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Like a rolling stone

«Per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana». Fu la motivazione con cui il 13 ottobre 2016 la Reale Accademia di Stoccolma conferì il Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan. Decisione controversa, a giudicare dalla reazione di una opinione pubblica che si divise fortemente, dimostrandosi più scolastica di quello che i tempi moderni suggerirebbero. Evidentemente musici e letterati non amano mescolarsi, neanche nel 21° secolo.

Eppure se c’è uno che dovrebbe mettere d’accordo tutti, artisticamente parlando, è proprio Bob Dylan. Nella sostanza della sua arte come nella forma dei records stabiliti. E’ l’unico artista della storia ad aver vinto sia il Nobel che l’Oscar (2001,  Things Have Changed, colonna sonora del film Wonder Boys) assieme a George Bernard Shaw. Oltre ad una quantità sterminata di altri premi.

Tra tante decisioni spiazzanti, il Nobel a Dylan per una volta è un colpo di genio della Reale Accademia. I poeti non conoscono i confini di genere. Tanto più quando i poeti hanno già fatto sapere da tempo come la pensano al riguardo. Bob Dylan aveva smitizzato l’arte con la A maiuscola fin dal lontano 1965, da quel Like a rolling stone con cui rifiutò la canonizzazione a profeta del rock operata in suo (s)favore da pubblico ed addetti ai lavori. Oltre a stabilire il record di primo brano della storia a non uniformarsi ai canoni discografici, superando con i suoi oltre 6 minuti di durata il massimo consentito di 3 circa a cui le canzoni dovevano all’epoca attenersi.

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Come ci si sente ad essere come una pietra che rotola giù? E’ il brano di oggi. Non è per nulla invecchiato, più di 50 anni dopo.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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