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L’Istria ricorda, grazie RAI, grazie Italia

Sorridi Norma, abbiamo vinto, si legge su uno dei manifesti digitali con i quali è stata celebrata la Giornata del Ricordo, che segue questa volta alla serata della proiezione – finalmente – sulle reti RAI del drammaticamente splendido, struggente Red Land – Rosso Istria. Il film che fa della storia di Norma Cossetto e del suo martirio nelle foibe il paradigma di tutta la vicenda della ventunesima regione italiana, lasciata in mani slave alla fine della guerra fascista e abbandonata forzatamente dalle genti italiane che vi abitavano da sempre e che l’avevano resa una parte di mondo prospera, un fiore all’occhiello della Serenissima Repubblica di Venezia prima, dell’Impero Austro-Ungarico poi, infine dell’Italia almeno per i pochi anni intercorsi tra la conclusione della prima guerra mondiale e quella della seconda.
NormaCossetto190211-001Sorride Norma da quel manifesto, che la ritrae in una delle ultime foto scattatele prima che l’esercito del popolo jugoslavo, i cosiddetti titini dal nome del loro dittatore così poco diverso dal nostro, le mettesse le mani addosso nel modo che adesso tutti sappiamo. Sorride lei e sorridiamo tutti, almeno chi ha a cuore la verità storica, per non parlare di chi ha a cuore l’Istria ed i suoi italiani sopravvissuti. Di chi ha a cuore i suoi poveri morti, uccisi due volte: prima dalla bestialità dei loro vicini slavi, poi dalla vigliaccheria e dall’opportunismo dei propri connazionali, comunisti e non.
Abbiamo vinto, Norma. Nessuno potrà più dire: non sapevo. Né a proposito della tua storia né di quella di tutti i tuoi conterranei, finiti come te nelle fenditure di quel terreno carsico su cui avresti dovuto fare la tua tesi di laurea, oppure caricati in fretta e furia sui carretti insieme alle loro masserizie per scampare alla pulizia etnica ed agli espropri proletari di Tito e compagni. Gli slavi sognavano da secoli di mettere le mani sulle loro case, le loro proprietà, la loro civiltà superiore, oltre che – come si è visto – sulle loro donne. Il comunismo e le vicende della guerra in cui l’Italia non avrebbe dovuto entrare (come dice uno dei protagonisti di Red Land, l’insospettabile generale comandante dell’esercito regio in Venezia Giulia ed Istria) dettero loro la madre di tutte le occasioni.

