La parola televisione, formata da un prefisso greco (tele = da lontano) e da un sostantivo latino (visione, da video), era arrivata in Italia come traduzione dall’inglese. Lo scettro del primato culturale e tecnologico nel ventesimo secolo stava inesorabilmente passando nelle mani degli anglosassoni.
Dopo aver sviluppato la radio, brevetto dell’italiano Guglielmo Marconi e dello jugoslavo Nikola Tesla, essi stavano mettendo a punto la nuova scatola che oltre al suono riproduceva le immagini. La prima trasmissione a distanza aveva avuto luogo a Londra nel 1925 presso il centro commerciale Selfridges, ad opera dell’ingegnere scozzese John Logie Baird.
La prima televisione a tubo catodico entrò in funzione invece nel 1927 a San Francisco, dove Philo Farnsworth aveva messo a punto un vecchio brevetto dell’ingegnere tedesco Ferdinand Braun. In Italia, l’EIAR cominciò nel 1934 a condurre le prime prove di trasmissioni televisive a Torino in un teatro sperimentale. Nel 1939 entrò in funzione il primo trasmettitore televisivo da 2kw presso la stazione EIAR di Monte Mario, che utilizzava la tecnologia tedesca della Telefunken.
Tutte queste sperimentazioni furono interrotte dalla guerra mondiale. Ci si accorse che le onde trasmesse interferivano con i sistemi di navigazione aerea, e la nascita della televisione in Italia fu rimandata a tempi migliori, anche perché le attrezzature dell’EIAR furono poi smantellate dalla Wehrmacht, a quel punto diventata esercito di occupazione, e trasferite in Germania.
Dopo la Liberazione e la Ricostruzione, il momento della televisione in Italia arrivò il 3 gennaio 1954, allorché dagli studi del Centro di Produzione RAI di Milano la sig.ra Fulvia Colombo annunciò ai pochi fortunati che possedevano i primi apparecchi a tubo catodico che «la Rai, Radio Televisione Italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive».
La neonata televisione italiana rese subito un servizio gradito, facendo in tempo a trasmettere i Mondiali di Calcio del 1954 in Svizzera. Per raggiungere tutte le zone del territorio nazionale impiegò almeno altri due anni. Per inaugurare il secondo canale dovette attendere il 1961, quando già programmi come Lascia o Raddoppia di Mike Bongiorno e Il Musichiere di Mario Riva erano diventati fedeli e inseparabili compagni di molti italiani.
Negli anni 70 anche per la televisione arrivò la fine del monopolio di Stato, con le prime telelibere più o meno nello stesso momento in cui si sperimentavano le prime trasmissioni a colori. Anche qui toccò ad un grande evento sportivo, le Olimpiadi di Montreal nel 1976, fare da apripista e teatro sperimentale, con il derby tra i sistemi PAL e SECAM.
Pochi anni dopo nacque – non senza polemiche in certi casi sfociate in scontri, come quando dovette intervenire il premier Bettino Craxi nel 1984 per impedire un tentativo giudiziario di abbuiamento – il primo network commerciale ad opera del tycoon milanese Silvio Berlusconi.
Il resto è storia nota, la televisione che festeggia oggi il suo sessantaseiesimo compleanno ormai parla l’inglese commerciale delle pay-tv, pay per view, tv on demand. Il digitale ha sostituito il tubo catodico, e la vecchia scatola di Braun e Fansworth ormai si integra completamente con i computer che stanno ereditando la Terra. Un mondo che anche un genio come quello di Nikola Tesla avrebbe probabilmente fatto fatica ad immaginare.
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