In un momento particolarmente difficile parlare di una partita di calcio, diventa un’impresa ardua. Dopo l’anticipo al Franchi contro il Milan (22 febbraio, ndr), la ventiseiesima giornata purtroppo per problemi derivati dai primi contagi del coronavirus è stata annoverata come l’inizio del teatrino messo in scena dai massimi esponenti dell’universo del pallone.
Alcune gare disputate, altre rinviate, compreso il big match tra Juve e Inter, discussioni, polemiche, offese e voce grossa tra i dirigenti pronti a difendere i loro interessi economici. In questa farsa burlesca è, suo malgrado, inglobata anche la squadra viola, che lo scorso sabato, come da calendario, arriva a Udine per il match delle 18 contro i friulani dell’Udinese.
Dopo un batti e ribatti di ipotesi, conferme, smentite, a poche ore dal fischio d’inizio, la gara alla Dacia Arena viene rinviata, come altre sei gare (compreso il big match che aveva scatenato il finimondo). Una settimana allucinante, i numeri dell’epidemia in costante crescita, le zone inizialmente limitate, allargate a macchia d’olio, con regioni e città coinvolte, e dopo diverse posizioni, la decisione finale diventa quella di recuperare le gare a porte chiuse.
Dopo gli egoismi iniziali nell’attuale fine settimana, sembrava che da tutte le parti fosse emerso un senso di responsabilità con una linea comune. Nella notte del sabato antecedente a questi recuperi programmati, un decreto del Governo portava ad altre limitazioni, visto il momento di totale emergenza con contagi e dati aumentati vertiginosamente da un giorno all’altro.
Il pianeta del calcio invece di mandare un messaggio di compattezza, mostrava incertezza e confusione, ma soprattutto un’immagine pessima dagli alti vertici, tutto e il contrario di tutto. Dal ministro dello Sport Spadafora convinto di sospendere il campionato, con il parere favorevole del presidente Assocalciatori Tommasi, ma con l’opposizione della Lega Calcio (che aveva precedentemente rifiutato di dare le gare in chiaro per problemi contrattuali con le pay tv), con un annunciato sciopero dei giocatori, annullato subito dopo.
Nel lunch match delle 12 a Parma le squadre scendono in campo, poi rientrano negli spogliatoi, di nuovo in campo dopo un’ora, la fine della pantomima con il recupero del ventiseiesimo turno come da programma. In questo caos assoluto, di decisioni, smentite, polemiche, comportamenti non condivisibili, in un momento senza precedenti per il paese, e non solo, lo show deve andare avanti, anche senza spettatori. La Fiorentina torna ad Udine, la città dove è scomparso il capitano Astori (ricordato nell’intervallo con una sua immagine sul tabellone) che non sarà mai una trasferta come le altre.
Una partita senza pubblico non sembra neanche una gara, una sorta di allenamento, anche se dopo i risultati del pomeriggio l’unico risultato per i viola sarebbe non perdere. E proprio da questa considerazione viene fuori uno scialbo pareggio, a reti inviolate, un punto che, come si diceva una volta muove la classifica.
Il clima surreale, nell’impianto deserto, lo speaker elenca i nomi dei giocatori, che rimbombano ed echeggiano, l’inno della squadra di casa, e poi il fischio dell’arbitro. I 22 giocatori in campo sembrano recitare una parte, costretti loro malgrado, le voci dei protagonisti, soprattutto degli allenatori, i soli sussulti. Il primo tempo soporifero, il tiro di Mandragora e Okaka, ma è il palo di Milenkovic che sveglia dal torpore generale, le sole note degne di cronaca.
La ripresa sembra meno monotona e scontata, i viola più propositivi, buon possesso palla, spesso costringono gli avversari nella loro metà campo. Nell’ultimo passaggio sprecano un paio di occasioni, nel recupero un diagonale di Chiesa, viene fermato dal portiere Musso. Finalmente il triplice fischio finale come una liberazione.
La sintesi si può racchiudere come la noia nel silenzio di un deserto, totale assordante. Si chiude e si archivia una giornata di campionato, triste e amara, anche se qualcuno si è permesso di festeggiare nel post gara con superficialità e poca sensibilità Il calcio ancora una volta ha dimostrato che rappresenta un pianeta al di fuori della realtà, che privilegia e antepone gli interessi economici anche contro un’ emergenza globale.
In questo momento particolare sarebbe opportuno fermare il carrozzone, con unità d’intenti, a dimostrazione che l’unica necessita è salvaguardare la salute di tutti. Il prossimo martedì ci sarà un consiglio straordinario della Figc, non possiamo sapere quali scenari si andranno a delineare, ma vogliamo augurarci che arrivi un segnale di credibilità anche per il futuro. A noi non resta che attendere e augurarci che presto si possa tornare a raccontare e scrivere, con la passione che ci contraddistingue, dello sport più amato nel mondo.
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