Tennis

La tigre è ancora viva

E dunque Novak Djokovic si aggiudica il torneo Slam numero 24 agganciando il record assoluto di Margaret Court Smith. A luglio dopo Wimbledon era giudicato meritatamente finito, da gente che sa di tennis come di medicina e che si spellava le mani applaudendo la nouvelle vague Alcaraz. Sogghignando magari perché il ribelle no-vax aveva avuto quello che si meritava, appunto.
Chi ha giocato a tennis anche solo un minimo sa che chi si merita di sparire sono piuttosto certi eroi di plastica creati dallo star system tennistico prima, dopo e durante l’era di Novak Djokovic. Di sicuro, ci sentiamo di dire, Carlos Alcaraz ne ha da mangiare di pappa prima di poter dare del tu a Nole.
Il quale Nole non si droga, sia chiaro, ed è l’unico su cui se proprio vogliamo dirla tutta mettiamo la mano sul fuoco. Non si rinuncia all’anno migliore della carriera (il 2022 in cui avrebbe potuto mettere a segno il Grande Slam eguagliando Budge e Laver, i più grandi finora) se si è in qualche modo familiari al doping. Si sarebbe drogato per vincere così come per il covid, se fosse stato quel genere di persona.
Chi ha combattuto i letali vaccini anti-covid, sa bene che i 36 anni di Djokovic reggono in campo solo grazie ad un fisico integro e ad un maniacale allenamento.
Mi piace Nole, gioca a tennis come faceva Jimmy Connors, never surrendering, mai morto. Mi piace perché è un uomo vero, a differenza di altri. All’inizio non mi era simpatico, ma per arrivare dov’é lui adesso non bisogna essere simpatici, bisogna avere un carattere da fighter. I famosi occhi della tigre.
Mi piace Nole, perché ha la maglia numero 24, quella di Kobe Bryant, il Black Mamba, un altro che se non fosse andato incontro al suo tragico destino pochi giorni prima dell’arrivo della pandemia avrebbe potuto dimostrare di che pasta era fatto anche fuori dal campo, ne sono convinto.
Adesso a Djokovic resta solo da fare 25, e cancellare dai ridicoli e inutili albi d’oro tutti i buffoni che l’hanno preceduto. E zittire tutti i buffoni che, tra gli addetti ai lavori stipendiati ed il pubblico in vario modo dopato, l’hanno maledetto negli ultimi due anni.
A tennis si gioca così. Come nella vita di tutti i giorni.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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