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La spia che venne dal college

John le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell (Poole, 19 ottobre 1931 – Truro, 12 dicembre 2020)

Lo specchio delle spie nel dopoguerra è stato a due facce. Da un lato, Ian Fleming, che scriveva le avventure di James Bond probabilmente già pensando al set cinematografico. Dall’altra lui, David John Moore Cornwell, che scriveva pensando al servizio che non aveva potuto svolgere in favore del suo paese, e che aveva deciso di rifarsi con la letteratura.

Il grande gioco era nato in Inghilterra, e anche se la logica della Guerra Fredda poneva ormai l’Inghilterra stessa in secondo piano rispetto alle superpotenze USA ed URSS, gli inglesi erano rimasti i maestri di quel gioco. Le coordinate dello spionaggio le hanno date loro a tutti, si gioca a tutt’oggi secondo le regole codificate al tempo in cui MI5 ed MI6 controllavano il mondo.

Se lo 007 di Fleming era un tentativo di adeguare gioco e regole ai tempi nuovi, più spettacolari, come imponeva il sopravvento della politica all’americana sia dietro che davanti alle quinte, le spie venute dal freddo di Le Carré erano tutte, dalla prima all’ultima, una concessione piuttosto alla nostalgia per un tempo che non c’era più: quello in cui la Gran Bretagna governava il mondo dando l’impressione che tutto fosse business as usual.

Il giovane David era nato nel Dorset, sudovest dell’Inghilterra, a due passi da quella Cornovaglia di cui portava il nome, anzi, il cognome. Figlio di genitori separati, studente brillante come richiedeva la sua condizione di ragazzo abbandonato al college come gran parte dei suoi coetanei inglesi ma che non tornava mai a casa neanche per le feste come la maggior parte dei suoi coetanei figli di separati (ricordate il ragazzino che fa amicizia con il professor Jim Priddeaux ne La Talpa? decisamente autobiografico….), Cornwell si laureò presto in lingua e letteratura tedesca, altrettanto presto entrò al Foreign Office (come molti suoi brillanti coetanei usciti finalmente da quei benedetti college e da quelle benedette famiglie), ed in men che non si dica finì arruolato nell’MI6.

David Cornwell a Londra nei primi anni sessanta

David Cornwell a Londra nei primi anni sessanta

La carriera dell’agente segreto David Cornwell avrebbe potuto essere probabilmente brillante, se non fosse stata troncata dallo scandalo che mise fine al mito dei servizi segreti inglesi e gli sostituì la leggenda del KGB, il servizio avversario sovietico capace di mettere in ginocchio la Gran Bretagna e con lei anche gl Stati Uniti semplicemente infiltrando propri agenti doppiogiochisti là dove si riteneva che non fosse possibile: nel cuore dell’MI6.

L’agente Cornwell aveva già scritto il primo dei suoi romanzi, Chiamata per il morto, anno 1961 (sotto pseudonimo, ovviamente, ribattezzatosi John le Carré), quando il cerchio si strinse attorno a Kim Philby, la Talpa per antonomasia. L’Inghilterra, che aveva vinto la seconda guerra mondiale anche e soprattutto grazie ai suoi servizi segreti, andò vicina a perdere la terza sempre grazie a loro. Philby faceva parte di una gioventù dorata, una generazione di studenti di Oxford e Cambridge che negli anni 30 si erano intellettualmente infatuati del comunismo sovietico, e si erano legati al KGB con la motivazione di combattere il nazismo prima (in un momento in cui sembrava che Stalin fosse l’ulltimo e l’unico baluardo) e l’ingiustizia sociale del capitalismo poi.

Richard Burton è Alec Leamas in La spia che venne dal freddo

Richard Burton è Alec Leamas in La spia che venne dal freddo

Fuggendo in Russia nei primi anni sessanta, Philby fece saltare la copertura di molti agenti britannici ed americani, tra i quali appunto David Cornwell. Che si ritrovò ad essere John le Carré e basta, ed a cercare le proprie rivincite attraverso i propri romanzi. Ne La spia che venne dal freddo aveva raccontato la guerra sotterranea di confine tra le due Germanie, prima della costruzione del Muro. Ne La Talpa, raccontò a modo suo, romanzando quanto bastava, la caccia a Philby ed il duello a distanza con il suo reclutatore, quel Karla che assomigliava tanto ai Beria che avevano spiato per Stalin.

