partite. Il gioco proseguì per i due secoli successivi, per estinguersi praticamente insieme alla dinastia dei Medici. Pare che l’ultima partita ufficiale fu giocata a Santa Croce nel 1739, alla presenza di Maria Teresa d’Asburgo, che l’anno dopo sarebbe diventata Imperatrice d’Austria e avrebbe sposato quel Francesco di Lorena destinato ad ereditare proprio la corona granducale dai Medici.

Fu il gerarca fascista Alessandro Pavolini nel 1930, per celebrare la ricorrenza del quattrocentesimo anniversario della storica partita-beffa contro Carlo V, a promuovere la ripresa del Calcio Storico fiorentino. Mentre nel frattempo una sua variante aveva germogliato in Inghilterra prima e nel mondo poi sotto il nome di football, il calcio di Firenze riprese quindi la sua epopea nella cornice tradizionale della Piazza dove in ottemperanza al Regolamento del Giuoco del Calcio (vedi sotto) stilato da Giovanni de’ Bardi nel 1580 si disputava da sempre.

Le sfide calcistiche venivano disputate nei giorni della Festa del Patrono, San Giovanni Battista, con le tradizionali semifinali e finale (il giorno 24, ricorrenza del Santo) disputate tra i quattro rioni storici della Città: i Bianchi di Santo Spirito, gli Azzurri di Santa Croce, i Rossi di Santa Maria Novella e i Verdi di San Giovanni. Con l’unica interruzione dovuta alla seconda guerra mondiale (che non impedì comunque la disputa di una partita vinta nel 1942 dai Rossi sui Bianchi per una caccia e mezza a una), il calcio storico ha onorato San Giovanni e Firenze fino ai giorni nostri.

In alcune occasioni straordinarie il calcio fiorentino è stato giocato anche in altre città, per esempio il 28 agosto 1960, quando si giocò a Roma, a Piazza di Siena, in occasione delle Olimpiadi, oppure il 12 ottobre 1976 quando una partita venne effettuata a New York nell’ambito delle manifestazioni del Columbus Day, nell’anno del bicentenario dell’indipendenza americana. Il 3 luglio 1998 un incontro si disputò nella Place Bellecour di Lione in occasione dei mondiali di calcio francesi.

Gli sbandieratori della Repubblica Fiorentina

Regolamento del Giuoco del Calcio a Firenze
di Giovanni de’ Bardi, 1580
suddiviso in trentatre capitoli

  1. Teatro del Calcio sia la Piazza di S. Croce.
  2. Dal giorno sesto di Gennaio fino a tutto il Carnevale, sia il campo conceduto agli esercizi del Calcio.
  3. Ciascun dì verso la sera, al suono delle Trombe compariscano in campo i Giuocatori.
  4. Qualunque Gentiluomo, o Signore vuole la prima volta esercitarsi nel giuoco: siasi avanti rassegnato al Provveditore.
  5. Facciasi cerchio, e corona in mezzo al Teatro con pigliarsi per mano i Giuocatori; acciò dal Provveditore, e da quei, che saranno da lui a tale effetto invitati, siano scelte le squadre, e ciascuno inviato al posto, ed uficio destinatoli.
  6. Nel Calcio diviso, il numero de’ Giuocatori sia di 27 per parte, da distribuirsi in 5 Sconciatori, 7 Datori, che quattro innanzi, e tre addietro: e quindici corridori in tre quadriglie: tutti per combattere ne’ luoghi ed ordini soliti, e consueti del Giuoco.
  7. I Giuocatori siano a tal fine trascelti, e descritti nella lista, né aggiugnere vi se ne possa, o mutarne.
  8. In vece de’ Mancanti, prima di cominciar la battaglia, proponga il Provveditore gli scambj; I Giudici gli eleggano.
  9. Escano le Schiere in campo all’ora concordata.
  10. Nella comparsa i Primi siano i Trombetti, Secondi i Tamburini, poi comincino a venire gli Innanzi più Giovani, a coppie, di maniera che a guisa di scacchiere nella prima coppia a man dritta sia l’Innanzi dell’un colore, nella seconda dell’altro, nella terza come nella prima, seguendo coll’ordine predetto di mano in mano. Dopo tutti gli Innanzi vengano gli Alfieri a’ quali nuovi tamburi marcino avanti. Appresso loro seguano gli Sconciatori. Dietro questi i Datori innanzi, de’ quali quelli del muro portino in mano la palla. Per ultimi succedano i Datori indietro.
  11. Quel degli Alfieri cui la sorte averà eletto sia alla destra.
  12. Girata una volta la piazza, le insegne diansi in mano de’ Giudici. Nelle livree più solenni, e nelle disfide si consegnino a i Soldati della Guardia del Sereniss. Granduca Nostro Signore, per tenersi ciascuna d’avanti al proprio Padiglione.
  13. Pur nelle livree, e Disfide, il Maestro di Campo, colle Trombe, e i Tamburi avanti, vada il primiero, seguito dagli innanzi del suo colore a coppie, precedenti tutti l’Alfiere, il quale colle genti di suo servizio d’attorno porti l’insegna, seguito poi dagli Sconciatori, e Datori: uscendo di così in ordinanza, ciascuna schiera di per se dal proprio Padiglione, giri sulla man destra tutto il Teatro fino al luogo donde prima partì.
  14. In luogo alto, e sublime, sì che è veggano tutta la piazza, seggano I Giudici. Siano eletti di comun consenso, né concordandosi, de’ proposti dalle Parti in numero uguale, pongansi alla ventura.
  15. Al primo tocco della Tromba, che faran sonare i Giudici si ritirino tutte le genti di servizio, lasciando libero il campo.
  16. Al secondo, vadano i giuocatori a pigliare i lor posti.

