Quando la sua nave era salpata il 23 dicembre 1787 da Spithead, il braccio di mare compreso tra Portsmouth e l’isola di Wight che costituiva la base principale della Royal Navy, lui era registrato a bordo con un nome falso: Alexander Smith. In un’epoca in cui molti si imbarcavano – o venivano imbarcati – per sfuggire a guai con la giustizia terrestre, il cognome Smith era un po’ come l’italiano Rossi. Assicurava l’anonimato.
Non che il suo vero nome evocasse di più, circa la sua vera identità. Si chiamava John Adams, come colui che da poco aveva giurato come secondo presidente della ex colonia britannica che adesso si chiamava Confederazione degli Stati Uniti d’America. Il John Adams sconosciuto marinaio di Sua Maestà tuttavia era destinato paradossalmente a fama imperitura molto più del suo omonimo all’apparenza assai più importante, il successore di George Washington. L’Adams inglese avrebbe vissuto tre anni più di quello americano, e quando alla fine avrebbe chiuso gli occhi per l’ultima volta, a Pitcairn nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico il 5 marzo del 1829, il mondo lo conosceva già per essere l’ultimo sopravvissuto del più celebre ammutinamento della storia.
Per chi ancora non avesse fatto mente locale, basta aggiungere che la nave salpata da Spithead due giorni prima del Natale 1787 si chiamava HMAV Bounty. L’acronimo stava per nave armata di Sua Maestà. Il nome di battesimo della nave in inglese significava abbondanza, ricompensa, dono. E’ diventato, a partire da quel suo ultimo e più famoso e drammatico viaggio, sinonimo di ribellione, ammutinamento.
Il cinema ha raccontato diverse volte una storia che bene o male conoscevano già tutti. Il duro, inflessibile capitano di vascello William Bligh alle prese con un equipaggio che mal sopportava la ferrea disciplina della marina inglese, sentiva già spirare i venti di rivolta che di lì a poco avrebbero soffiato impetuosi dando luogo alla Rivoluzione Francese, e che quel viaggio lungo, pericoloso e tuttavia all’apparenza pieno di promesse aveva reso ingovernabile.
Dall’altra parte il popolare e ultrasensibile secondo in comando Fletcher Christian. Due personaggi dal carattere diametralmente opposto e a loro modo entrambi carismatici, destinati ad incarnare loro malgrado ed al di là delle rispettive intenzioni gli archetipi che riassumevano in sé tutta la vicenda. Bligh il cattivo e Christian il buono furono interpretati rispettivamente una prima volta nel 1935 da Charles Laughton e Clark Gable (La tragedia del Bounty, di Frank Lloyd), poi nel 1962 da Trevor Howard e Marlon Brando (Gli ammutinati del Bounty, di Lewis Milestone), infine nel 1984 da Anthony Hopkins e Mel Gibson (Il Bounty, di Roger Donaldson). Divi che si rubavano la scena sul set cinematografico, così come i veri protagonisti se l’erano rubata, all’epoca del tragico ammutinamento, agli occhi dell’opinone pubblica internazionale.
Il capitano Bligh, abbandonato in pieno oceano a bordo di una lancia con poche provviste, riuscì incredibilmente a tornare in Inghilterra e a diffondere la sua versione dei fatti, raccontando che i suoi uomini erano caduti preda delle tentazioni offerte dal paradiso terrestre rappresentato dalla favolosa Thaiti in Polinesia, dove il Bounty si era diretto a fare commercio di piante tropicali (tra cui il mitico albero del pane) e dove la disponibilità e libertà sessuale delle donne locali aveva finito per compromettere la disciplina a bordo e a terra, rendendo impossibile a Bligh mantenere il comando effettivo al momento di salpare per il viaggio di ritorno in patria.
Fletcher Christian era rimasto al comando del Bounty, per scoprire ben presto che la lealtà dei suoi uomini andava poco oltre il giorno e le circostanze in cui l’avevano investito della leadership della ribellione. Inoltre, gli inglesi rimasti in Polinesia non si integravano con i polinesiani, verso cui avevano un atteggiamento quasi da schiavisti. Il Bounty finì ben presto bruciato perché non fosse avvistato dalle navi di Sua Maestà che davano la caccia agli ammutinati, ma anche perché a nessuno venisse in mente di usarlo per fare rotta verso casa.
La nuova casa dei marinai ribelli fu stabilita a Pitcairn, un’isola scoperta una ventina d’anni prima da un’altra nave inglese, la Swallow del capitano Philip Carteret che le aveva messo il nome del marinaio che per primo l’aveva avvistata, Robert Pitcairn appunto. Carteret aveva commesso tuttavia un errore che si sarebbe rivelato provvidenziale per gli ammutinati, segnando erroneamente la posizione dell’isola sulle carte nautiche con una sfasatura di circa 150 miglia nautiche di longitudine.
Pitcairn divenne dunque l’isola che non c’é. Gli uomini del Bounty poterono trovarvi rifugio sicuro, ed ammazzarsi tra sé e con gli indigeni che si erano portati dietro da Thaiti. Pare che all’incirca nel 1793 Fletcher Christian cadesse vittima di una di queste violente scaramucce. Mentre in patria si celebrava il processo che riabilitava Bligh e screditava l’ammutinamento, a Pitcairn John Adams finì ben presto per rimanere l’unico maschio superstite a capo di una comunità di donne polinesiane e destinato a mettere al mondo una quantità di figli che dettero il via alla popolazione che ancor oggi abita l’isola: i figli del Bounty.
Nel 1808 una nave americana, la Topaz del capitano Mayhew Folger, scoprì di nuovo l’isola e la rivendicò, tra l’altro, al governo statunitense. A quel punto, la sorte del Bounty e del suo equipaggio divenne nota al mondo intero. Ma paradossalmente, John Adams cessò di essere un ricercato per le autorità britanniche e divenne un loro benemerito. Anzitutto, la sua presenza sull’isola da prima dello sbarco degli americani consentì agli inglesi di rivendicare la precedenza della loro scoperta. Inoltre, la solidità e la civiltà della comunità messa in piedi da Adams, che aveva provveduto all’istruzione ed alla formazione religiosa delle sue mogli e dei suoi figli usando la biblioteca del Bounty, rappresentavano un esempio da proporre a tutte le comunità che si venivano in quegli anni formando nelle colonie dell’Impero britannico disseminate per il mondo.
Fu così che John Adams, l’ultimo uomo del Bounty, poté morire nel suo letto ad Adamstown, la capitale della sua ormai prospera comunità, pochi anni dopo il suo omonimo presidente americano e pochi anni prima che la corona britannica rivendicasse l’isola di Pitcairn e tutto l’arcipelago di cui faceva parte come territorio dell’impero e base navale.
L’ultimo dei protagonisti del più famoso ammutinamento nella storia della marina più famosa del mondo aveva finito per aggiungere alla corona di Sua Maestà una delle sue pietre più preziose.
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