L’hanno chiamato flash mob ittico, in breve tempo tutta la terminologia legata al recentissimo fenomeno delle piazze anti-Salvini ha assunto una connotazione peschereccia. A volte le campagne propagandistiche nascono e si sviluppano per caso, basta una battuta («Venite in Piazza Grande, saremo tanti, staremo stretti come sardine»).
La sinistra è alla disperata ricerca di qualcosa da contrapporre alla valanga di centrodestra, che promette di continuare sul piano elettorale anche alle prossime consultazioni regionali: dopo l’Umbria, a gennaio potrebbe essere la volta dell’Emilia Romagna, roccaforte rossa sempre più ex. E poi, della Toscana. E poi infine di Roma e del governo nazionale.
Ecco allora la brillante idea di sfidare il leader leghista sul terreno dove finora ha vinto le sue battaglie più clamorose e importanti. Le piazze italiane stanno a Matteo Salvini come Austerlitz a Napoleone. Riempiamo la Piazza Grande, si son detti Andrea, Giulia, Mattia, Roberto, i quattro ragazzotti che improvvisamente si son trovati elevati al rango di opinion leaders da un movimentismo che di opinioni ne ha poche, e se ne ha sono sempre più confuse.
I numeri del resto erano e sono poco incoraggianti. Si fa retorica e prosopopea di 10.000 persone in piazza a Bologna e dei 7.000 pochi giorni dopo a Modena, e fa un po’ tenerezza se ciò viene confrontato con i 200.000 della romana Piazza San Giovanni. In fondo, verrebbe da dire, tutto dipende dalla piazza che chiedi in uso alla Questura. Se Roma ha piazze più grandi di Bologna, a chi ne vogliamo fare una colpa?
Sul piano dei contenuti, l’asino casca poi ancora più malamente. Non si va oltre gli slogan: Bologna si slega, Bologna non abbocca, tutti termini da pesca a strascico. Parafrasando Eugenio Montale, non chiedete a queste adunate una parola che sappia di programma politico, anche lontanamente.
E’ una sinistra alla frutta quella che si raccoglie sotto la bandiera che pavesa le sardine e inalbera gli slogan sleghisti. Poi senti parlare in TV il capo della Banda dei Quattro; questo Mattia Santori che dopo una breve indagine su internet scopri – o forse è meglio dire: smascheri? – essere uno dei collaboratori saltuari di Energia, rivista trimestrale di divulgazione scientifica fondata nientemeno che da Romano Prodi, assieme ad Alberto Ciò (l’uomo che nel 1978 ospitò la celeberrima seduta spiritica del piattino per ritrovare Aldo Moro, rapito dalle Br) e con la benedizione di Sabino Cassese (ex Gran Sacerdote della Costituzione come giudice della Consulta).
Basterebbe questo a farci voltare pagina, anzi, cambiare decisamente rivista. Ma poi capita appunto di ascoltare in TV un paio di battute del Santori: «Noi in Emilia Romagna non vogliamo la narrazione di Salvini». «Noi non ci occupiamo di politica, siamo apartitici». Fermi tutti, le abbiamo già sentite queste frasi? Pare proprio di sì. La volta precedente volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, questi qui ora preferiscono inscatolare sardine. Siamo ad una fase ancora più rudimentale, se possibile. Pesca a mani nude, o con il bastone.
Siamo all’ABC della democrazia. Quella in cui bisogna spiegare a questi ragazzotti, a cominciare dal Santori, che la narrazione, nel gioco in cui si sono messi – o hanno tentato di mettersi – di traverso, la stabilisce il popolo. Non quello delle poche migliaia che riusciranno a portare in qualche piazza a cavallo dell’Appennino Tosco-Emiliano nelle prossime settimane, ma quello che va a votare, e che di movimenti apartitici che poi la sera vanno a riportare slogan e striscioni nelle sedi di partito ne ha abbastanza.
A Santori non possiamo far altro che consigliare di ripresentarsi dopo aver studiato un minimino, come dicevano quei professori di una volta, un po’ più esigenti di Romano Prodi. Nel frattempo, per rifarci la bocca da un pesce avariato che comincia a puzzare ben prima dei fatidici tre giorni, segnaliamo l’ennesimo colpo di genio della Lega, che ha prontamente risposto alla campagna #SardinecontroSalvini con la sua #GattiniconSalvini.
Stamatina i social networks sono pieni di divertenti vignette in cui simpatici felini tengono in bocca sardine sfilate da scatolette aperte. Non c’é niente da fare, Lega e centrodestra sono avanti di molti passi, troppi per questa sinistra. Per non parlare poi della percentuale di voti.
Verrebbe voglia di salutare quei ragazzi di cui sopra e le loro truppe variamente composite (molti parlano della presenza a Bologna e a Modena di diversi – chiamiamoli così – migranti, sarà mica un effetto del paventato Jus Culturae?) con un ci si vede in padella. A meno che il governo Conte Bis non decida di tassare anche l’olio da frittura.
In tal caso basterà l’appuntamento elettorale a levare a grandi e piccini la voglia di ruzzare.
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