    I “calcianti”

  17. Al terzo, il pallaio vestito d’amendue i colori, dalla banda del muro rincontro al segno di Marmo, giustamente batta la palla.
  18. Coll’istesso ordine si cammini, sempre, che per essersi fatta la caccia, o il fallo, debba darsi nuovo principio al giuoco.
  19. Il Pallaio gli ordini de Giudici prontamente, eseguendo sempre, e dovunque bisogno ne sia, la palla rimetta.
  20. Uscendo la palla de gli steccati portata dalla furia de’ Corridori rimettasi per terra in quel luogo dond’ella uscì.
  21. Uscendo la medesima de gli steccati per mano del Datore, (mentre non sia caccia, né fallo) se i Corridori vi saran giunti in tempo, che potessero al nemico Datore impedirne il riscatto, rimettasi quivi per terra; ma non sendo arrivati in tempo, diasi in mano al Dator più vicino, ed allora i Corridori tornino dentro a gli Sconciatori a’ lor luoghi ed ufici, senza perder però l’avvantaggio della piazza già guadagnata.
  22. Sia vinta la caccia sempre, che la palla spinta con calcio, o pugno esca di posta fuora degli ultimi steccati avversarj di fronte.
  23. Sia sempre fallo, che la palla sia scagliata, o datole a mano aperta, sì che ella così percossa s’alzi oltre l’ordinaria statura di un uomo.
  24. Sia fallo eziandio, quando la palla resti di posta fuora dell’ultimo steccato dalla banda della fossa.
  25. Se la palla esca di posta fuori dello steccato verso gl’angoli della Fossa, la linea diagonale della piazza prolungata distinguerà se sia Fallo, o Caccia.
  26. Due falli, in disfavore di chi gli fe’, vagliano quanto una caccia.
  27. Vinta la caccia, cambisi posto. Alle disfide nel mutar luogo l’Insegna vincente sia portata per tutto alta, e distesa, la perdente fino a mezzo bassa, e raccolta.
  28. Rompendosi la palla da’ Corridori, che fossero stati, nell’atto del darle, già fuora degli Sconciatori, s’intenda esser mal giuoco, e da’ Giudici si determini ciò, che sia di ragione.
  29. Nell’interpretare, ed eseguire i presenti Capitoli, ed in ciò, a che per essi non si provede, sovrana sia l’autorità de’ Giudici, e da loro se ne attenda presta, ed inappellabil sentenza.
  30. Vincansi le deliberazioni fra loro, colla pluralità de’ voti.
  31. Un giuocatore per parte, e nella disfida Mastro di campo, e non altri, abbiano autorità di disputare d’avanti a’ Giudici tutte le differenze occorrenti.
  32. Sia spirato il termine, e finita la giornata allo sparo, che sarà fatto d’un mastio subito sentite le 24 dell’oriuol maggiore.
  33. Sia la vittoria di quella parte, che avrà più volte guadagnata la caccia, ed allora le insegne siano dell’Alfiere vincitore: ed in caso di parità ciascuno riabbia la sua.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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