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La sconfitta del Mediterraneo e la nascita del mondo moderno

La Battaglia di Lepanto

La Battaglia di Lepanto

C’è stato un tempo, assai lungo, in cui il Mediterraneo fu la culla della civiltà e poi il centro del mondo. Tutto questo finì, o cominciò a farlo, la mattina del 12 ottobre 1492, allorché Rodrigo de Triana dalla coffa della Santa Maria annunciò all’Ammiraglio Colombo ed al suo equipaggio l’avvistamento della prima lingua di terra avamposto del Mondo Nuovo.

Dal momento in cui l’urlo di De Triana squarciò l’aria, il baricentro del mondo cosiddetto civile, eurocentrico, cominciò a spostarsi verso ovest. Un processo che un giorno sarebbe apparso irreversibile, ma che si avviò con fatica, in un secolo – il XVI° – in cui le grandi potenze d’Europa uscite dalla dissoluzione degli Imperi attraverso i Secoli Bui e grazie alla ripresa culturale del Rinascimento si combatterono e vissero sul filo del rasoio di un’equilibrio precario, mentre dispiegavano le vele alla conquista delle terre che Colombo e gli altri navigatori stavano aggiungendo al mappamondo di Tolomeo.

Per circa due secoli, il Mediterraneo rimase di importanza strategica fondamentale, diventando il teatro di uno scontro di civiltà quale forse non si era mai visto nella storia umana. Cristianesimo e Islam erano abituati a confrontarsi duramente, senza quartiere da quasi un millennio. Ma per quanto epiche, la Reconquista spagnola – avviata a Poitiers da Carlo Martello e conclusa a Granada da Ferdinando e Isabella pochi mesi prima che a Colombo venissero consegnate le tre caravelle per il viaggio verso l’ignoto –  e le Crociate erano stati conflitti tutto sommato localizzati.

La caduta di Costantinopoli e la trasformazione dell’Impero Romano d’Oriente in Impero Ottomano con capitale Istanbul nel 1453 incendiò quello che una volta si era chiamato Mare Nostrum, e fece assurgere il vecchio conflitto di civiltà e di religione a scontro globale per l’affermazione di una supremazia geopolitica alla lotta per la quale il progresso tecnologico incentivato dal Rinascimento offrì strumenti fino a quel momento inimmaginabili, e devastanti.

La sconfitta del Mediterraneo (copertina)

La sconfitta del Mediterraneo (copertina)

Leonardo Sampoli, ambasciatore d’Italia a riposo che per quarant’anni ha prestato servizio diplomatico ai quattro angoli del globo, ma che proprio nei due paesi, la Turchia e la Grecia che incorniciano il teatro principale della lunga storia dell’incontro – scontro tra Cristianità e Islam ha lasciato il cuore stabilendo con essi un’affinità culturale elettiva speciale, ci racconta le vicende di questa guerra fredda e calda plurisecolare.  Una guerra solo in apparenza di religione, che costituì l’apoteosi del Mare Nostrum subito prima del suo canto del cigno glorioso, essendo destinato anche e forse proprio in virtù di questo conflitto ad essere relegato a margini sempre meno significativi della storia umana contemporanea.

Il nuovo impulso dato all’espansione islamica dalla predominanza nel campo maomettano del popolo guerriero altaico dei Turchi ai principi del Cinquecento fu vissuto dall’Europa come una minaccia mortale. Il Continente che si stava frazionando politicamente sostituendo la vecchia unità imperiale romana e germanica con l’ascesa di grandi potenze nazionali, aveva trovato il proprio campione nella Spagna, armatrice delle caravelle di Colombo e proprietaria dell’esercito di terra più potente del mondo grazie alla lunga lotta sostenuta per la liberazione dal dominio arabo.

L’autorità del Papa, l’esercito della Spagna e la flotta di Venezia riuscirono a far fronte comune contro lo nero periglio che venia da lo mare. I Turchi, infatti, nel giro di pochi anni riuscirono ad allestire una flotta che, nelle mani di condottieri abili come Khayr ed Dihn Barbarossa, sembrò in grado per lungo tempo, almeno fino alla battaglia di Lepanto del 1571, di fare del Mediterraneo un Mare Suum.

A differenza del mondo islamico, il campo cristiano sembrò tuttavia incapace di far fronte comune a quella che viveva come la minaccia proiettata dall’ombra della Mezzaluna. La Francia dei Valois che si trovava accerchiata dall’Impero su cui non tramontava mai il sole, quello di Carlo V di Asburgo, e che ben presto si era resa conto di aver tutto da perdere fuorché l’onore, infranse il precetto papale contro gli Infedeli e stabilì con la Sublime Porta di Istanbul una regolare ed effettiva alleanza politica e militare, né più e né meno di quanto avveniva tra potenze cristiane.

