Si discute il DEF, ed il Presidente della Repubblica richiama il Governo affinché tenga i conti in ordine e rispetti gli impegni con l’Europa. Chissà cosa lo ha discusso a fare il Governo per giorni, verrebbe da dire.
Gli portano alla firma il Decreto Sicurezza e Mattarella richiama il Governo affinché rispetti il diritto d’asilo previsto nella Costituzione. Chissà perché il Governo quel Decreto l’ha chiamato Sicurezza. Per usare il taser sui migranti quando sbarcano?
Francamente, le bacchettate sulle mani che il maestrino Mattarella dispensa agli scolari Conte, Salvini, Di Maio ad ogni pié sospinto hanno stancato. Sono veramente fastidiosi, non soltanto perché creano (o vorrebbero creare, in accordo con i media che gli fanno da grancassa) un’immagine dell’Italia come di un paese governato da degli irresponsabili, gente che non conosce non solo la Costituzione ma nemmeno i regolamenti condominiali. Ma soprattutto perché quelle bacchettate sono (o vorrebbero essere) indirizzate sulle dita di quel 60% di italiani che ormai gratifica del suo consenso l’azione del governo uscito dal voto del 4 marzo.
Come un Moscovici, un Ottinger, uno Juncker qualsiasi, Mattarella sembra voler dire alla nazione che in teoria dovrebbe rappresentare (sempre e comunque, ma soprattutto all’estero) che essa dovrebbe anzitutto imparare a votare, prima di mandare a giro gente come questa che ha bisogno della ramanzina del Colle ogni volta che se ne esce con un provvedimento.
Sergio Mattarella è la vecchia politica sopravvissuta alla Prima Repubblica fino a quella che vorrebbe diventare la Terza, e che deve fare i conti con questo padre guardiano messo lì dov’é dalla Seconda con una funzione ben precisa. Quella che un suo conterraneo, Tomasi di Lampedusa, definì con parole divenute immortali: «perché nulla cambi, tutto deve cambiare».
E’ il primo presidente veramente politico della storia dell’Italia repubblicana. Una connotazione che la Costituzione (che a Mattarella sta così tanto a cuore quando può sbatterla in faccia al Governo del suo paese) esclude categoricamente. Ma lui è un giurista, un costituzionalista. Lui interpreta, modifica, stravolge. Come fanno le magistrature di ogni genere in Italia, quando è lasciato loro libero il campo.
Sergio Mattarella è Cincinnato, l’uomo che la sua parte politica chiama sempre quando ha bisogno, salvo poi rispedirlo in quell’anonimato da cui proviene e a cui per indole sarebbe destinato. E’ l’ultimo dei peones, i politici di secondo piano della vecchia Democrazia Cristiana. Non a caso definita nei suoi anni d’oro la Balena Bianca, una creatura che nelle acque in cui navigava non conosceva opposizione (perché in regime di Guerra Fredda internazionale non poteva esserci, per convenzione) e fagocitava tutto, risputando tutto bene o male digerito.
Sergio Mattarella è l’uomo che la DC chiamava ad addomesticare la volontà popolare. Quella che nel 1993 si espresse per il sistema elettorale maggioritario puro (che magari avrebbe evitato nei vent’anni successivi tante complicazioni e tante buone intenzioni andate a male), e che lui interpretò, modificò, stravolse imperterrito inserendo nel Mattarellum, l’abominio ingestibile che divenne legge prendendo il suo nome, un quarto di proporzionale che puntualmente avrebbe ottenuto l’ingovernabilità per cui era stato studiato.
Sergio Mattarella è l’uomo di cui si ricordò Matteo Renzi vent’anni dopo, allorché si trattò di sostituire il trinariciuto (*) Giorgio Napolitano giunto in scadenza naturale (nel senso che la natura stava facendo vivaddio il suo corso per età). Napolitano ne aveva combinate di cotte e di crude, ma sempre secondo il suo stile appreso nei giorni dei carri armati sovietici a Budapest e mai rinnegato nonostante le retoriche pretese di liberalismo sopravvenuto in vecchiaia. Aveva sospeso la Costituzione della Repubblica Italiana con la connivenza del Partito Democratico e la pusillanimità del Centrodestra. Ma aveva fatto tutto ciò in modo rozzo (absit iniuria verbis), rispondendo semplicemente a telefonate di Merkel, Sarkozi, Draghi.
Per continuare serviva un più fine politico, un sottile giurista, perché nel frattempo italiani e forze politiche loro rappresentative si erano scafati. E Renzi rispolverò l’uomo dei compromessi, ma confezionati bene. Perché nella terra da cui proviene Mattarella, culla di civiltà ma purtroppo di tante altre cose, non sopravvivi, letteralmente, se non sei bravo a tessere compromessi. Né la tua vita politica né la tua vita tout court hanno un lungo corso, laggiù dove tutto cambia perché niente cambi. Dove la DC ha governato per decenni, tenendo corsi di sopravvivenza per uomini politici.
Ecco dunque il maestrino e la bacchetta, come nella vecchia scuola della Riforma Gentile a cui tanti vorrebbero ritornare avendo nel frattempo fallito ogni tipo di riforma successivo. Il PD che non commissiona più sondaggi ai mass media che lo fiancheggiano apertamente (per paura di leggerne i risultati) si è reso conto di poter portare qualcosa a casa, e sopravvivere eventualmente fino ad una Quarta Repubblica, solo buttando le cose in caciara, come si suol dire, e raccattando qualcosa in termini di pura immagine, nel marasma creato ad arte.
Pare che non possa e non debba funzionare. E che al pari dei richiami – quasi mai sobri, come ha detto Salvini – di certe istituzioni comunitarie, quelli sibilati in politichese d’altri tempi e d’altri luoghi di Sergio Mattarella otterranno soltanto di infastidire sempre di più quel popolo che lui non ha mai saputo rappresentare, da che è in politica.
Promemoria per l’agenda di governo dei prossimi anni: oltre all’informazione ed alla magistratura, aggiungeremmo d’urgenza tra le cose da riformare anche la presidenza della repubblica. Se al Quirinale ci deve stare uno che bacchetta, che almeno ce lo mandino direttamente gli italiani. E che agli italiani finalmente risponda.
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