Alec Guinness è George Smiley ne La talpa

Alec Guinness è George Smiley ne La talpa

Protagonista di ogni capitolo di questa epopea spionistica sempre lui, George Smiley, l’antieroe per definizione, dall’aspetto di uomo qualunque, burocrate incolore di Whitehall, personaggio che suscita poche simpatie umane, tradito dalla moglie, disprezzato da superiori e colleghi anche a causa di quella sua anonimità. Ma dotato di un cervello eccezionale capace di riannodare e tenere insieme i fili di trame planetarie lottando a distanza con il suo alter ego sovietico fino alla vittoria finale. Per la quale nessuno lo ringrazierà. Gli agenti segreti non ricevono medaglie in pubblico, anche dopo il crollo del Muro ci saranno tante cose che non possono essere rivelate. Il gioco continua. Con altri attori, semmai, ma continua.

John Le Carré è stato un grande scrittore, che ha raccontato storie e personaggi che conosceva meglio. La sua prosa non è facile da seguire, perché dà per scontato che ognuno si cali agilmente in quel mondo in cui lui può fare da guida come nessun altro. Un mondo dove la parola d’ordine è deception (inganno), niente è quello che sembra, l’amico è spesso il traditore, l’avversario è spesso il migliore alleato. Perché nella guerra sotterranea combattuta dalle spie, l’unico che può capirti veramente è quello che sta dalla parte opposta a te, il tuo nemico. L’unico che ha i tuoi stessi veri nemici, annidati negli stessi apparati che dovrebbero coprirti le spalle.

E’ stato il compagno di lettura, delle migliori letture, dei nostri anni migliori. Quelli che paradossalmente sono finiti proprio con la Vittoria, il crollo del Muro, la fine dell’Unione Sovietica, della Guerra Fredda. L’illusione che cominciasse un mondo finalmente migliore, e invece ne cominciava un altro ancora più complicato, dai contorni ancora più sfuggenti, senza più la pur fallace convinzione che esista un bene e un male, una parte giusta ed una sbagliata, una vittoria ed una sconfitta.

JohnLeCarre201214-003Il suo primo romanzo dopo la fine dell’URSS e del KGB si chiamava La pace insopportabile. Era un titolo emblematico. Credevamo in tante cose, appunto, e tra queste che si fosse esaurita la materia prima che alimentava la vena letteraria e intellettuale di John Le Carré. E invece i tempi nuovi già lo richiamavano in servizio, insieme a tutti noi. Il titolo del romanzo successivo di Le Carré fu La passione del suo tempo, più emblematico che mai, e tutti ci gettammo a leggerlo con avidità. La Guerra Fredda ci mancava, e fu un sollievo scoprire che continuava con nuovi attori, nuove strategie e nuove armi, e la stessa fredda, gelida, dissimulata crudeltà di sempre. Ma soprattutto, che il suo cantore principale era sempre all’altezza.

L’ultimo suo libro, La spia corre sul campo, era uscito nel 2019. A ottantanove anni il cervello di John Le Carré era davvero ancora all’altezza di raccontarci ciò che succedeva dietro le quinte del nostro mondo all’apparenza così follemente spensierato. E al termine di un anno come questo che stiamo vivendo sarebbe stato lecito aspettarsi che fosse lui a raccontarci cosa è realmente accaduto in quel laboratorio, di chi era la mano che ha lasciato cadere la provetta e ha fatto sì che il virus che porta il nome di una agenzia segreta del male, come la Spectre del collega Fleming, si disperdesse nell’aria per dirigersi subito sparato, guarda un po’, verso il mondo occidentale come i vecchi nemici di una volta.

Non succederà, quel libro non uscirà mai. David Cornwell in arte John Le Carré è venuto a mancare a Truro, a due passi da Land’s End, Cornovaglia a causa di una polmonite che visti tempi che corrono si potrebbe definire anche banale. Non lo ha sconfitto il Covid, ma il libro che racconta della battaglia per smascherare i suoi propagatori lo scriverà qualcun altro. O magari dovremo scrivercelo da soli.

Del resto, ci ha insegnato lui come fare. Eravamo con lui, quando George Smiley catturò la Talpa e rimise in piedi il Circus, il nostro vecchio caro MI6. Nella nostra biblioteca, le sue storie ci sono tutte. E il servizio segreto grazie a lui, per noi affezionati lettori fin dai tempi di quella spia che veniva dal freddo, non ha più segreti.

Rest in peace, mr. Cornwell. In your loving memory.

Sean Connery e Michelle Pfeiffer nella riduzione cinematografica di La Casa Russia

Sean Connery e Michelle Pfeiffer nella riduzione cinematografica di La Casa Russia

«Non siete forse gentiluomini che mentono per il bene del paese?»

«Quelli sono i diplomatici. Noi non siamo gentiluomini.»

«Allora mentite per salvare la pelle.»

«Quelli sono i politici. Tutta un’altra storia.»

(John le Carré, Il nostro traditore tipo)

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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