Su questa novità mai finora sufficientemente analizzata e messa in risalto dalla storiografia ufficiale (almeno nel mondo cosiddetto cristiano, culturalmente parlando) si incentra, e da essa prende le mosse, l’analisi storica dell’ambasciatore Sampoli. La rottura del fronte cristiano da parte della Francia costituisce una delle principali avvisaglie, se non la più importante, di quello che può cominciare a considerarsi come il mondo moderno.

Il lungo confronto tra musulmani e cristiani cessò improvvisamente – e sul momento inavvertitamente – di essere una contesa religiosa, per diventare una assai più prosaica questione di supremazia geopolitica ed economica tipica dei tempi a venire, fino ai giorni nostri.

L’opera di Sampoli, significativamente intitolata La sconfitta del Mediterraneo intendendo analizzare e descrivere quella fase cruciale della nostra storia in cui il Mare Nostrum abdicò alla sua posizione ed alla sua funzione indiscussa fin dai tempi più antichi, è estremamente efficace nel descrivere i complessi rapporti tra potenze che pur combattendosi a morte avevano ormai bisogno l’una dell’altra, interdipendenti com’erano soprattutto sul versante economico. Gli intensi e insostituibili commerci tra veneziani e ottomani erano e restavano fondamentali per finanziare i rispettivi apparati imperiali ed il tenore di vita delle rispettive popolazioni. Paradossalmente, ma neanche tanto nell’ottica proposta da Sampoli, le due potenze fatalmente a maggior quotidiano contatto, la Serenissima e la Sublime Porta, furono quelle che per prime trovarono un reciprocamente proficuo modus vivendi, almeno fino alla guerra di Candia (1645-1669). I loro complessi e variegati rapporti simboleggiano efficacemente il passaggio dalla Storia Antica a quella Moderna.

Guerra di Candia

Guerra di Candia

Nelle relazioni internazionali successive a quella pace di Chateau Cambresis che determinò l’assetto sostanziale di Europa e Medio Oriente per un secolo e mezzo, la Diplomazia cessò tra l’altro di essere un fattore accessorio della storia per diventarne una delle cause determinanti, praticamente dotata di una propria dimensione autonoma. I corpi diplomatici diventarono altrettanto influenti ed effettivi degli eserciti, al punto da non potersi più stabilire, parafrasando il celebre aforisma di von Clausewitz, chi continuava con altri mezzi l’opera di chi.

La sconfitta del Mediterraneo è in sostanza un’opera che promette di diventare fondamentale, aprendo la strada a nuovi percorsi storiografici. E’ un libro che non c’era, e di cui francamente si sentiva il bisogno, nella misura in cui trasferisce ad un periodo storico finora inesplorato in tal senso le tecniche di analisi storiografica tipiche di un Jean Baptiste Duroselle o del compianto professor Ennio Di Nolfo.

Il mondo moderno, come lo conosciamo con tutte le sue complessità, è nato tra Cipro e Lepanto e si è formato sotto le mura di Candia e quelle di Vienna. Sampoli si diverte – e ci affascina – ricostruendo quelle vicende ormai lontane ma a tutt’oggi determinanti, ricorrendo a volte alla tecnica dell’Ucronia, consistente nell’ipotizzare sviluppi storici alternativi partendo da un postulato cambiato, un singolo evento storico immaginato diversamente da come svoltosi nella realtà.

Cosa sarebbe successo se il prode Re di Francia Enrico II di Valois non fosse rimasto prematuramente ucciso dalla lancia del Conte di Montgomery durante un torneo indetto per festeggiare la pace di Chateau Cambresis, con ciò privando il suo paese per lungo tempo di una guida salda? E se Sebastiano I del Portogallo non fosse morto senza eredi, determinando la successione spagnola alla corona portoghese e la successiva alleanza rinsaldata con gli inglesi che aprì loro le porte del Mediterraneo e successivamente quelle di Istanbul (in quanto nemici mortali della Spagna, in ossequio al principio che il nemico del mio nemico è mio amico)? E perché l’Impero ottomano, che pure aveva uno sbocco sull’Oceano Atlantico sulle coste del Nord Africa ed era dotato di una possente flotta e validi ammiragli, non tentò mai la colonizzazione dell’America, trasferendo tra l’altro la conflittualità a livello globale?

La storia fatta con i se non prescinde peraltro ma semmai integra e sostanzia l’analisi storica scientifica. E seguendo Sampoli nella ricostruzione di quegli ultimi giorni di gloria del Mare su cui la civiltà era nata e si era affermata, mentre audaci navigatori aprivano rotte alternative e grandi flotte e valenti ammiragli ne incendiavano le acque in una lotta senza quartiere, si ha la sensazione finalmente di aver intrapreso un percorso di verità storica che possa mettere tra l’altro d’accordo due culture finora in conflitto, sia tra gli studiosi che tra i semplici appassionati, almeno sulla ricostruzione di una storia che ormai si può definire come comune.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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