Firenze

La sai l’ultima su Nardella?

Secondo Index Research, azienda milanese specializzata in indagini di mercato e sondaggi di ogni tipo, Dario Nardella è il miglior sindaco d’Italia. O perlomeno, e non è la stessa cosa, il più amato. Interpellati a proposito, pare che il 62,1% dei fiorentini abbia dato questo responso.

Il comprensibile attimo di sbandamento, di perplessità, di destabilizzazione (basta passare un paio d’ore a ridosso della cerchia di viali a Firenze o aver da prendere un pullman o un treno) passa subito, scorrendo la graduatoria dei sindaci italiani in ordine di gradimento da parte delle rispettive cittadinanze stilata dalla Index. Quando leggi che per il 54,3% dei milanesi Giuseppe Sala è il beneamato sindaco, e che addirittura il 44,4% dei romani approverebbe l’operato di Virginia Raggi, ti tranquillizzi. L’estate è tutt’altro che finita, e i giochini da spiaggia con cui quotidiani e settimanali cercano di intrattenere il pubblico sotto gli ombrelloni continuano.

Resta il dubbio di fondo: le nostre città sono diventate come la Raccoon City di Resident Evil, abitate da morti viventi che trangugiano di tutto, anche se stessi per sopravvivere, oppure questi sondaggi sono come quelli che ci propina ogni sera Enrico Mentana dal TG7, autocommissionati, autoreferenziati, autogestiti?

Nel primo caso, chi controlla lo stato di degrado dei nostri cervelli? Nel secondo, chi controlla i campioni usati e le tecniche di rilevamento? In entrambi i casi, chi ce lo fa fare di farci prendere in giro così?

Dario Nardella (unicuique suum, a ciascuno il suo, a Firenze ci è toccato lui, e l’abbiamo votato imperterriti) è l’ultimo in ordine di tempo di una triade di sindaci che hanno segnato irreparabilmente – e aggiungiamo, oscenamente – il volto di Firenze. Le Grandi Opere, una su tutte l’orribile e inutile tramvia, lui le ha ereditate dai predecessori Leonardo Domenici e Matteo Renzi. Più ancora, le ha ricevute in commissione da quella stessa lobby affaristico-politica che governa il capoluogo toscano da decenni e che ha scelto lui come ultimo enfant prodige per portarle a termine.

La Firenze di Nardella è ancora più caotica di quella di Domenici (dove la prima orda di migranti e di risorse etniche poteva permettersi di pisciare a cielo aperto in Piazza del Duomo) o di quella di Renzi che aprì cantieri che sapeva di non poter vedere portati a termine, perché indagini, fallimenti e progettualità estemporanee li strozzarono sul nascere. Ma tant’é, quando si tratta di lavori pubblici in Italia, l’importante è commissionare e avviare.

Dario Nardella è stato solo l’ultimo epigono, quello che ha dato il via – anzi lo start-up come dicono i radical-burocratical chic – ai cantieroni, scatenato il casino, ridotto il traffico e la vita cittadina ad un inferno quale nemmeno Dante Alighieri avrebbe saputo concepire. Senza risparmiare cantierini e cantierucci di contorno, a Firenze non si è mai lavorato così tanto nemmeno ai tempi del Brunelleschi.

Dario Nardella ha escogitato nuove storie come un menestrello d’altri tempi per tenere viva l’attenzione del popolo sul nuovo stadio che né lui né l’amico Della Valle hanno intenzione di costruire, almeno con i propri soldi. Che nel caso di Nardella sono anche i soldi nostri. Che magari, per creare un impianto moderno come hanno ormai in qualsiasi parte d’Europa e del mondo e per alleviare le condizioni del quartiere di Campo di Marte, avremmo speso anche volentieri.

Dario Nardella è quello che passerà alla storia per aver adornato di canotti Palazzo Strozzi, e di merda Piazza della Signoria. Absit iniuria verbis, e con buona pace di Urs Fischer, l’artista svizzero secondo cui quel Big Clay #4 sarebbe una statua. La parola che abbiamo usato è forte, ce ne rendiamo conto, ma d’altra parte l’arte è evocazione e figurazione, ce lo insegnano i grandi critici. E Nardella, con sprezzo del pericolo pari a quello dei sentimenti dei suoi concittadini e dell’immagine della città che amministra, afferma «sono pronto alle polemiche».

Speriamo non anche a ricandidarsi. Speriamo addirittura che nel 2019, quando Palazzo Vecchio tornerà in palio, altri partiti abbiano preso il posto di quello che qui governa dalla caduta della Prima Repubblica, che ha prodotto e ci ha imposto la pessima Triade di cui Nardella è l’ultimo, come Gian Gastone lo fu per i Medici, e che ha segnato irrimediabilmente il volto di questa città per i secoli a venire.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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