Stavolta Colombo non bacia la sabbia di San Salvador, ma la terra ostile di Minneapolis
Un balordo afroamericano viene abbattuto a Minneapolis da un balordo di poliziotto bianco. Dovrebbe essere ordinaria per quanto tragica amministrazione in un’America che di vicende come queste è abituata a gestirne quotidianamente da tempo ormai immemorabile. Il paese che dopo la Guerra Civile ha in qualche modo sublimato il razzismo moderno ha sviluppato d’altro canto anticorpi in grado di far pagare il conto di simili nefandezze anche a chi veste una divisa (cosa che per esempio in Italia ci sogniamo, caso Cucchi – sponsorizzato peraltro da una certa forza politica – a parte), senza che la questione necessariamente degeneri in una nuova recrudescenza di odio interetnico.
E invece, eccoci tornati di colpo a Los Angeles nel 1992, o in Alabama alla fine degli anni sessanta. Ci mancano solo le Black Panthers e l’intervento della Guardia Nazionale. Il fatto è, a ben vedere, che i disordini che scoppiarono in California dopo l’omicidio di Rodney King e quelli che tennero banco in America per tutti gli anni sessanta erano fenomeni genuini, oltre che giustificati. Stavolta invece il tutto sa di posticcio, di anti-Trump, di ennesimo tentativo di buttarla in caciara da parte di una left-wing che altrimenti si avvierebbe ad un mese di novembre abbastanza deprimente, con la riconferma a furor di popolo del presidente in carica per un secondo mandato.
Finita in buffonata la vicenda dell’impeachment, con la fattucchiera Nancy Pelosi ritiratasi nel suo nascondiglio segreto nel Vesuvio come la strega Amelia dopo ogni batosta subita da Zio Paperone, bisognava che si inventassero qualcosa quelli del PD americano. Il PD italiano si inginocchia alla memoria del tossico balordo in pieno parlamento (mentre riprende ad importare nel nostro paese a tutta manetta migranti tutt’altro che a prova di Covid e di altre magagne). La casa madre di oltre oceano si mette invece alla testa del movimento anti-Colombo e se la prende con le sue statue commemorative manco fossero quelle di Lenin e Stalin nell’Est europeo nell’89.
Abbiamo da tempo la sensazione che, con buona pace dei movimenti New Age di tutto il mondo, non stiamo entrando nell’Era dell’Acquario ma piuttosto in quella dell’Imbecille. La borghesia radical chic e degli affari che cerca con ogni mezzo – meglio se illecito e annaffiato di corruttela – di mantenere il potere conseguito per vie traverse al principio del nuovo secolo e le minoranze etniche che su suo ordine si scagliano contro le statue del nostro Navigatore hanno in comune una sola cosa, ma decisiva: una profonda ignoranza.
La parola d’ordine, sostenuta in malafede o sotto il mancato effetto di cicli di pubblica istruzione attraversati indenni come salamandre nel fuoco, è che Cristoforo Colombo era razzista. L’italiano che portò gli spagnoli a colonizzare il continente americano sarebbe responsabile delle sofferenze dei nativi americani e dei latino americani sopravvissuti ai Conquistadores. Come dire che Giulio Cesare era fascista, perché fondò l’impero romano, o Nerone antisemita, perché dette la colpa dell’incendio di Roma agli ebrei. Aspettiamoci di tutto, da gente che ha seduto sui banchi di scuola per mera casualità e senza lasciarsi permeare da alcuna nozione. Florence Nightingale ha creato la sanità basata sulla carta di credito dei paesi anglosassoni. Santa Caterina da Siena era una antesignana di Ursula von der Leyen. Napoleone era un nazista, la Marianna un troione parigino di metà ottocento. E via di seguito.
Vai a spiegare loro, a questi precolombiani dei nostri giorni che sfogano la loro rabbia iconoclasta sotto gli occhi compiaciuti dei progressisti di Wall Street e del Greenwich Village, che la loro civiltà sconvolta dal bieco Colombo si fondava su amenità come i sacrifici umani (il cuore veniva strappato alle vittime ancora vive) e che in molti casi furono gli stessi Indios a rivolgersi a Colombo ed agli altri ammiragli europei affinché li liberassero dei civilissimi Maya, Aztechi e compagnia bella. Certo, gli spagnoli non ebbero la mano leggera con chi trovarono sulla loro strada dopo lo sbarco a San Salvador. Lo fanno tutte le civiltà quando sono in vantaggio sulle altre, dal tempo della scoperta del fuoco ad oggi. Se fossero stati gli Inca a sbarcare a Palos nel 1492, è da dubitare che i malcapitati europei avrebbero avuto una sorte migliore.
I nostri progressisti, vale la pena ricordarlo, si genuflettono in compenso al più incivile, brutale e pericoloso dei paesi del mondo, la Cina. La morale di questi tempi è complicata, molto complicata. Subisce oscillazioni come lo Zodiaco. Indro Montanelli per esempio era fascista negli anni settanta, l’eroe della sinistra post-comunista negli anni novanta, ora è di nuovo fascista. Guai alle sue statue. Si può solo consolare del fatto che in Inghilterra non sta andando meglio alle statue di Winston Churchill, grazie anche lì ai migranti accumulati con troppa disinvoltura.
Qualche anno fa, la municipalità di San Francisco (non per nulla battezzata originariamente dagli spagnoli Yerba Buena, erba buona, ci sarà stato un motivo) dichiarò che il Columbus Day, quel 12 ottobre che una volta si studiava a scuola e che ci inorgogliva così tanto, sarebbe stato celebrato d’ora in avanti come Giornata commemorativa delle vittime native americane di Colombo & c.
Crediamo davvero che siamo arrivati all’Età dell’Imbecille. E che la pubblica istruzione in mano a gente come la signora Azzolina farà ben poco per mitigarne gli effetti.
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