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L’ultima carica

La carica di Poloj……

Sciabole, cavalli e cavalieri avevano fatto il loro tempo. La guerra che si combatteva in Europa e nel mondo negli anni quaranta vedeva all’opera nuove terribili armi. E di ancor più terribili se ne sarebbero viste nel dopoguerra. Non era più tempo di romanticismo, se mai lo era stato. La Carica dei Seicento a Balaklava apparteneva ormai alla letteratura ed al cinema. La storia militare adesso si scriveva con i carri armati, gli aerei, i sottomarini, ed il valore individuale finiva travolto ed affogato in immensi bagni di sangue.

Toccò al Regio Esercito italiano scrivere le ultime pagine di un’epopea che risaliva indietro fino ad Alessandro Magno, ad Annibale, a Giulio Cesare. Rimasto indietro come dotazioni belliche e come evoluzione tattico – strategica, l’esercito italiano sul valore individuale ci faceva ancora gran conto, per sopperire alle tante lacune dei vertici e della direzione politica, nonché delle forniture in dotazione.

Ad El Alamein i fanti ed i paracadutisti italiani ebbero l’ammirazione espressa in forma ufficiale dagli inglesi che avevano duramente combattuto. Perfino Rommel si espresse in forma entusiasta, per una volta, di quei militi alleati di cui non aveva avuto mai stima, dai tempi di Caporetto in cui li aveva personalmente sbeffeggiati.

La Cavalleria italiana, negli stessi giorni, chiudeva un epoca e, sciabola in resta, salutava l’avvento di un’altra, meritandosi tutte le menzioni d’onore possibili e immaginabili, anche se non la soddisfazione di essere stata determinante per la sorte di quella guerra.

A Isbuscenskij sul Don il reggimento Savoia Cavalleria, rinforzato dai Lancieri di Novara, il 24 agosto 1942 si era fregiato dell’onore di aver condotto – e vinto – l’ultima carica a cavallo della storia condotta da unità del Regio Esercito italiano contro reparti di truppe regolari. Queste truppe costituivano l’812° reggimento di fanteria siberiano dell’Armata Rossa, dotato di mezzi corrazzati e che stavano contrattaccando le forze dell’Asse dopo averne subito l’iniziativa fino all’inverno precedente.

Al grido di Avanti Savoia! i cavalieri italiani ricacciarono indietro i siberiani fermandoli sul Don, ottenendo almeno di rimandare l’inevitabile: la tragedia della ritirata dell’ARMIR. Al comandante, Alessandro Bettoni Cazzago, personaggio singolare che anche nel dopoguerra si sarebbe distinto partecipando come cavallerizzo alle Olimpiadi di Londra del 1948, i colleghi tedeschi espressero la loro ammirazione incondizionata: «Noi queste cose non le sappiamo più fare».

....e quella di Isbuscenskij

….e quella di Isbuscenskij

Poteva essere il record definitivo, invece durò poco. Il 17 ottobre dello stesso anno, sul fronte jugoslavo, a Poloj in Croazia, l’onore dell’ultima carica toccò al 14º Reggimento Cavalleggeri Alessandria, che si aprì la strada verso l’acquartieramento di Perjasica sfondando a cavallo e con sciabola sguainata l’accerchiamento dei partigiani dell’Esercito di Liberazione Jugoslavo, che tecnicamente figuravano come truppe irregolari, non riconosciute.

Fu anche in questo caso una vittoria prestigiosa, quanto inutile. Nello scontro andò perduto lo storico stendardo del reggimento, e la carica di Poloj valse poco a cambiare il destino di un fronte che avrebbe visto alla fine prevalere le armate di Tito e la rotta progressiva dell’Esercito Regio fino alla tragedia dell’occupazione jugoslava dell’Istria e della Venezia Giulia.

Anche in questo caso, tuttavia, i combattenti italiani ebbero la soddisfazione di ricevere elogi a scena aperta, e dalla parte più inaspettata. Jozip Broz Tito non era solito tributare onori agli avversari, soprattutto se si trattava dei disprezzati italiani. Tuttavia in quel caso avrebbe dichiarato: «Abbiamo avuto l’onore di scontrarci con i Cavalleggeri di Alessandria».

Giancarlo Cioffi, Classe 1921, sergente maggiore, ultimo superstite di Isbuscenskij scomparso il 1° maggio 2019

Giancarlo Cioffi, Classe 1921, sergente maggiore, ultimo superstite di Isbuscenskij scomparso il 1° maggio 2019

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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