La scalinata di Santa Croce dopo una normale giornata di “turismo”
Dopo una complessa esfiltrazione attraverso un centro città che mi viene ad assomigliare sempre più ad un cocktail tra una kasbah, un suk, una Corte dei Miracoli ed una discarica a cielo aperto, passo alla fine sotto la sede del Rettorato dell’Università di Firenze in Piazza San Marco. L’occhio mi cade su un pavese che annunciava per la domenica precedente l’evento Incontri con la città: L’alba dei geni.
Reazioni istintive principalmente due: la prima, beati loro, la domenica hanno chi gli sbriga le faccende in casa; la seconda, vai, ci siamo! finalmente una giornata di studi che affronta seriamente il periodo storico compreso tra Domenici e Nardella!
In realtà si tratta di roba molto più seria, e non me ne vorranno gli organizzatori dell’evento che seriamente e meritoriamente si proponeva di illustrare le recenti teorie circa l’Origine e l’evoluzione della vita sulla Terra. Ci mancherebbe altro, e ce ne fossero.
Il fatto è che quando si parla di geni ormai, nella città che fu di Lorenzo il Magnifico, quei tre nomi saltano in mente come un’insegna luminosa. Gli ultimi tre sindaci di Firenze, intelletti come nemmeno la culla del Rinascimento aveva mai visto, risultati sotto gli occhi di tutti (ma ogni tanto buttateli anche in terra gli occhi, orribili creature sono in agguato delle vostre scarpe).
Oddio, fossi un accademico personalmente estenderei la ricerca indietro fino a Lapira. I primi danni, pardon, le prime aperture al mondo moderno, ecumenico, accogliente e di ritorno ad una filosofia primordiale del compostaggio dei rifiuti le fece sicuramente lui. Ma poi penso, se arrivassimo almeno a metterci d’accordo sull’ultimo, Dario Nardella, sarebbe tanta roba.
Il violinista sul tetto di Firenze non passa giorno che non aggiunga nuovi capitoli alla sua produzione intellettuale culturale e civile, che viaggia sicuramente più spedita dei lavori della Tramvia linee 2 e 3. L’ultima è questa, dopo aver presenziato alla Carmen di Bizet al Maggio Musicale (edizione stravolta dal finale cambiato, Carmen non muore ma finisce a rivoltellate il perfido Don José), l’uomo con la fascia tricolore va controcorrente ai fischi del pubblico e se ne esce con un plauso al regista Leo Muscato. Quale migliore spot, dice il sindaco, contro la violenza sulle donne di una Carmen che si ribella al suo destino e sopraffà il suo aguzzino?
Si divide l’establishment culturale non solo fiorentino, fra quanti sono convinti che storia, letteratura ed arte vadano riscritte in nome del politicamente corretto e della prossima campagna elettorale (il fine giustifica i mezzi, siamo o non siamo nella patria di Machiavelli?), e quanti invece pensano che un’opera d’arte è un opera d’arte e che Nardella (succede, magari sarebbe interessante chiedersi quanto spesso) abbia semplicemente detto una cazzata.
Se posso azzardare, l’esperimento nardelliano tuttavia ha dei risvolti, come dire, a suo modo suggestivi e intriganti. Proviamo a farne un laboratorio culturale (parola grossa, ce ne rendiamo conto), e immaginiamoci per un attimo grandi piéces dal finale mutato per far risaltare maggiormente un messaggio morale e civile importante.
Così, Via col vento abbandona l’angosciante finale tra Rhett e Rossella, non se ne vanno via, non tira un filo di vento, e comunque da quattro anni l’amministratore della tenuta di Tara è un colored (si può dire?….) e si chiama Barack, in ossequio alla lotta contro il razzismo.
La Passione di Cristo, per dar risalto all’integrazione culturale e al dialogo religioso, viene riscritta con un colpo di scena, un finale a sorpresa. Un attimo prima che il centurione affondi la lancia nel costato di Cristo, piomba giù ad affrontarlo e a liberare il Redentore nientemeno che il Mitico Thor, che sconfigge Pilato in una battaglia di supereroi.
I Promessi Sposi, per contrastare le persistenti pulsioni omofobe affioranti nella nostra società, si chiudono con una svolta lesbo di Lucia, che saluta Renzo su quel ramo del lago di Como e se ne va a Milano a convivere con la Monaca di Monza (che nel frattempo si è smonacata, fa molto chic e radical la religiosa che rinuncia ai voti e va incontro ad una sua liberazione sessuale).
Le possibilità di riscrittura sono infinite. Con due eccezioni. Difficile dare un finale a quell’opera che si chiama Lavori di Realizzazione della Tramvia Linee 2 e 3. E’ nella mente di Dio, e solo di Dio.
Ma soprattutto, difficile cambiare il finale delle Quartine di Nostradamus. Se non sbaglio, dissero che Dario Nardella era l’ultimo sindaco di Firenze. O dategli torto.
Ucronìa: presentazione di eventi coerente, ma ipotetica, simulata, sulla base di dati non realistici.
Detta anche storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
Per la sua natura, l’ucronia può essere assimilata al romanzo storico (specie per opere ambientate in un passato molto remoto) o alla fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all’utopia o alla distopia quando va a descrivere società ideali o, al contrario, indesiderabili (cfr. Wikipedia)
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