GiornodelRicordo190211-003Ci sono voluti più di settant’anni, ma abbiamo vinto, Norma. Ci sono voluti i treni carichi di quei disperati appena un po’ più fortunati di te, sbeffeggiati in quasi tutte le stazioni della loro patria in cui sostavano durante il calvario dell’esilio, diretti verso città che li avrebbero accolti malamente e mal sopportati per lungo tempo. Ci sono voluti i maestri di scuola che rimbrottavano gli alunni che chiedevano spiegazioni, avendo saputo qualcosa dai racconti dei familiari (dai libri di testo no, nell’Italia in cui già dagli anni cinquanta sbocciava la futura egemonia culturale sinistrorsa che si incontrava alla perfezione con il conformismo e l’opportunismo democristiano, non era permesso scriverne e leggerne).
Ci sono volute istituzioni distanti, ostili, desiderose di tuffarsi nel dopoguerra e nelle sue opportunità di arricchimento personale e collettivo. Desiderose di far dimenticare il ventennio fascista e la guerra finale, anche a costo di violentare per la seconda volta tutte le Norme Cossetto dell’Istria e di altri territori martirizzati, insieme alla Storia. Istituzioni che ossequiavano il boia Tito conferendogli onorificenze, e che firmavano assieme a lui trattati definitivi, come quello di Osimo che fu il chi ha avuto, ha avuto della questione istriana, dalmata, giuliana. Italiana.
Ci sono voluti presidenti della repubblica che, con l’unica eccezione di Carlo Azeglio Ciampi grazie al quale questo Giorno del Ricordo esiste, lo hanno scelto per rimarcare puntualmente la loro inadeguatezza a rappresentare tutti gli italiani, a cominciare da quelli della ventunesima regione, vivi o morti che siano. Fino a questo ultimo, che stamattina trova il tempo per la marchetta elettorale a favore dell’amministrazione comunale uscente di Firenze, e che ieri evidentemente aveva necessità – data l’età avanzata – di dosare le energie. Della sua presenza a Basovizza o dovunque si piangevano i nostri connazionali trucidati dagli slavi, neanche l’ombra. Se l’é cavata con due brevi comunicati, contenenti frasi generiche e tardive concessioni, oltre ad un panegirico, un ringraziamento nei confronti del suo predecessore che chiunque conosca la storia del comunista stalinista Giorgio Napolitano sa essere assolutamente infondato.
foibe190211-001C’é voluto questo film, inizialmente prodotto dalla RAI che poi se ne è vergognata, ne ha avuto paura, non si sa bene. Proiezione privata a Venezia, comparsata per pochi giorni in poche sale della penisola. Poi, con il cambio di vento anche a Viale Mazzini, programmato finalmente su RAI3, non proprio la rete ammiraglia, non proprio nel giorno più adatto (l’8 e non il 10) e per giunta in concomitanza di quel regresso alla nostra infanzia nazional popolare che è il Festival di Sanremo. Meglio che niente, e comunque ha vinto Norma anche contro Mahmood e Baglioni: 900.000 spettatori e 4% di share, per ricevere al posto delle solite canzonette un cazzotto nello stomaco alla vista di quelle mani insanguinate che si sollevano per l’ultima volta verso una superficie ed una vita ormai irraggiungibili. La terra rossa che sta per sparire avvolta nell’oblio più nero. Il respiro di Norma che si fa sempre più flebile.
C’é voluto di dover leggere perfino ieri, perfino a foibe definitivamente aperte, ad archivi storici del dolore e dell’orrore ormai accessibili a tutti, i tentativi degli antifascisti da salotto di riproporre i loro revisionismi ed i loro distinguo. Perfino un giornale una volta autorevole come La Stampa se ne è uscito con un pezzo in cui insinua che il dramma degli istriani sia in qualche modo stato gonfiato per fomentare l’interesse di parte e l’odio tra i popoli (ciò che una volta i neonazisti insinuavano a proposito dell’Olocausto). Come se ridurre il numero degli infoibati e delle foibe spostasse qualcosa dal punto di vista morale. Come se – aggiungiamo – fosse possibile provare sentimenti fraterni per un popolo, quello degli Slavi del Sud nel loro complesso, che ha sempre dimostrato malanimo nei nostri confronti e che ha messo a punto la prima pulizia etnica della sua spesso impresentabile storia proprio nei nostri confronti. Senza mai chiedere scusa, anzi.

Basovizza, la stele che ricorda ciò che è stato rinvenuto ai vari strati di profondità

Basovizza, la stele che ricorda ciò che è stato rinvenuto ai vari strati di profondità

Come se spostasse qualcosa quel «Eh, ma i fascisti avevano fatto questo e quello…. Eh, ma i primi sono stati gli italiani…. Eh, ma la partigiana jugoslava impiccata dai nazisti…..» I crimini del fascismo li conosciamo tutti, e nessuno li mette in discussione. Il fascismo fu un regime che aveva in origine le stesse pulsioni (e illusioni) ideali del comunismo, e come il comunismo dopo un po’ di tempo virò al sopruso sanguinoso, alla carneficina organizzata, al razzismo e allo sfogo delle peggiori inclinazioni dell’animo umano. Il fascismo sappiamo tutti cos’é, e non c’é stato giorno in questo dopoguerra che qualcuno non ce l’abbia ricordato con dovizia di particolari ed enfasi retorica, nelle feste comandate o nei giorni normali della nostra quotidianità. Non c’é stata scolaresca che non abbia fatto la gita alla Risiera di San Sabba, o che in epoca recente non sia montata su un qualche treno della memoria diretto ad Auschwitz Birkenau. Sappiamo tutto, condanniamo tutto, e abbiamo semmai il problema di aggiornare le liste delle vittime, perché negli ultimi decenni di fascismi a quello italiano e tedesco ne sono seguiti diversi.
Qui, almeno per un giorno, si parla invece del comunismo, di cosa ha saputo combinare prima e dopo il fascismo, di un conteggio dei morti che non è neanche possibile tenere aggiornato (scopriremmo magari che le cifre sono più esorbitanti di quelle della controparte?) perché i rossi sono stati più furbi dei neri. Nessuna efficiente contabilità germanica come ad Auschwitz, nei gulag sovietici e nelle foibe jugoslave si spariva senza lasciar traccia, nessuno spuntava liste. Ti rubavano tutto come i nazisti, ma i documenti li buttavano via.
Qui, almeno per un giorno, si parla di italiani massacrati in quanto tali, perché gli slavi – che credevano di nobilitare la loro bestialità chiamandosi comunisti – volevano prendere il loro posto nel mondo. Su quella terra rossa di cui Norma non fece a tempo a parlare nella sua tesi.

