Cultura e Arte Evidenza

L’Inferno secondo Dan Brown

Io sono l’Ombra. Attraverso la città dolente, io fuggo. Attraverso l’eterno dolore, io prendo il volo.

(Dan Brown, Inferno)

TomHanks210417-001

Ormai li conosciamo bene, il professor Robert Langdon e il suo padre letterario Dan Brown. Lo scrittore del New Hampshire è al suo quarto best seller avente per protagonista l’esperto di simbologia religiosa ed esoterica di Harvard, e almeno in termini di vendite ha ripetuto il successo che gli viene ormai tributato a livelli planetari dai tempi del Codice Da Vinci anche con questa sua ultima fatica ispirata all’Inferno di Dante Alighieri ed alla città che gli dette i natali. E nella quale – parliamo di Dante – ancor oggi si possono respirare le sue atmosfere predilette e comprendere la commedia – e la tragedia – sottintese alla sua visione del mondo antico.

La ricetta – parliamo di Dan Brown – è sempre la stessa, alla prima pagina si è già proiettati nel vortice dell’azione, con uno stile narrativo che ricorda più quello di Ian Fleming nei romanzi dedicati a James Bond agente 007 che quello di Umberto Eco nei suoi romanzi di ambientazione storica. Azione in luogo di introspezione, come in ogni grande plot americano che si rispetti, ovunque si svolga la scena. Per quanto Brown, figlio di un professore di matematica della Exeter Academy, New Hampshire, possieda e sfoggi una erudizione notevole, la sceneggiatura con lui non va mai in profondità, non c’è tempo del resto.

Dante210417-001Stavolta tocca a Firenze, dopo Roma, Parigi e Washington, essere la cornice suggestiva di inseguimenti da brivido, sparatorie e risoluzione di enigmi degni di un Bartezzaghi di annata, il tutto condito da un brivido ogni qualvolta il pur consapevole professor Langdon o i suoi biechi inseguitori sono portati dall’impeto dell’azione a sfiorare pericolosamente qualche capolavoro dell’arte mondiale, lasciandoseli dietro quasi sempre illesi per miracolo. Quasi, perché stavolta al termine di una scena anche in questo caso degna del miglior 007 a lasciarci le penne è nientemeno che l’Apoteosi di Cosimo I del Vasari, attraverso cui piomba nel sottostante Salone de’ Cinquecento il sicario mandato dalla misteriosa Spectre di turno a catturare il professore prestato allo spionaggio ed all’avventura. Una delle volte precedenti, nei sotterranei del Vaticano dove gli Angeli erano inseguiti dai Demoni, era andato invece in frantumi un intero scaffale contenente preziosissimi documenti del tempo di Galileo Galilei.

Non si ferma davanti a niente Dan Brown, né con l’iconoclastia sdoganata dal racconto del ritrovamento della discendenza nientemeno che di Gesù Cristo che gli ha dato fama mondiale, né nel proporre sviluppi e soluzioni all’intrigo che non hanno più verosimiglianza del cinema hollywoodiano di cassetta. E neppure al vezzo di concludere la sua fatica come il Sommo Poeta, con la parola stelle. Ma alla fine, malgrado gli ingredienti migliori ci siano tutti, seguendo l’azione via da Firenze fino ad altre località tempio dello spirito e dell’arte umana, si finisce per provare la stessa sensazione che ci da l’assaggio del cibo americano: stesso sapore, stesse sensazioni (o assenza di esse), sia che ci si trovi nel Corridoio Vasariano o a Palazzo Vecchio a Firenze, oppure nella Chiesa di San Marco a Venezia o a Santa Sofia a Istanbul, Costantinopoli.

Dan Brown

Dan Brown

I libri di Dan Brown scontano la maledizione di quelli di molti suoi connazionali, soprattutto autori di genere: letto uno, letti tutti. E poiché in fondo non ci può essere colpo di scena più grande di quello che Langdon scopre una volta decifrato il Codice Da Vinci, alla fine questo sequel – come gli altri – lascia assai delusi. Resta l’azione: per chi ama il genere, Brown non delude e passerà sicuramente sul grande schermo con grande facilità. Ma non cercate Dante nelle sue pagine, non lo troverete, come non vi avete trovato Leonardo, Galileo o George Washington e neppure Benjamin Franklin.

Eppure, una lancia va spezzata anche per questa letteratura americana che per noi è sempre un bicchiere pieno a metà, perché non tutti gli aspetti sono negativi, anzi. Mettetevi davanti alla Porta del Battistero di Ghiberti con Robert Langdon e Dan Brown, e cercate di immedesimarvi non nei vostri sentimenti (di cittadini che sono passati lì davanti una volta al giorno per decenni, magari senza alzare lo sguardo mezza volta) ma in quelli di loro, gli americani.

Certo, a paragone della descrizione della Biblioteca del monastero benedettino da parte di Umberto Eco/Guglielmo da Baskerville le parole di Brown ne escono con le ossa rotte. Però quanto entusiasmo negli occhi di questi visitatori che vengono dall’altro capo del mondo e che ogni volta sono capaci di emozionarsi come fosse la prima. Come forse riusciva anche ai fiorentini quando videro per la prima volta il capolavoro di Lorenzo Ghiberti. Come Dante stesso quando vide per la prima volta, da ragazzino, la rappresentazione di Satana nel Battistero che avrebbe ispirato la sua rappresentazione visionaria dell’Inferno. Come a noi non riesce più da tanto, troppo tempo.

BradPitt210417-001E’ un fenomeno comune alla letteratura ed allo stesso cinema americano quello di essere così distante dai nostri archetipi – e stereotipi – culturali da far pensare che il Mayflower fosse un’astronave interstellare più che un vascello che attraversò l’Atlantico separando europei e americani per sempre. E tuttavia nello stesso tempo di riuscire a trasmettere emozioni (tutto sommato e paradossalmente più fedeli allo spirito originale delle nostre opere) in un modo che alla nostra cultura che pretende di continuare a chiamarsi classica non riesce più. Così, per esempio, il Troy di Wolfgang Petersen e l’Achille di Brad Pitt sono quanto di più distante esista al mondo da quello che abbiamo studiato a scuola, nelle lunghe interminabili ore di Epica. Ma se vogliamo essere sinceri, quando sognavamo gli eroi di Omero essi erano come lui, il marito di Angelina Jolie, e abbiamo dovuto aspettare questo regista formatosi alla scuola di Walt Disney perché i nostri sogni finalmente si materializzassero.

Alla prossima, professor Langdon. Non ascolteremmo una lezione delle sue per tutto l’oro del mondo, ma la seguiremo sempre, dovunque vada e qualunque cosa trovi.

Istanbul, Yerebatan, la grande cisterna. Dove tutto si conclude.

Istanbul, Yerebatan, la grande cisterna. Dove tutto si conclude.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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