Nessuno si ricorda più di Alice Stokes Paul, eppure ogni volta che si torna a votare per una qualche elezione ogni donna dovrebbe rivolgerle almeno un pensiero colmo di gratitudine.
Era nata il 12 gennaio 1885 a Paulsdale nel New Jersey da una famiglia di quaccheri. La sua religione prevedeva l’eguaglianza di tutti gli esseri umani, quindi anche di uomini e donne. Diplomata in Sociologia e poi laureata in Scienze Politiche all’Università della Pennsylvania con una tesi sulla posizione legale delle donne in quello Stato, si era ben presto convinta che l’emancipazione delle classi sociali non privilegiate dall’ordinamento vigente procedeva troppo a rilento.
Per porre rimedio al problema della povertà, dell’analfabetismo, delle malattie e della mancanza di diritti civili effettivi era necessario cambiare le leggi vigenti. E per farlo era necessario, essenziale il voto delle donne. Durante gli studi, aveva trascorso un periodo in Inghilterra appassionandosi alla lotta delle suffragette, di cui aveva apprezzato la tattica di confronto, apertamente conflittuale nei riguardi delle autorità.
Tornata negli Stati Uniti, decise di introdurvi quella tattica per sensibilizzare più rapidamente l’opinione pubblica. Nel 1913, un anno dopo la laurea, era a Washington, determinata a influenzare il movimento delle suffragette americane. La strategia di queste ultime prevedeva fino a quel momento la conquista graduale del diritto di voto in uno Stato alla volta. Alice Paul in poche settimane organizzò un movimento di protesta scaturito in una marcia lungo Pennsylvania Avenue per richiedere nella forma più clamorosa possibile un emendamento alla Costituzione americana che stabilisse il diritto di voto delle donne in tutti gli Stati Uniti e subito.
La marcia ebbe luogo il giorno 3 marzo 1913, il giorno prima che il nuovo presidente Woodrow Wilson entrasse in carica. L’intento era quello di inaugurare la sua amministrazione presentandogli una nuova generazione di donne americane determinate ad avere il suffragio universale. Le donne in marcia furono fatte oggetto di aperte manifestazioni di ostilità da parte di polizia ed astanti lungo la Pennsylvania Avenue, ma in definitiva ottennero ciò che Alice Paul si proponeva: l’attenzione dell’opinione pubblica.
Per sette anni, la Paul e le sue compagne divennero una spina nel fianco per l’amministrazione Wilson, moltiplicando le pubbliche dimostrazioni attraverso una escalation che si spinse fino al picchettaggio della stessa Casa Bianca. I discorsi di Wilson vennero pubblicamente bruciati, a sottolineare l’ipocrisia di una presidenza che si batteva per la democrazia in Europa (erano gli anni in cui scoppiava la Prima Guerra Mondiale) e trascurava la sua assenza nel proprio paese.
Ad un certo punto la National American Woman Suffrage Association prese le distanze da Alice Paul, ritenendo le sue azioni troppo radicali. Lei non si perse d’animo e fondò un nuovo movimento, il National Woman’s Party, con il quale proseguì la sua lotta.
Nel National Museum of American History allo Smithsonian è conservato un cimelio significativo a testimonianza del momento più drammatico della lotta di Alice Paul e delle suffragette per il diritto di voto. E’ una piccola spilla a forma di porta di una cella di prigione con la serratura a forma di cuore. Un piccolo oggetto a ricordo perenne di un grande coraggio. Nel gennaio del 1917, scoraggiata dal continuo rifiuto del presidente Wilson di farsi promotore del sospirato emendamento, la Paul decise il picchettaggio della Casa Bianca.
Nessuno aveva mai osato tanto. Le sentinelle silenziose che sostavano davanti all’ingresso presidenziale con ogni clima ed incuranti di qualsiasi provocazione o aggressione divennero una vista consueta, così come i loro cartelli che portavano su scritto: Fino a quando signor presidente Wilson le donne dovranno attendere la loro libertà?, Che cosa farà signor Presidente Wilson per il suffragio femminile?
E poi, il più bruciante: Kaiser Wilson, hai dimenticato la tua simpatia per quei poveri tedeschi privi di auto-governo? 20 milioni di donne americane non hanno l’auto-governo. Togliti la trave dall’occhio!
Il riferimento evidente era all’ipocrisia di una amministrazione che si stava adoperando per portare il suo paese in guerra a difesa della democrazia all’estero, quando essa non era assicurata sul proprio territorio. Le parole stesse di Wilson gli venivano abilmente ritorte contro.
Con la scusa dello stato di guerra a cui non si uniformavano lealmente, le suffragette furono stavolta aggredite con violenza e i loro cartelli distrutti. La polizia le arrestò spesso con l’accusa di ostruzione al traffico. Al loro rifiuto di pagare la contravvenzione, le tradusse in prigione. Dove cominciò il capitolo più difficile della lotta degli angeli d’acciaio.
Quando la Paul e altre compagne iniziarono uno sciopero della fame per vedersi riconosciute lo status di prigionieri politici, le autorità disposero che venissero nutrite con la forza. Una procedura invasiva e dolorosa, Alice Paul aveva già soferto un simile trattamento in Inghilterra, sapeva cosa aspettava lei e le sue compagne, tuttavia non si tirò indietro nemmeno stavolta. In quanto organizzatrice, a lei toccò il trattamento più duro, che vide anche il suo internamento in manicomio.
Nel frattempo, però, la libera stampa americana non mancò di documentare e riportare all’opinione pubblica l’ingiustizia e l’inumanità del trattamento a cui venivano sottoposte le suffragette, costringendo alla fine il governo a liberarle nel novembre del 1917, mentre da un’altra parte del mondo la Rivoluzione d’Ottobre dimostrava cosa poteva succedere in un paese in cui troppo a lungo venivano negate libertà fondamentali.
Nel dicembre successivo, le suffragette sopravvissute al carcere furono insignite dalle loro compagne in una pubblica cerimonia delle spille d’argento. Fisicamente provata, Alice Paul tuttavia si presentò alla cerimonia, nonché alle manifestazioni successive.
Finché il 18 agosto 1920 il 19° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America fu ratificato. Il primo passo per l’eguaglianza effettiva dei diritti, per conseguire la quale Alice Paul avrebbe continuato ad impegnarsi, fino al punto di ritornare a scuola. Nel 1923 conseguì la laurea in Giurisprudenza. Nello stesso anno scrisse il testo del Equal Rights Amendment, inteso per dare effettiva sostanza ai diritti delle donne nella società americana. Quell’emendamento ci avrebbe messo quasi cinquant’anni per essere finalmente approvato dal Congresso degli Stati Uniti, nel 1972.
Alice Paul non fece in tempo a vedere tutti e cinquanta gli Stati membri dell’Unione ratificare l’emendamento. Morì il 9 luglio 1977 all’età di 92 anni, quando ormai la battaglia delle suffragette aveva prodotto i suoi risultati in tutto il mondo occidentale.
La sua vicenda e quella delle sue compagne è stata raccontata dal film di Katja Von Garnier del 2004, Angeli d’acciaio, in cui è interpretata da Hillary Swank. Non essendo un film destinato per le sale ma solo per la TV, non ha potuto partecipare ai premi Oscar di quell’anno, ma solo ai Golden Globe Awards.
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