Gli esuli di Pola si imbarcano sul "Toscana"

Gli esuli di Pola si imbarcano sul “Toscana”

Si parla di gente innocente, che aveva fatto il proprio dovere – gli uomini – rispondendo alla cartolina precetto inviatagli dalle autorità italiane e presentandosi al fronte. Di altra gente – le donne e i bambini – che li avevano attesi a casa angosciati, senza sapere se li avrebbero rivisti o che li avrebbero rivisti solanto per pochi giorni prima di ritrovarsi tutti sottoterra, o di finire in qualche altro modo atroce dopo violenze sessuali e d’ogni altro tipo. Si parla di nostri connazionali che se erano fascisti lo erano come lo erano tutti negli anni venti, trenta e quaranta: perché senza camicia nera non si poteva lavorare, non si poteva vivere. Senza l’osservanza della legalità del regime – che tra l’altro aveva migliorato fino ad una certa epoca le condizioni di vita di tanta gente meritandosi in parte il consenso popolare – in tempo di guerra si poteva addirittura legittimamente morire. Erano fascisti? E in ogni caso, si meritavano di morire in quel modo? I loro boia risparmiavano sulle pallottole, né spedivano giù in foiba uno morto e uno vivo, legati insieme con il fil di ferro. Qualcuno può giustificarlo in qualche modo? Con la litania degli «Eh, ma….» di circostanza?
Qui, ed è da sperare che stavolta non sarà solo per un giorno, si parla finalmente di tutto questo, e se ne parla apertamente. Questa giornata – il Ricordo, istituito nell’anniversario del trattato di pace che sancì la perdita dell’Istria – non sarà più soltanto la mal sopportata conclusione di una quindicina di giorni di passione e di sciocchezze blaterate da una parte e dall’altra. Da gente che non sa nulla né di fascismo né di antifascismo, ma sa solo che in qualunque discussione politica non vuole che prevalga la verità: vuole che prevalga la propria parte, costi quel che costi.
GiornodelRicordo190211-002Quest’anno qualcosa è cambiato. Né Sanremo né il revisionismo ed il negazionismo storico ce l’hanno fatta. Le foibe sono scoperchiate una volta per tutte. Norma sorride raggiante da quel manifesto. Gli istriani ancora vivi possono mostrarsi finalmente e senza più timore o vergogna ai loro connazionali ed al mondo intero con gli occhi inumiditi a causa del turbine di memorie e sentimenti suscitato da Red Land o dal Magazzino 18 di un Cristicchi che con esso ha vinto ben altro che Sanremo. Ha vinto la gratitudine di quegli italiani che finalmente hanno il coraggio di commuoversi assieme agli istriani, scoprendosi anch’essi gli occhi inumiditi. La stessa rabbia addosso per tutto quello che è successo. La voglia di ricordare e non più dimenticare. L’attesa di scuse che Serbia e Croazia non faranno mai, ma che almeno la finiscano con la storia dell’aggressione fascista. Si vergognino loro semmai degli ultimi settant’anni della loro storia. Soprattutto la Croazia che – all’epoca più ferocemente fascista dell’Italia – adesso si accredita come paradiso vacanziero, bordello d’Europa in riva al mare. Anche per quei pirla italiani che senza dignità continuano ad andare là a farsi spennare e maltrattare.
Quest’anno forse è cambiato tutto. Passato il Giorno del Ricordo non tornerà l’oblio come gli anni scorsi. Sorridi Norma Cossetto, stavolta abbiamo vinto davvero.

Il commovente finale di Red Land: Geraldine Chaplin sta per lanciare la bambolina lasciata in Istria da bambina nella foiba dove ha visto sparire Norma Cossetto

Il commovente finale di Red Land: Geraldine Chaplin sta per lanciare la bambolina lasciata in Istria da bambina nella foiba dove aveva visto sparire Norma Cossetto

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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