Ombre Rosse

Lo spirito di Oriana

«Amo appassionatamente la Toscana. Mi inorgoglisce troppo quello che ha dato al mondo nel campo dell’arte, della scienza, della letteratura, della politica insomma della cultura. E a ogni pretesto parlo e scrivo della Toscana […]. Però si tratta di un amore poco ricambiato. […] La Toscana non è né è mai stata una mamma tenera e affettuosa. Quando ha un figlio o una figlia che la ama e la onora anziché amarlo e onorarlo a sua volta mostrando un po’ di gratitudine lei lo bistratta, lo perseguita, lo respinge. […] Esattamente il contrario che oggi si fa con lo straniero che io chiamo l’invasore, cioè col musulmano».

(Da un discorso all’ambasciata italiana a New York nel febbraio 2006; riportato in Islam, il discorso inedito della Fallaci: “Loro ci ammazzano, noi chiediamo scusa”)

«Caro Totti, capisco le necessità professionali, ma io non avrei chiesto scusa a nessuno. Erano tre ore che quel danese la prendeva a gomitate, pedate, stincate. Pur non essendo una tifosa di calcio, guardavo ed ho visto tutto. Con sdegno. Unico dissenso: io avrei tirato un cazzotto nei denti e una ginocchiata non le dico dove. Stia bene, dunque, non si rimproveri ed abbia le più vive congratulazioni di Oriana Fallaci».

(A proposito del fallo di reazione su Poulsen all’Europeo 2004)

«Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è, (nell’ordine): un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero. E a questo credo io mi piegherò sempre, per questo credo io pagherò sempre: ignorando orgogliosamente chi non capisce o chi per i suoi interessi e le sue ideologie finge di non capire».

(Dalla Lettera agli studenti della scuola Rosselli di Marina di Carrara, 8 maggio 1975)

 

Lei sarebbe diventata una furia, più ancora di sempre, per questa storia del #blacklivesmatter e dell’inchino. Per quanto lontana dalle cose calcistiche quanto più non si può, sarebbe diventata tifosa sfegatata di questa Nazionale azzurra che ha rifiutato di piegare il ginocchio e la testa di fronte alla stupidità politicamente corretta, dimostrando di essere fatta non di 11 ragazzi ma di 11 uomini.

Uomini veri, come quelli che piacevano a lei. Come suo padre, detenuto e torturato a Villa Triste perché comandante partigiano, che non si lasciò sfuggire una sola parola con i suoi aguzzini fascisti. O come Alekos Panagoulis, il suo compagno, che aveva combattuto il fascismo greco così come Edoardo Fallaci aveva combattuto quello italiano. E meno fortunato di lui, ci aveva rimesso la vita, senza anche nel suo caso lasciarsi sfuggire parola.

Dopodiché, non trovandone più di quello stampo, si era rassegnata a vivere gli ultimi anni da sola. Pur rimanendo dentro di sé quella tigre pronta a saltare al viso di chi offendeva la dignità nazionale, prima ancora che la sua personale. Come quell’Enrico Letta che avrebbe lasciato sicuramente segnato in faccia dopo la reprimenda di costui agli azzurri ed il suo ordine di inginocchiarsi, rivolto platealmente come un Farinacci qualsiasi alla platea degli appartenenti al suo partito, folta peraltro come non mai come i seggi delle primarie PD attestano in questi giorni. Roba da pochi intimi.

Ma sempre di cialtrone e di cialtronata si tratta, e queste cose Oriana non le lasciava passare. Uno dei predecessori di Letta, l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici sta ancora dopo vent’anni a cercare di ripettinarsi dopo essere incorso nella rabbia e nell’orgoglio di Oriana Fallaci all’epoca della famigerata tenda etnica in piazza del Duomo a Firenze, con annesso pisciatoio a cielo aperto a ridosso del Battistero. I compagni fiorentini non ci hanno più riprovato.

Oriana avrebbe preso il tricolore in mano in questi giorni, pronta a scendere anche lei in strada per un eventuale carosello della vittoria. Sarà difficile che succeda, perché adesso l’Europa si vendicherà dello schiaffo azzurro mandando ad arbitrare l’Italia dei killer prezzolati. E poi, che vergogna, non abbiamo nemmeno un nero in squadra! Come si può mai vincere un campionato europeo in queste condizioni???

Ma almeno adesso abbiamo una tifosa in più. Siamo più che certi che il suo spirito è ancora con noi, quegli italiani che – come i nostri ragazzi del calcio – hanno ancora voglia di battersi. Quegli italiani che, come chi scrive, sono cresciuti formandosi sui libri di lei, ed hanno mandato a memoria tutti i suoi insegnamenti, i suoi precetti, i suoi appelli. Perché un giorno, non è dato mai sapere quando, potrebbero tornare utili.

Quel momento sta arrivando. Il momento in cui il popolo italiano dovrà meritarsi la sua Nazionale orgogliosamente azzurra e la sua coscienza di nome Oriana. Smettendola per esempio di mettersi in fila – per opportunismo o paura di conseguenze – davanti ai baracchini dove spacciano il lasciapassare endovena per tornare a fare una vita decente e dignitosa. Ricordandoci chi siamo. Chi era lei. Che cosa ci ha insegnato. I nostri ragazzi in maglia azzurra l’hanno imparato al volo.

Nessuno di noi sarà mai come lei. Nessuno di noi deve mai smettere di provarci.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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